I diari di Andy Warhol di Andrew Rossi

  • Voto 3,5
3.5

Un artista di cui si non conosce mai abbastanza e di cui, sul lato personale, si ignora moltissimo. Un innovatore e un genio poliedrico. Un pittore, un grafico, uno sceneggiatore, un produttore. Allo stesso tempo, sul lato privato, un uomo tormentato dalla paura di invecchiare e di non essere accettato a sufficienza dal mondo esterno. Frutto, forse, di un’insicurezza nata ai tempi di Pittsburgh, covata nel silenzio, alimentata e divenuta poi la sua corazza e, in parte, la sua forza.

A partire dal 1976 e fino a poco prima di morire, Andy Warhol ha tenuto una sorta di diario, dettando alla sua amica e segretaria Pat Hackett il racconto delle sue giornate. Due anni dopo la morte, Hackett ha pubblicato questo diario, un immenso libro di ottocento pagine che mostra il lato più personale e meno noto dell’artista. I diari di Andy Warhol, nati come appunti quotidiani, diventano immediatamente lo strumento con cui l’artista documenterà i suoi incontri, le sue incurabili frustrazioni, le perplessità e le sue opere.

Andrew Rossi, partendo proprio dal libro di Hackett, comincia a lavorare sui diari nel 2011 con l’idea di mettere in luce l’uomo nel privato, per quanto possibile, rendendo trasparenti le ombre e i lati oscuri che l’artista ha sempre nascosto, consapevolmente o meno, ma che venivano fuori prepotentemente nelle sue opere.

La narrazione in prima persona, estrapolata dal testo pubblicato da Pat Hackett nel 1989, è ricostruita con la start-up Resemble AI, utilizzata per recuperare una serie di dati della voce di Andy ed è “combinata” con quella di Bill Irwin che, a sua volta, ha registrato alcune frasi imitando proprio Warhol.

Un racconto in prima persona, dunque, senza alcuna intermediazione, con l’obiettivo fondamentale di comunicare quel senso di schiettezza, timidezza e allo stesso tempo di emotività vocale propria di Warhol. Partire dal timbro di voce, un insieme di delicatezza dolcezza e pudore, è il primo passo compiuto da Andrew Rossi per restituirci un ritratto intimo e personale dell’artista.

Partendo dai tempi di Pittsburgh e dagli anni della timidezza insuperabile nascosta dietro un corpo mingherlino, la serie indaga la percezione dell’artista nei confronti del mondo, le serate folli ed eccentriche, ma si focalizza soprattutto sugli incontri importanti che hanno costellato la sua vita, quella parte intima, privata e inaccessibile per chiunque eppure molto presente durante gli anni del suo successo newyorkese. Alla voce di Warhol si aggiungono quelle di amici e conoscenti come, nei primi episodi, Rob LoweJerry Hall, che ricordano gli anni della Factory commentando feste, eventi pubblici e fatti privati.

Le feste con le celebrità e gli eventi sono sullo sfondo e il centro della narrazione resta l’aspetto romantico dell’artista. Il rapporto d’amore con Jed Johnson, interior designer sbarcato a New York nel 1966 e assunto nella Factory dell’artista, dove trascorse dodici anni aiutandolo nell’archiviazione delle sue collezioni. E poi la storia d’ amore ben più tragica e appassionata con Jon Gould«Ho mandato rose a Jon Gould, il dirigente gay della Paramount. Voglio che faccia pubblicità su Interview Magazine. È alto e forte, mi dà la sensazione di potersi prendere cura di me. Quello che trovo intrigante è che si comporti da etero. Sono certo che la gente creda che lo sia”.

Figura fondamentale e rapporto in parte ancora oscuro e controverso quello con Basquiat, artista straordinario nato da padre haitiano e da madre statunitense di origini portoricane; capace di stravolgere il mondo dell’arte negli anni Ottanta, amico stretto, confidente, collaboratore di Andy, appunto. Un’amicizia profonda e intima, quella tra i due, che si nutrì anche della loro collaborazione artistica influenzando la prospettiva personale e la visione di entrambi. Un rapporto di luci e ombre fatto di molta condivisione, intimità e momenti di grande buio e silenzio, dovuto in gran parte alla tossicodipendenza da eroina di Basquiat. Un amore viscerale vissuto in silenzio, forse, da parte di entrambi.

Andrew Rossi mostra il lato vulnerabile e romantico di Warhol e coglie nel segno restituendo una parte della sua vita intima, partendo proprio dalla lettere, fotografie e appunti di Warhol. Il percorso artistico rimane sullo sfondo (e forse ci sarebbe piaciuto un approfondimento maggiore), per quanto in alcuni episodi piuttosto interessanti viene fuori anche il lato innovatore e anticipatore dei tempi. Negli anni Ottanta, l’artista americano cominciò a lavorare ad alcuni programmi televisivi come Fashion o come Andy Warhol’s Fifteen Minutes (creato per il canale televisivo MTV) che ricorda, nel titolo, la sua celebre massima: «Nel futuro ognuno sarà famoso in tutto il mondo per quindici minuti». Niente di più attuale e di più vicino ai nostri tempi.

Su Netflix dal 9 marzo 


Cast&Credits

I diari di Andy Warhol (The Andy Warhol Diaries) – Serie documentaria. Regia: Andrew Rossi;  produzione:  Ryan Murphy, Josh Braun, Stanley F. Buchthal, Andrew Rossi, Alexis Martin Woodall, Scott Robertson;  origine: Usa, 2022; durata episodi: 56′-74′; distribuzione: Netflix;

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