Festival di Venezia (28 agosto – 7 settembre 2024): Kjærlighet (Love) di Dag Haugerud (Concorso)

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Love (titolo internazionale del norvegese Kjærlighet) è il secondo capitolo di una trilogia di Dag Haugerud (dopo Sex, 2024, passato al Festival di Berlino, cui poi seguirà Dreams) e tratta questioni esistenziali attraverso la lente delle relazioni umane e delle aspettative sociali, riflettendo sul ruolo dell’uomo e della donna nella società contemporanea. Si tratta dell’ultimo film in Concorso alla Mostra di Venezia di questo anno e lo chiude in bellezza con un’opera sobria, meravigliosamente scritta, che ci parla di amore in maniera fresca ed onesta.

Dag Johan Haugerud, nato nel 1964 in Norvegia, è un regista, sceneggiatore ed affermato romanziere. Ha iniziato la sua carriera come bibliotecario, ma ha presto deciso di dedicarsi al cinema, dopo aver studiato film e teatro in Norvegia e a Stoccolma.

Ha debuttato con il suo primo lungometraggio I Belong (2012), tre storie tragicomiche di donne in cerca di una chiave comunicativa per dialogare che finiscono per ferirsi senza volerlo. Al quale fa seguito in Concorso a Venezia Beware of Children (2019), un film sulla complessità delle dinamiche scolastiche . Sono entrambi dei piccoli gioielli, che fanno, inutile dirlo, della scrittura e del dialogo i punti di forza, con i quali si esplorano le tensioni tra i personaggi e la risposta emotiva individuale attraverso riflessioni sulle pressioni sociali e morali collettive.

Love racconta la storia di Marianne e Tor (Andrea Bræin Hovig, e Tayo Cittadella Jacobsen, vecchie conoscenze della filmografia di  Haugerud, che ritroviamo con grande piacere), rispettivamente una dottoressa ed un infermiere, entrambi refrattari alle relazioni convenzionali. Una sera, dopo un appuntamento al buio, Marianne incontra Tor su un traghetto. L’infermiere trascorre spesso le notti lì, alla ricerca di incontri casuali con uomini e condividendo esperienze di intimità spontanea e conversazioni significative. Forse un poco affascinata dalla filosofia dell’uomo, Marianne inizia a mettere in discussione le norme sociali sulle relazioni e si interroga se una simile intimità occasionale possa funzionare anche per lei.

Poco dopo Tor incontra sul traghetto un uomo molto riservato, ma nel quale riesce ad intravedere una solitudine tenue e cauta, riesce a superare lo scudo di diffidenza nel quale l’altro si era rifugiato. E da un incontro nato su premesse puramente utilitaristiche e sessuali, tra i due cresce lentamente una bellissima relazione, d’amore se vogliamo, ma soprattutto di comunione umana, fatta di piccole gentilezze e di profonda comprensione. Di salvezza e ritorno alla vita.

Il caso di Marianne è differente, lei non trabocca, al contrario di Tor, di amore da donare al prossimo, ma vorrebbe riceverne, lo cerca in un incontro fugace di una notte, dove trova delle connessioni emotive intense ma anche evanescenti, ed in una relazione con un geologo divorziato, padre di due figlie. Marianne è indipendente ed è disposta a rinunciare alla sua indipendenza solamente se l’altro la preferisce a tutti gli altri affetti della sua vita, lentamente questa difesa emotiva comincerà a dissolversi e permetterà a Marianne di capire meglio la complessità dei suoi bisogni e delle sue aspettative.

Lo stile con cui è girato il film non si discosta dai lavori precedenti del regista, minimale e funzionale alla sceneggiatura, con delicati riverberi musicali accompagnati da scorci della città in momenti intimi dell’alba o del tramonto, mentre il traghetto che funge da fulcro del film avanza lentamente nel fiordo. Love è stata una conferma ed una sorpresa allo stesso tempo, le capacità e la profondità del dialogo erano già presenti nei lavori precedenti in, ma qui c’è un elemento di sincerità e di compassione che rendono il film uno dei più importanti e necessari lavori presentati quest’anno, per l’estrema consapevolezza e lo sguardo con cui si interroga su cosa sia, che cerchiamo veramente.


Love (Kjærlighet) –  Regia: Dag Johan Haugerud; sceneggiatura: Dag Johan Haugerud; fotografia: Cecilie Semec; montaggio: Jens Christian Fodstad; scenografia: Tuva Hølmebakk; musiche: Peder Kjellsby; suono: Yvonne Stenberg, Gisle Tveito; interpreti: Andrea Bræin Hovig, Tayo Cittadella Jacobsen, Marte Engebrigtsen, Lars Jacob Holm, Thomas Gullestad, Marian Saastad Ottesen, Morten Svartveit; produzione: Motlys (Yngve Sæther, Hege Hauff Hvattum); origine: Norvegia, 2024; durata: 119 minuti.

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