The Scarlet Drop (La goccia scarlatta) è un film di John Ford che si pensava perduto da quasi 106 anni. È stato ritrovato in Cile, per la precisione in un magazzino destinato alla demolizione, mancante almeno di un rullo. Oggi è finalmente disponibile nella copia restaurata che abbiamo avuto la fortuna di vedere al “Cinema Ritrovato”. La scoperta è alquanto significativa in quanto contribuisce a gettare ulteriore luce sul periodo muto del maestro del western.
The Scarlet Drop fu il tredicesimo film tra i sessanta cortometraggi e lungometraggi che Ford realizzò nel lasso dei dieci anni tra il 1917 e il 1927. Di questi, quarantotto sono andati perduti parzialmente o totalmente. Il film è anche una delle ventisei collaborazioni tra Ford e l’attore Harry Carey, prodotte tra il 1917 e il 1921. La pellicola vede Carey nei panni di “Kaintuk” Harry Ridge, un uomo che, dopo essere stato rifiutato dalla milizia dell’Unione durante la Guerra Civile, è costretto a diventare un bandito. Come in molti western successivi del maestro Ford, anche questo film assimila il classico tema della redenzione e si concentra sul viaggio fisico e psichico del personaggio principale e sulla sua trasformazione personale dopo l’incontro e l’innamoramento di Molly Calvert (Molly Malone). “È molto interessante, violento per l’epoca, con una critica al razzismo e alle differenze di classe”, spiega nel catalogo Jaime Córdova. “Ci permette di vedere che il talento e la visione di John Ford erano presenti fin dall’inizio. I primi 10 minuti sono un omaggio all’opera e all’estetica del padre del linguaggio cinematografico, David Wark Griffith, regista di Nascita di una nazione. Ford infatti era stato il suo assistente in quel film”.
A livello visivo il film è una conferma delle capacità peculiari di Ford di saper leggere e usare il nuovo mezzo. La costruzione delle inquadrature viene studiata con una grande attenzione alla composizione nel suo complesso, alcune scelte di regia risultano davvero sorprendenti e molte soluzioni relative all’uso del colore si dimostrano quasi in modo naturale efficaci. Insomma, c’è succulento materiale anche per gli specialisti di Ford.
Scrivere, invece, del capolavoro di Charlie Chaplin del 1925, The Gold Rush (La febbre dell’oro) è impossibile senza partire dallo spettacolo che la sera del 26 giugno scorso si è vento a creare prima di tutto al di qua dello schermo. Piazza Maggiore è già piena a un’ora dall’evento. Incredibile. Tanti bolognesi, consci della situazione, avevano portato con sé siede pieghevoli per godersi comodamente il film. Non è la prima volta che ciò accade, sia chiaro, ma quella sera se ne contavano a dozzine. La potenza e il genio di Chaplin è sempre contemporaneo, forse proprio perché fa parte della storia culturale dell’umanità. Ne è patrimonio infatti. Vedere un pubblico così vasto, così “al completo” rispetto alle diverse generazioni tutte insieme di fronte all’attrattiva Charlot è semplicemente meraviglioso, come la vita (che sempre qualche titolo e qualche film ci insegna). Tutte e tutti abbiamo riso, ci siamo commossi, siamo stati ipnotizzati dall’inizio alla fine come se fossimo tutti bambini, come se fosse per tutti la prima volta di un Chaplin. Davvero mancano le parole. Com’è noto, il film contiene molte delle sequenze comiche più celebri di Chaplin, tra cui la bollitura e il consumo della scarpa-stivale, la danza dei panini e la baracca che traballa. Tuttavia, la superba qualità de La febbre dell’oro non si basa solo sulle sue sequenze comiche, ma anche sul fatto che queste scene siano così pienamente integrate in una narrazione incentrata sui personaggi. La pellicola possiede qualcosa di epico. Presenta avventure eroiche e organicamente unite dal personaggio centrale del vagabondo. L’eroe-clown sopravvive alla crudeltà della natura e alla malvagità dell’umanità grazie alla sua fortuna, al suo coraggio e alla sua intraprendenza.

Il tema centrale è la ricerca dei bisogni umani fondamentali – cibo, denaro, riparo, accettazione e amore – narrata nel duro ambiente dei cercatori d’oro. Sembra proprio che l’idea per il film venne a Chaplin alla fine del 1923, mentre guardava alcune immagini stereografiche della corsa all’oro del Klondike a Pickfair in California, nella casa di Mary Pickford e Douglas Fairbanks. L’immagine che lo incuriosiva particolarmente mostrava una lunga fila di cercatori d’oro che risalivano il Passo Chilkoot – la porta d’accesso ai giacimenti auriferi – nella regione del fiume Klondike, nello Yukon. Chaplin era abilissimo nel creare umorismo da temi insoliti (la povertà urbana in Easy Street [Charlot poliziotto] e la Grande Guerra in Shoulder Arms [Charlot soldato]), Infatti evidenziare l’umorismo nella tragedia era uno dei suoi grandi talenti. Come scrisse l’autore nella sua autobiografia: “Nella creazione della commedia, è paradossale che la tragedia stimoli lo spirito del ridicolo; perché il ridicolo, suppongo, è un atteggiamento di sfida: dobbiamo ridere in faccia alla nostra impotenza di fronte alle forze della natura, altrimenti impazziamo”. E dopo queste parole, sipario e proviamo a riflettere, forse oggi più di ieri.
La goccia scarlatta (The Scarlet Drop) – Regia: John Ford; soggetto: John Ford; sceneggiatura: John Ford, George Hively; fotografia: Ben F. Reynolds; interpreti: Harry Carey (Kentucky), Molly Malone (Paulina Calvert), Vester Pegg (Marley Calvert), Betty Schade (Alicia Calvert), Millard K. Wilson (Gaham Lyons), Martha Mattox (Ana Jackson), Steve Clemento (Buck Jackson); produzione: Universal Film Manufacturing Company/Carl Laemmle; origine: Usa, 1918; durata: 41 minuti; versione: didascalie spagnole; audio: muto. Edizione restaurata 2025: proiettata a Bologna, al Cinema Modernissimo, il 26.06.2025.
La febbre dell’oro (The Gold Rush) – Regia: Charlie Chaplin; soggetto e sceneggiatura: Charlie Chaplin; fotografia: Roland Totheroh; montaggio: Charles Chaplin, Roland Totheroh; musiche: Charles Chaplin per la versione sonora del 1942, riadattate e dirette da Timothy Brock per la versione del 1925, eseguite dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna; scenografia: Charles D. Hall; interpreti: Charles Chaplin (cercatore d’oro), Georgia Hale (Georgia), Mack Swain (‘Big Jim’ Mckay), Tom Murray (Black Larsen), Betty Morrissey, Kay Desleys, Joan Lowell (amiche di Georgia), Henry Bergman (Hank Curtis), Malcolm Waite (Jack Cameron); produzione: Charles Chaplin per United Artists; origine: Stati Uniti d’America, 1925; durata: 88 minuti; versione: didascalie inglesi; audio: muto. Edizione restaurata 2025: proiettata a Bologna, in Piazza Maggiore, il 26.06.2025.
