Maria di Pablo Larraín rappresenta la conclusione della trilogia di quelle donne della storia che la hanno segnata e in qualche modo cambiata, attraverso le loro drammatiche vite, a parere del regista cileno. Dopo Jackie (2017) e Spencer (2021), il film sull’ultima tragica parte dell’esistenza della divina Callas ci sembra comunque il più convincente.
A sostenerlo una perfetta ricostruzione delle scene e del lussuoso appartamento parigino situato al 36 di Avenue George Mandel, in cui Maria Callas (Angelina Jolie) trascorreva una vita solitaria ma assistita dai suoi fedeli Ferruccio e Bruna (Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher).
Larraín scandisce i momenti della fine di questa grande diva come in un dramma antico, in cui la catarsi viene preannunciata e presagita dalle parole, e quindi da una scrittura tragica, che a tratti non viene però accompagnata da un’altrettanta tensione scenica.
Il motivo principale si potrebbe collegare a una regia estetizzante che a tratti non riesce attraverso la protagonista, una Angelina Jolie, colta comunque in un’ottima performance, (la migliore da Changeling, 2008, diretto da Clint Eastwood) a trasmettere la passione e le tormentate espressioni della natura greca della diva dell’opera di tutti i tempi.
Probabilmente l’origine di un personaggio così complesso e spontaneo nelle proprie espressioni, non può essere racchiuso in una rappresentazione iconica come quella della Jolie, in cui spicca la sua ieraticità ma non la parte più profonda di un’eroina greca, emersa dalle pagine di un dramma antico.
Larraín è molto attento nel creare una dimensione mitologica con l’intenzione di consegnare anche con questo film una donna alla storia, infatti emerge il suo amore per il tormento e il dolore di una persona che molto probabilmente, come nel film, viveva nei propri fantasmi, immaginando personaggi e scene della propria esistenza .
Non è un caso che il personaggio meglio riuscito e definito sia proprio Mandrax (dal noto psicofarmaco usato dalla cantante), ovvero la materializzazione dell’onirismo della Callas, una sorta di Caronte, interpretato da un grande talentuoso giovane attore, Kody Smith McPhee, alla mostra del Cinema di Venezia anche nella valida serie Disclaimer firmata dal premio Oscar Alfonso Cuaron.
Il fantasma accompagna le ultime gesta della diva greca, distrutta dall’idea di poter perdere la sua voce per sempre, disperata nel tentativo imbarazzante di poterla recuperare, nonostante i medici la sconsigliassero dato che avrebbe danneggiato la sua già debolissima salute.
Una caduta preannunciata, una splendida fine, in un altrettanto perfetto appartamento, in cui tutto sembra inalterato, anche il pianoforte che nel film sembra essere l’unico vero tormento costante dei personaggi interpretati da Favino e Rohrwacher.
Angelina Jolie è comunque emersa nella sua umanità, nel suo lavoro attoriale di grande spessore, purtroppo la visione estetizzante del regista cileno non ha aiutato la rievocazione di un personaggio di estrema complessità artistica e psicologica.
Il film appare come un’opera monumentale in cui la Callas sparisce, si smaterializza lentamente per dare spazio alla regia di Larrain, impeccabile nelle inquadrature e nella fotografia… ma lontana da quella grecità citata nel momento toccante in cui Maria si riunisce al suo grande amore greco Onassis (Haluk Bilginer).
È come se il regista avesse visto il senso della tragedia senza poterla veramente rappresentare. La perfezione non è un elemento che si concilia facilmente con l’imperfezione delle passioni e delle personalità incontenibili di un’eroina greca.
Maria – Regia: Pablo Larrain; sceneggiatura: Stephen Knight, Fotografia: Edward Lachman; montaggio: Sofía Subercaseaux; scenografia: Guy Hendrix Dyas; interpreti: Angelina Jolie, Valeria Golino, Kodi Smit-McPhee, Alba Rohrwacher. Pierfrancesco Favino, Haluk Bilginer, Jeremy Wheeler, Rebecka Johnston, Toma Hrisztov, Stephen Ashfield, Alessandro Bressanello, Philipp Droste, Marcell Lengyel, Kay Madsen; produzione: Fabula, The Apartment, Komplizen Film ; Origine: USA; durara:124 minuti, 2024; distribuzione: 01 Distribution.