Holy Shoes di Luigi De Capua

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Belle, ma sono false.

Così dicono a Marianna, davanti a Filippo, quattordicenne che aveva già toccato il fondo del salvadanaio per comprare le scarpe Typo 3 alla fidanzatina. È necessario correre ai ripari, e allora Filippo fa di tutto per ottenerne un paio originali. Chi le commercia le scarpe è invece Bibbolino, ricco ma minato nell’autostima e autoefficacia da un padre ingombrante e un figlio con cui fatica a relazionarsi. Miglior modo per entrarvi in confidenza? Regalargli un paio di Typo 3. Purtroppo mandare un bambino di dodici anni a scuola con scarpe da mille euro, non è l’idea più saggia. Non al giorno d’oggi.

Mei è una studentessa che fa i salti mortali per studiare ingegneria, lavorare al ristorante cinese del padre e stare dietro al fratello che ha la sindrome da Asperger. Ha una borsa di studio per Boston, ma non i soldi per andarci né per pagare la terapia al fratello: come fare soldi velocemente e in modo sicuro? Cosa è che vogliono tutti i giovani? Luciana è una donna di mezza età che vive una vita tranquilla, troppo tranquilla, tanto che il marito Paride non la considera più e i due sono due estranei sotto lo stesso tetto. La vicina di casa, Agnese, è una giornalista in carriera che subisce un incidente e decide di liberarsi delle scarpe lanciandole dalla finestra. Proprio là sotto sta passando Luciana: può una paio di scarpe con il tacco cambiare la vita di una persona?

Luigi De Capua al grande schermo ci era già arrivato in veste di attore (Smetto quando voglio) e sceneggiatore (Smetto quando voglio – Ad honorem e Smetto quando voglio – Masterclass) partendo tuttavia dal piccolo schermo, quello del computer. Parte del gruppo comico The Pills, esordisce su You tube nel 2011 e fa una comparsata in un episodio di Esami – La serie di Edoardo Ferrario. Holy Shoes è invece il suo esordio alla regia ed è un debutto positivo per regia, montaggio, casting e maestranze varie, meno per alcuni difetti di scrittura (alcuni personaggi e forza delle singole linee narrative) che rendono il lavoro a tratti debole.

Non gliene frega a nessuno se è vero o falso. Tanto alla fine è tutto finto.

Ciò che sostiene l’intera opera è una chiara visione anticapitalista che trova riferimento materiale in un oggetto, le scarpe, emblema di una società fondata sull’estetica pop a scapito di crude diseguaglianze sociali. Le fantomatiche Typo 3 tante volute e desiderate da tutti – prezzo di listino 800 euro –, sorta di “anello del potere” che traccia una scia di morte e disperazione, lasciando letteralmente scalze le persone che le hanno possedute. Immagine, quella dei calzini privi di scarpe, che torna ciclicamente nell’opera e sancisce i nodi narrativi nonché le critiche più violente ai personaggi immersi in questo mondo capitalista al neon. Tutti loro, i personaggi, a boccheggiare a pelo d’acqua brillantinata.

De Capua è quindi bravo a scegliere un tema attuale – e un oggetto che lo rende a portata di occhi – ed è altrettanto capace nello studiare i personaggi che lo devono sostenere. A fronte di un ottimo cast – belle facce, azzeccate – lo studio che porta avanti è ben realizzato: la mdp non prende mai eccessiva distanza dai volti e dai corpi dei protagonisti e rende un effetto claustrofobico che la luce metallica e grigia (urban) dell’ambiente non fa che amplificare. Di quella calda luce romana a cui siamo tanto abituati c’è poco, i toni sono piuttosto di una capitale del Nord, laddove il capitalismo imperversa da più tempo. Il montaggio è poi calzante, con un buonissimo utilizzo del soundtrack e un continuo richiamo a un mondo, quello giapponese, che applica come una patina “anime punk” all’intero lavoro e aiuta nelle scene d’azione, laddove la mdp si concede movimenti precisi e non si perde in inquadrature inutili.

Simone Liberati

Holy Shoes è un buonissimo esordio. Ottima critica all’Italia pop di oggi attraverso una commedia nerissima, funziona alla grande con alcune linee narrative – Filippo e Bibbolino (ottimo Simone Liberati) – meno nelle restanti, perciò a volte il film rischia di ristagnare. Un buon montaggio e un’ottima fotografia salva ed eleva il prodotto. Curiosi di vedere il prossimo lavoro di questo regista che la mdp la sa gestire, il linguaggio cinematografico lo conosce.

Dal 4 luglio in sala.


Holy Shoesregia: Luigi Di Capua; sceneggiatura: Luigi Di Capua, Alessandro Ottaviani; fotografia: Julien Panzarasa, Giacomina Palma; interpreti: Carla Signoris, Simone Liberati, Isabella Briganti, Denise Capezza, Ludovica Nasti, Orso Maria Guerrini; produzione: Pepito Produzioni con Rai Cinema; origine: Italia, 2023; durata: 106 minuti; distribuzione: Academy Two.

 

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