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Valija Šap è una psicologa, Gintare Meškienė è una poliziotta. A tenerle unite, oltre che l’amicizia, è un progetto di assistenza rivolto agli abitanti di Kupiškis, una città rurale in Lituania. Le due donne fanno parte di un gruppo che cerca di prevenire i suicidi.
«Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Lituania ha il più alto tasso di suicidi in Europa. Questo problema tocca tutta la Lituania ma colpisce Kupiškis in modo particolare. Per questo abbiamo deciso di aiutare chi sta soffrendo, con l’obiettivo di diminuire il tasso di suicidi nella nostra città». Con le parole pronunciate da Valija quasi all’inizio del documentario I’ll Stand by You di Virginija Vareikytė e Maximilien Dejoie (stasera alle ore 19,30 in programma al Glocal Film Festival di Torino), immediatamente si comprende quanto drammatico sia il lavoro delle due protagoniste e di chi, insieme a loro, cerca di trovare una soluzione a qualcosa che per certi versi si pone come un enigma insolubile.
La depressione, il terrore di invecchiare, il dolore fisico, la paura di dipendere dalla famiglia, l’alcool, i problemi relazionali, la solitudine, sono tra le cause dei numerosi suicidi che avvengono in un luogo come tanti ve ne sono al mondo. «Mi sembrava che parlassimo di tutto eppure. È qualcosa di indescrivibile. Non ho mangiato per due settimane. Solo acqua. Continuavo a guardare fuori dalla finestra, sperando che tornasse, anche se sapevo che non sarebbe più tornato», è il triste ricordo di Birute, la madre di un figlio che si è suicidato, ma che ora è tra le donne che più attivamente partecipano al progetto.
È possibile opporsi a questo lento procedere verso un abisso? Si può modificare il corso di esistenze che a un certo punto decidono di separarsi per sempre dal mondo e dalle persone che a loro erano legate? Si può dare conforto a chi, come Birute, non aveva capito che detro la psiche di un figlio stava avvenendo qualcosa di irreparabile?

Queste e altre sono le domande che animano la volontà di Valija e Gintare. Nel film le vediamo insieme o separatamente, al telefono o all’interno di austere abitazioni, cercare di dare coraggio a chi non possiede più la forza o pensa di non poterla avere a tempo indeterminato, e di essere di compagnia a chi si sente radicalmente solo. E come un contrappunto, alla pesante presenza della morte si alterna la vita in forma di una risata sincera, di una banale canzoncina, di un racconto ironico, di una storia d’amore.
Il merito di Vareikytė e Dejoie, alla loro seconda co-regia dopo When We Talk About KGB, è proprio quello di saper lavorare con discrezione sul limite di un baratro tra la vita e la morte, pur con qualche eccesso retorico, con alcune sottolineature musicali ridondanti che poco servono alla causa del film. Il documentario, che apparentemente riguarda un luogo specifico e cittadini che sembrano distanti dal nostro orizzonte, osserva in modo ravvicinato il potere (non sempre efficace) della cura, la disposizione ad accogliere la fragilità dell’altro. In altre parole, prova a far luce sul nostro mondo.
I’ll Stand by You (Būsiu su tavim) – Regia: Virginija Vareikytė e Maximilien Dejoie; sceneggiatura: Virginija Vareikytė; fotografia: Maximilien Dejoie; montaggio: Francesca Scalisi e Virginija Vareikytė; musica: Eugenio Mazzetto; suono: Vytis Puronas; con: Valija Šap, Gintare Meškienė; produttore: Lukas Trimonis; co-produttori: Maximilien Dejoie, Mark Olexa; produzione: In Script; co-produzioni: M&N, Dok Mobile; origine: Lituania, Italia, Svizzera, 2021; durata: 73’.
