Houria – La voce della libertà di Mounia Meddour

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Tramonto. Sole e mare aperto all’orizzonte. Una bella giovane ragazza danza in tutù bianco e scarpette con le cuffie sulle orecchie. È caparbia, concentrata, potente. Volteggia elegante e precisa, ogni gesto delle braccia ha una partenza e un arrivo, ogni movimento delle pupille è misurato, ogni spostamento di peso calibrato. Cade, si rialza, ricomincia con l’ostinazione assoluta di chi sa cosa desidera dalla vita e ha intenzione di prenderselo. Houria vive in Algeria, orfana di padre, la madre Sabrina insegna danza classica di giorno, balla la danza del ventre di sera nei locali.  Houria lavora come cameriera in un hotel con l’amica Sonia, anche lei danzatrice classica, allieva di Sabrina (che insegna sempre con una sigaretta spenta tra le dita). Houria, per mettere da parte la somma esatta per acquistare una automobile alla madre, la sera va a scommettere d’azzardo alle gare clandestine di arieti dai nomi dei politici: Putin, Obama, Donald Trump. L’ambiente notturno è losco, i proprietari dei caproni sono pronti a tutto, il bookmaker conosce la ragazza e cerca di favorirla.

Al termine di un incontro che le ha fruttato una bella somma, la ragazza viene inseguita nel buio dei vicoli da un uomo che si dice derubato perché, secondo lui, il combattimento è stato truccato per farla vincere, la afferra con violenza in cima a una rampa di scale e la spinge giù. La danzatrice si rompe una gamba in più punti, viene sottoposta a chirurgia, le vengono inserite viti e perni per ricostituire la mobilità dell’arto. Come se non bastasse, dallo choc, Houria ha perso la voce.

Dalla tragedia iniziale prende il via una storia di sorellanza femminile contro la violenza di genere, una resistenza contro la violenza di una società maschilista ma anche in balia di una polizia arresa e di un governo che ha perdonato i peggiori terroristi, lasciandoli uscire di prigione e mettendoli in libertà dopo poco (come Ali, il colpevole dell’incidente della protagonista). A prezzo di offese e brutalità, la ragazza e sua madre si riprendono uno spazio di affermazione, un luogo di lotta e coraggio: Houria, con le compagne del corso di riabilitazione, danzeranno di nuovo sul terrazzo affacciato sul cielo e sul mare aperto in uno spettacolo colorato e gestuale scritto dalla protagonista in memoria dell’amica Sonia, affogata in seguito a un trasbordo in gommone verso la Spagna, sacrificata da un sistema fallimentare e fallito (di fughe e ritorni, di accettazione e rivolta) che miete (nel mondo) troppe vittime.

All’inizio della pellicola la recitazione è sopra le righe, le espressioni del viso sono caricate e appesantiscono un po’ l’immedesimazione, a tratti la scrittura è prevedibile e il simbolismo troppo evidente. Dalla seconda metà del film in poi, però, la franco-algerina Mounia Meddour – alla sua opera seconda dopo Non conosci Papicha, 2019 –  ci consegna, con potenza, un buon messaggio di forza e di speranza non passive.

In sala dal 21 giugno


Houria – La voce della libertà (Houria); Regia e sceneggiatura: Mounia Meddour; fotografia: Léo Lefèvre; montaggio: Damien Keyeux; musica: Maxence Dussère, Yasmine Meddour; interpreti: Lyna Khoudri, Rachida Brakni, Salim Kissari, Amira Hilda Douaouda, Marwan Zeghbib; produzione: The Ink Connection, High Sea Production; origine: Algeria, 2022; durata: 104; distribuzione: I Wonder Pictures.

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