Festival di Venezia (27 agosto – 6 settembre 2025): L’étranger di François Ozon (Concorso) – Premio Bookciak

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Lo straniero di Albert Camus venne pubblicato nel 1942 da Gallimard e portò l’autore al successo. È un romanzo che ha lasciato un segno nella letteratura mondiale del Novecento. Nel 1967 Luchino Visconti ne ha tratto una trasposizione cinematografica con Marcello Mastroianni a interpretare Mersault, il protagonista, un modesto impiegato che vive ad Algeri in uno stato di indifferenza, di estraneità a se stesso e al mondo. Alla Mostra del cinema di Venezia 2025, François Ozon porta una sua versione filmica in bianco e nero che non lascia indifferenti.

Algeri nel 1938, colonia francese a tutti gli effetti. Nelle prime scene vediamo Mersault (Benjamin Voisin), un giovane uomo portato in una prigione mediorientale. Si avvicina un detenuto e gli chiede che ha fatto per trovarsi lì. Senza esitare il protagonista risponde: Ho ucciso un arabo. Torniamo indietro, la narrazione riprende da un passato recente, quando Meursault sta lavorando in ufficio e riceve un telegramma: Deceduta mamma. Domani funerali. Sentite condoglianze. Va dal capo a chiedere un permesso di due giorni per lutto e si giustifica con un Non è colpa mia, che racconta bene il modo di porsi del personaggio. Lo seguiamo andare con un autobus alla casa di riposo dove la madre è morta, sbrigare le formalità necessarie, vegliare la bara assieme a un inserviente che gli offre un caffè e con cui fuma una sigaretta, alla sepoltura vedere un uomo anziano disperarsi e scoprire che è stato il fidanzato della madre. Al mare, il giorno dopo il suo ritorno, incontra Marie, una collega di ufficio con la quale inizia una relazione amorosa di grande affinità fisica che ha principio su una boa in mezzo al mare, prende forma nella sala cinematografica davanti a Le Schpountz,  un film di Marcel Pagnol con Fernandel, si realizza nella camera da scapolo nella vecchia casa di famiglia. Mersault è impenetrabile, sorride poco, si esprime poco, non dice mai di no. Nel palazzo scambia quattro chiacchiere con Salamamo, l’anziano che picchia sempre il cane per le scale (e che poi, quando l’animale è scappato, si dispera rimpiangendolo), va a cena dal losco vicino di casa Raymond Sintès, che gli dice che tra uomini ci si capisce. Senza opporre resistenza alle cose che gli capitano Mersault si lascia coinvolgere da Raymond a scrivere di suo pugno una lettera in cui lascia Djamila, la donna che frequenta e maltratta, che si dice lavori per lui come prostituta e il cui fratello lo intimidisce sotto casa.

Nel dialogo in cui Marie chiede a Mersault di sposarla si esplica in toto la natura del personaggio, le risponde: Sì, se vuoi. La donna insiste: Ma mi ami? Lui: Te lho già detto, se lo desideri ci sposiamo. Marie: Il matrimonio è una cosa seria. L’uomo: Non credo. Lei caparbia: Avresti detto di sì a unaltra donna se fossi legato a lei? Mersault, sereno: Certo. Marie insiste: Sei strano, non sei come gli altri, dici tutto quello che pensi, a volte può fare male. Però è per questo che mi piaci. Forse un giorno mi disgusterai per le stesse ragioni. È per questo che voglio sposarmi con te. Mersault, una volta ancora passivo: Daccordo. E poi la bacia, questione risolta.

Benjamin Voisin

I due vanno in gita al mare con Raymond. Il fratello di Djamila li ha seguiti fino al mare e li minaccia sulla battigia una prima volta. La seconda volta  Raymond ha preso la pistola ma l’ha data a Mersault dicendogli di tirarla fuori quando l’altro avrà mostrato il coltello, per fargli vedere chi è il più forte. Il sole è forte, senza quasi accorgersene Mersault uccide l’arabo. E così, quasi per caso, inizia la progressione verso il baratro, verso il processo, verso la pena di morte.

L’indifferenza quasi nichilista di Mersault cozza con il ben pensare, con la morale comune, con il comportamento adeguato a chi vive in una società civile, in comunità: non si riesce a stare dalla sua parte ma nemmeno a odiarlo, come si può condannare qualcuno solo perché non ha pianto al funerale di sua madre? Prima del processo l’avvocato gli dice, per rassicurarlo: Non sarà né il primo né lultimo a uccidere un arabo.

Nonostante un’estetica patinata che riporta alla mente le pubblicità di Dolce e Gabbana o, più recentemente, la serie televisiva Ripley (anch’essa trasposizione dal romanzo Il talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith) girata in bianco e nero in Italia, il film di Ozon tratta la materia letteraria da cui proviene con una fedeltà ammirabile: la voce fuori campo scandisce la diversità vissuta come ovvia dal protagonista, i dialoghi sono scarni e pregnanti, punteggiatura cruciale nel senso del racconto, la recitazione sostiene la storia con verosimiglianza. Il regista ha tale libertà autoriale nei confronti di un caposaldo della letteratura (che dichiara suo libro importante della vita) da mettere in scena un oggetto filmico ben fatto, di un certo rigore, asciutto e scarno quanto la apparente aridità del suo protagonista: Mersault è annoiato, indifferente, mai pentito, tanto da arrivare a dire al cappellano presentatosi da lui in prigione senza essere richiesto, in attesa dell’esecuzione: Tutta la vita è una assurdità, siamo tutti colpevoli, siamo tutti condannati. Come dargli torto.

Sui titoli di coda scorre la canzone Killing an arab dei Cure, ispirata dal romanzo di Camus.


L’étranger;Regia:e sceneggiatura: François Ozon; fotografia: Manu Dacosse; montaggio: Clément Selitzki; musica: Fatima Al Qadir; interpreti: Benjamin Voisin, Rebecca Marder, Pierre Lottin, Denis Lavant, Swann Arlaud; produzione: FOZ, Gaumont, France 2 Cinéma, Macassar Productions, Scope Pictures;; origine: Francia, 2025;  durata: 120’; distribuzione: Bim.

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