Fuga in Normandia di Oliver Parker

  • Voto
3

Se si potesse raccontare un film solo attraverso una sequenza, basterebbe veramente poco per riassumere il senso di Fuga in Normandia: il campo/controcampo tra i volti scavati e vissuti di Michael Caine (91 anni) e Glenda Jackson (scomparsa nel 2023 a 86 anni) dove tra l’altro si incontrano e sfumano con soavità le caratteristiche convenzionali del femminile  e del maschile   (lui dai tratti di fanciullo toccato dal tempo ma con un sorriso aperto e delicato, lei capace di essere tenera e materna, pur nei tratti arcigni e ruvidi del volto rugoso); un uomo e una donna, un attore e un’ attrice,  da sempre estranei ai cliché e alla retorica del genere e dell’età che, con la loro presenza, riscattano un storia di vecchiaia e memoria abbastanza scontata.

Bernie, un reduce dello sbarco in Normandia, vorrebbe partecipare al settantesimo anniversario di quell’evento cosi determinate tanto per la Storia che per la sua storia, causa non solo di glorificazioni e medaglie, ma anche di tanti traumi che ne hanno turbato le notti di un’esistenza intera; parallelamente la sua vita è proseguita con l’amore incontrato proprio in quei giorni di battaglia e di incertezza per il futuro, l’indipendente e determinata Rene, costretta dal suo stato di salute a soggiornare in una casa di riposo dove lo stesso Bernie, sebbene ancora attivo e autonomo, ha scelto di seguirla finché morte non li separi. Ma Caine e Jackson sfuggono subito all’enfatica caricatura romantica della senilità e interpretano in sottrazione e in schiettezza la loro coppia, restituendo il senso di una quotidianità lunga e condivisa, di un’ ordinarietà che incontra a un certo punto, la straordinarietà di un gesto. Bernie decide infatti di partire comunque per i festeggiamenti per la Normandia, fuori dalla confort zone di un viaggio organizzato assieme ad altri veterani, con il beneplacito di Rene, in un duplice senso di rimorso e di liberazione: lui potrà fare i conti con i propri incubi incrociati e confusi in mezzo ai ricordi (dove finisce la proiezione/tormento per il senso di colpa di essere sopravvissuti al posto di qualcun altro e la verità della testimonianza?); lei lo lascerà libero di esplorare quella zona oscura e mai attraversata, entrambi provati da una distanza che si potrebbe rivelare definitiva e fatale, soprattutto per la già precaria condizione di Rene.

Non prevale però lo spettro della morte, se non come possibilità imminente ma solo da un punto di vista drammaturgico (ce la farà Rene a sopravvivere fino al ritorno di Bernie?); il mood è quello di una malinconia dolce, suggellato dalla forse eccessive panoramiche sulle coste inglesi come su quelle francesi, con l’insistenza sul tramonto come paesaggio di promessa in giovinezza e di stabilità in vecchiaia per Bernie e Rene, ma dove c’è una contemplazione ancora vitale, la vicinanza fisica e sensoriale che annulla lo sprofondamento nell’oblio e nella dimenticanza.

La scelta di Bernie di partire per la Normandia, al di fuori dello standardizzato format collettivo della gita di gruppo,  in questo senso ha un valore particolarmente etico non tanto per la sua partecipazione alla celebrazione del D-DAY (visto anzi in un’ambivalente ottica di tragedia con il prezzo più alto pagato dai soldati decorati), ma per il mettere in atto un processo di elaborazione. Un’estrarre questa età della vita dal lento consumarsi dei corpi e delle menti e riportarla a un dinamismo non meccanico o fine a se stesso, non la ripetizione o la reiterazione, ma uno spostamento e una riconfigurazione di immagini, fatti, riflessioni. La regia di Parker non riesce a tematizzare fino in fondo queste intuizioni e ispirazioni contenute nel tracciamento del percorso geografico e mentale di Bernie,  il quale alla fine ne esce come l’eroe di tutti i giorni celebrato da televisioni e giornali, la storia giusta e buona per rafforzare il senso di patriottismo e di appartenenza di un popolo che rimuove, dimentica, emargina. Certo, la casa di riposo dove vivono i due orgogliosi coniugi sembra un resort di lusso, con infermieri tutti comprensivi, sensibili e simpaticamente complici….sicuramente lo sceneggiatore non ha voluto tirare dentro anche una riflessione classista, sacrificando il piano realistico e sociale in forza di quello psicologico e sentimentale.

Ma è Glenda/Rene (a proposito, un nome che può essere maschile e femminile… ) a sfatare il rischio di questo orizzonte/ tramonto un po’ cartolinesco e problematizzare la percezione privata, nel non scontato tentativo di normalizzazione e banalizzazione da parte della scena pubblica rispetto al racconto della vecchiaia. “Prima era una cosa tra me e lui, adesso sono entrati anche loro e questo non va bene…”, dice un’ insofferente Rene nei confronti dei giornalisti  che si sono appollaiati davanti alla finestra della sua camera, riportando dentro lo spazio circoscritto e preciso di una questione privata un fatto che sicuramente ha riguardato tante persone ma ha avuto un’ incidenza nelle maglie delle relazioni più intime ( intelligente il montaggio che mette in parallelo l ‘esterno Storia delle spiagge della Normandia dove si muove Bernie con l’interno storia della camera dove è in quieta e struggente attesa Rene).

Il dubbio che sia più un film di sguardi che di sguardo rimane per l’insipienza piuttosto edificante del contesto, a parte il bel personaggio del reduce coetaneo di Bernie, controparte amara e lucida di un  di un’ossessione colposa lunga settant’anni.

Ma un tono che sarebbe troppo facile ridurre a monocorde e che in un’accezione virtuosa si potrebbe definire sobrio fa pensare che anche filmare un duetto cosi sublime di interpreti giunti fino alla loro più completa maturità espressiva prevede comunque una forma di sguardo. O meglio, la capacità di saper guardare, di fermarsi e di soffermarsi su dettagli illuminanti, oltre il limite di soluzioni visive più ovvie e rassicuranti.

Non siamo i riflessi di quell’estatico tramonto color arancio, ma il risultato delle piccole e grandi gioie e dei relativi dolori quotidiani; la somma di cose concrete, semplici, vere ma “fatte bene”, come afferma sempre Rene.

Poi, certo, rimarrà per sempre il ricordo dell’irrequieta Glenda fuggita con il decadente gigolò Helmut Berger e recuperata dal marito scrittore deus ex machina Michael con uno sbarco molto meno glorioso e più dissacrante sulla Costa Azzurra; e il film in questione, Una romantica donna inglese, aveva senza dubbio la capacità di fondere la grandezza e la specificità di una visione autoriale, quella di Joseph Losey, con la meraviglia di due performance tra il piacere del virtuosismo e l’affondo dell’autenticità.

In sala dal 20 giugno 2024


Fuga in Normandia  (The great escaperRegia: Oliver Parker; sceneggiatura: William Ivory; fotografia: Christopher Ross; montaggio: Paul Tothill; musica: Craig Armstrong; Interpreti: Michael Caine, Glenda Jackson, John Standing , Will Fletcher, Laura Marcuse, Ann Queensberry, Danielle Vitalis; produzione:Ecosse Films, BBC Films, Ingenious, Pathe UK; origine: Gran Bretagna, 2023; durata: 96 min.; distribuzione: Lucky Red.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *