Se si volesse, in un non timido attimo fuggente interiore, cercare in sintesi di esprimere ciò di cui è composto questo film si potrebbe scomodare la felice seguente formula tedesca, coniata durante il romanticismo storico (ma che porta con sé tutte le sue declinazioni nel corso del tempo fino ai nostri giorni): Weltschmerz (sentimento del dolore cosmico). Non si sbaglierebbe, secondo chi scrive. Infatti ciò di cui sono fatti gli avvenimenti narrati, che vedono protagonisti Paulette e Paul (già interessante il gioco di parole dei nomi su cui il padre di lei, Gilles, trova subito motivo di fare ironia), ci pone di fronte a modi aggiornati di quella sensazione di rifiuto e di tristezza nei confronti del realtà e dei suoi modi d’essere, divisa tra forme di asocialità umana e, a volte, anche di malessere diffuso (su cui i primi romantici crearono i loro capolavori). Sospetta sfiducia, quasi assoluta, anche riguardo i propri simili, a cui si tenta però di dare ogni tanto qualche goccia d’ottimismo, meglio di slancio vitale, su cui costruire almeno qualcosa, una relazione o semmai un frequentarsi di tanto in tanto.
Loro, Paulette (Marie Benati) e Paul (Jérémie Galiana) s’incontrano per caso a Parigi, lei cresciuta in Francia lui invece negli States, e immediatamente (soprattutto da parte di lui, in verità) s’accorgono che “eppure, c’è qualcosa”. Questo qualcosa è proprio tale dolore mondano che li attanaglia, che li tormenta. E così si danno vari appuntamenti per la città alla volta di visitare luoghi dove la Storia è passata, lasciando segni indelebili di eccidi, di esecuzioni capitali (al tempo della ghigliottina), di scontri terminati con lo scorrere del sangue. Si recano davanti a muri dove restano i fori di proiettili, s’incontrano in piazzali e in strade per rendere omaggio quasi affettivo verso chi ha perso la vita per degli ideali in cui fortemente credeva o per aver subito ingiustizie che nessun buon senso è riuscito a fermare. Capitano loro anche d’immedesimarsi in qualche personaggio storico, come anche in qualche figura della musica, in particolare, pop, simbolo non a caso di non pochi conflitti interiori. Più si frequentano e girano insieme per la città e più inevitabilmente dall’universale volgono verso il particolare, così che dall’ermeneutica intorno ai massimi sistemi si dirigono di quella rivolta ai loro vissuti, ai loro fallimenti, ai loro falsi movimenti. Lei, Paulette, educazione cattolica e dunque una prima maturità alla ricerca di “bad things” come di “bad romance”; lui, Paul, poco si sa del suo passato ma certo esprime un carattere più da vinto che da vincitore.
Questo reciproco riuscire, lentamente, a scavare dentro i rispettivi momenti adolescenziali porterà i due a vivere insieme un’esperienza profonda, quasi fondamentale, dalla quale risalire su farà male a entrambi, ma poi li condurrà verso maggiori consapevolezze intorno a chi sono e a cosa desiderano. C’è poi un aspetto del film che ci pare molto interessante, forse un po’ sotto mentite spoglie presentato, che s’aggira però con profitto, a nostro modo di vedere. In forma latente, come nel miglior cinema francese che il secondo novecento ci ha mostrato, in fondo Paul & Paulette Take a Bath è un film che ancora una volta, avendo come protagonisti però due ragazzi di questa generazione a noi contemporanea, indaga la femminilità e la mascolinità dell’essere umano. Insomma la differenza ontologica dei due generi (Masculin féminin). E anche se alla fine l’opera sembra propendere per una “indifferenza alla differenza”, ci sono più luoghi del film dove la “différence” è più che marcata. E la ritroviamo nella dicotomia “sentire”-“toccare” la vita. Paulette intende sentire infatti, mentre Paul vuole toccare: qui i due, probabilmente, non s’incontreranno mai (ma poi davvero? chissà). Qui si gioca la partita tra i due, anzi, a ben vedere, si torna dal particolare all’universale. Ma questa difformità non è insuperabile in realtà, basta accettarla e condividerla. Infatti, solo scendendo nei loro rispettivi inferi, insieme, i due potranno trovare la quadratura del cerchio dei loro sentimenti. E sintonizzare in modo, dopo tutto, più che naturale i loro cuori, l’una di fronte all’altro. Chi è sul piedistallo è però Paulette, anche se poi è tutto un gioco serio, assai serio.
Da segnalare inoltre una bellissima colonna sonora che bene risalta le ambientazioni come i passaggi cruciali della narrazione, e una regia che fonde squisitamente una certa prospettiva filmica contemporanea declinata “all’anglosassone” (tipiche qui le inquadrature di Paul in solitudine tra le grandi architetture avanguardistiche parigine) con quella declinata “alla francese” (caratteristiche di ciò le scene dei due insieme mentre passeggiano, a modo loro stravaganti, per le storiche vie della città).
Paul & Paulette Take a Bath – Regia: Jethro Massey; sceneggiatura: Jethro Massey; fotografia: Ísarr Eiríksson, Marius Dahl; montaggio: Julien Chardon; musica: Julien Decoret (con canzoni di Marc Tassell); interpreti: Marie Benati (Paulette), Jérémie Galiana (Paul), Fanny Cottençon (Charlotte), Gilles Graveleau (Gilles), Laurence Vaissiere (Valérie), Margot Joseph (Margerita), James Gerard (George); produzione: Film Fabric Ltd.; origine: Gran Bretagna, 2024; durata: 108 minuti.