I nostri fantasmi

  • Voto
2.5

Valerio (Michele Riondino), dopo la morte della moglie, fatica a ritrovarsi.
Nemmeno il figlio piccolo, di sei anni appena compiuti, è riuscito a farlo uscire da quella spirale autodistruttiva nella quale è precipitato e che gli ha succhiato via, col senso stesso della vita, anche il lavoro e la casa che è stata rimessa in vendita subito dopo l’ingiunzione di sfratto.
Di fronte alla prospettiva di finire in strada, e con i servizi sociali che gli vogliono togliere un minore di cui (è evidente) non può occuparsi, al giovane non resta che giocare d’astuzia: fingere che la casa sia infestata da spettri per dissuadere eventuali nuovi inquilini e, nel frattempo, continuare a godere di nascosto dell’immobile. Un gioco che gli viene facile, dal momento che l’appartamento, ricavato dalla divisione di una vecchia villa in due unità di cui l’altra abitata da un anziano militare pensionato, è dotato di una soffitta il cui accesso è pressoché invisibile. Riempire la magione di suoni sinistri e popolare le stanze di ombre inquietanti, nottetempo (meglio se fuori è buio e tempestoso), è, quindi, davvero un gioco cui partecipa anche il piccolo figlio, Carl, cui è stato raccontato che bisogna cacciare un certo numero di “vivi” per tornare finalmente in possesso dell’ambita casa. Siamo, insomma, dalle parti di La vita è bella, con tanto di favola per distrarre gli occhi dell’infanzia da temi dolorosi come disoccupazione, marginalità sociale ed elaborazione del lutto.

Tutto andrebbe bene, se non arrivasse nella casa Miryam, di origini israeliane con tanto di figlioletta a carico. Con lei, infatti, i rumori spaventosi non attaccano, perché, quando va a dormire, la donna si toglie l’apparecchio acustico che deve usare da quando l’uomo con cui stava le ha rotto i timpani con un pugno. Né funzionano le ombre spaventose, perché per Miryam il vero orco è fuori, ed è l’ex compagno che la stalkera e che arriva anche a bussarle alla porta con l’aria minacciosa del commendatore mozartiano.
La casa da cui nessuno può essere scacciato diventa, così, galeotta di un incontro tra due solitudini, malgrado i figli a carico: un incontro voluto dal destino tra due tessere destinate a stare insieme nonostante le difficoltà dosate con spirito (è il caso di dirlo) di commedia.

Nelle “Notti veneziane” delle Giornate degli Autori, I nostri fantasmi inizia mimando l’horror, poi si ammorbidisce nella descrizione mai troppo drammatica di personaggi che si spogliano anche troppo presto dei toni grotteschi per riportare la storia nelle dinamiche di Lui ama Lei, ma ci sono intoppi. Per la maggior parte della proiezione, il film è sorretto da un buon ritmo e da interpretazioni di pelle (specialmente la Miryam di Hadas Yaron), ma non tutto fila a perfezione.

Diceva Hitchcock che, quando lo spettatore comincia a porsi domande di verosomiglianza su quanto sta vedendo, la pellicola, in qualche modo, è persa. Da qualche parte deve essersi perso anche I nostri fantasmi perché dopo un po’ ci si comincia a chiedere come sia possibile che nessun potenziale acquirente della casa, abbia mai voluto vedere le planimetrie del bene che si sta per affittare. Come suona strano che nessun agente immobiliare sembri avere idea della presenza di un sottotetto spazioso abbastanza da ospitare una famiglia. Né si capisce come possano padre e figlio continuare a sfuggire ai servizi sociali, se il bambino continua ad andare a scuola tutte le mattine. Mentre restano solo arcano le allusioni al vissuto del fastidioso vicino di casa che si scopre umano sul più bello senza un vero perché.

Insomma, I nostri fantasmi è un film certo gradevole, che scorre leggero, opponendosi ai ricordi di una nazione che, fino a ieri, era costretta a stare a casa e ora è chiamata ad appassionarsi alle vicende di personaggi che si aggrappano alle stanze con le unghie con i denti. Ma l’opera, pur sfiorando temi importanti, resta ferma a una certa gradevolezza di confezione.


I nostri fantasmi – Regia: Alessandro Capitani; sceneggiatura: Alessandro Capitani, Francesca Scialanca, Giuditta Avossa; fotografia: Daniele Ciprì; montaggio: Adriano Patruno; musica: Michele Braga; interpreti: Michele Riondino, Hadas Yaron, Alessandro Haber, Paolo Pierobon, Orlando Forte; produzione: Fenix Entertainment, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte; distribuzione: Europictures [Italia]; origine: Italia, 2021; durata: 105′.

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