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Voto
È questa la cifra essenziale – e a nostro parere la più rilevante – anche di M. Il figlio del secolo, che carica il film sulle spalle di Luca Marinelli chiedendogli di adoperare un approccio straniante (nel senso di Brecht), affinché quella pagina di Storia vecchia di 100 anni sia chiara a tutti. Mussolini/Marinelli si rivolge direttamente a noi, in quelli che a teatro sono chiamati gli “a parte” (in cui si immagina che il personaggio interpelli lo spettatore, ignorando la scena che si sta contemporaneamente svolgendo accanto a lui), commentando i passaggi più drammatici, contraddicendoli con una smorfia di sarcasmo, sottolineandone talvolta l’assurdità: “Silenzio” dirà a noi, pubblico della sala Darsena del Lido di Venezia, all’indomani della sua pubblica autodenuncia parlamentare del delitto Matteotti nel 1925, quando tutto poteva ancora essere fermato e non lo fu, per l’ignavia dei suoi oppositori (non tutti ovviamente, con l’eccezione di alcuni socialisti e dei comunisti che pagarono poi con il confino o la fuga all’estero).
È dunque innanzitutto questo, M. Il figlio del secolo: una impietosa lezione di Storia che non fa sconti a nessuno, e che si vuole proporre anche come strumento didattico a beneficio delle nuove generazioni, con alcune derive pure didascaliche: le solite frecciatine rivolte agli autocrati dei nostri giorni (c’è un “make Italia Great Again” in cui si sbertuccia Donald Trump; e delle anacronistiche “operazioni speciali”, che rimandano alla invasione putiniana del Donbass), quasi a sottolineare che ciò che accadde allora potrebbe ricapitate sotto altre spoglie adesso. Sin qui Wright, che non si limita a svolgere il suo mestiere di regista in questa scoperta chiave pedagogica; egli scoperchia inoltre la sua ben nota cassetta degli attrezzi scenici (non si sfugge al ricorso a questi parallelismi teatrali, tanto è preponderante il retaggio di questo medium gemello), fatta di citazioni cinefile, riprese vorticose, montaggi ipercinetici, retorica tonitruante; zeppa insomma di risorse che stordiscono e divertono, come il giro di giostra su un otto volante.
E poi c’è Luca, nel senso di Marinelli. E qui non ci sono mezze misure: se siete alla ricerca di un adesione mimetica al capoccione del Duce (che è però, a ben vedere, piuttosto improbabile sul grande schermo; ci si sono provati invano Rod Steiger, Mussolini ultimo atto; Bob Hoskins, Io e il Duce; Mario Adorf, Il delitto Matteotti) lasciate perdere. Il Mussolini di Marinelli – e non sarebbe potuto essere diversamente – non ha nulla di verosimile. Si l’attore romano ci prova ad addolcire la zeta, come usa a Predappio e dintorni, indossa docilmente una calotta per simulare una calvizie ducesca, tenta di apparire tozzo e possente invece che longilineo e segaligno; ma più si camuffa e più quel trucco appare per quello che è, un trucco per l’appunto, assai poco credibile. Perché non è la verosimiglianza la strada che lui e Wright hanno esperito per giungere al cuore di tenebra (a proposito, ecco uno che ci è andato vicino, forse: il Marlon Brando di Apocalypse Now) di quella persona bigger than life. No. La calotta improbabile, il dialetto impossibile, la postura incredibile sono tutti indizi disseminati sul palcoscenico (ancora il teatro ci ritorna in mente…) per denunciare vieppiù la messinscena cinematografica (F for Fake potremmo dire, scomodando il sommo Orson Welles), e il nessun interesse di regista e attore a rappresentare un carosello di sosia e di controfigure. Ce lo dicono questi indizi, ma soprattutto la recitazione di Marinelli che è perennemente sopra le righe, sempre a un passo dal farsesco (indiscutibile il tratto comico nei suoi duetti con il personaggio mefistofelico dell’antesignano “spin-doctor” Cesare Rossi, interpretato da Francesco Russo), tutto dentro una trasfigurazione clownesca del più grande tiranno della nostra Storia contemporanea, il quale fu però anche – questo ci dice la serie Sky, forte e chiaro – un pagliaccio tragico, non troppo diverso dall’altra icona di questa 81° Mostra del cinema, il Joker di Todd Phillips/Joaquin Phoenix. Un clown che ha fatto ridere poco e che i suoi contemporanei avrebbero potuto, forse, fermare se non gli avessero opposto un assordante “silenzio!”. Ma di questa importante serie di sicuro torneremo a parlarne qui sulla nostra rivista.
In onda su Sky nel 2025.
M. Il figlio del secolo – Regia: Joe Wright; sceneggiatura: Stefano Bises, Davide Serino con la collaborazione di Antonio Scurati ; fotografia: Seamus McGarvey; montaggio: Valerio Bonelli; musica: Tom Rowlands; scenografia: Tom Rowlands; costumi: Massimo Cantini Parrini; effetti speciali: Stefano Leoni; interpreti: Francesco Russo (Rossi), Barbara Chichiarelli (Sarfatti), Federico Majorana (Dumini), Maurizio Lombardi (De Bono), Gaetano Bruno ed Elena Lietti (Matteotti e moglie), Benedetta Cimatti (Rachele), Paolo Pierobon (D’Annunzio), Vincenzo Nemolato (il re detto “Sciaboletta”); produzione: Sky Studios Italia, The Apartment. Pathé, Small Forward Productions; origine: Italia, 2024; durata: 212 minuti (ep. 1-4), 200 minuti (ep. 5-8); distribuzione: Sky Italia.
