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Voto
Rinnovo il mio consiglio. Provate a vedere Il Gattopardo, intendo la miniserie in sei puntate su Netflix, senza fare paragoni con l’omonimo film (1963) di Luchino Visconti. La nostalgia farebbe brutti scherzi, esponendo questa rilettura televisiva del gran romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa a un confronto più inutile che impietoso, perché nel frattempo sono passati sessantadue anni e la serie firmata dal regista britannico Tom Shankland, insieme a Giuseppe Capotondi e Laura Luchetti, punta a un pubblico completamente nuovo, in buona misura ignaro del capolavoro viscontiano. Del resto lo stesso Kim Rossi Stuart, che incarna Fabrizio Corbera, il potente e crepuscolare principe di Salina, ha confessato di non aver visto Il Gattopardo, anche per non farsi influenzare dalla prova di Burt Lancaster (all’epoca doppiato da Corrado Gaipa).
Sono certo, tuttavia, che s’alzeranno ugualmente alti lai, per la serie: va bene tutto, ma vogliamo mettere il Tancredi di Alain Delon, l’Angelica di Claudia Cardinale, il don Pirrone di Romolo Valli, il sindaco Calogero Sedara di Paolo Stoppa, la Concetta di Lucilla Morlacchi?
A mio avviso Netflix ha fatto invece bene a non farsi intimorire dall’impresa. Gli sceneggiatori Richard Warlow e Benji Walters, se ho capito bene, hanno recuperato parti del romanzo all’epoca sacrificate da Visconti, rivalutando specialmente la figura di Concetta, figlia del principe, ispessita sul piano psicologico, per farne un personaggio femminile più centrale, anche emblematico, maturo, consapevole.

Naturalmente riecheggia la frase più citata da sempre, e cioè «Se vogliamo che tutto resti com’è, bisogna che tutto cambi», detta dall’ambiguo rivoluzionario Tancredi, nipote del principe di Salina e lucido testimone di quanto sta succedendo nella Sicilia del 1860 dopo lo sbarco di Garibaldi e dei suoi mille. D’altro canto, proprio suo zio, detto «zione», pur consapevole del nuovo blocco storico di interessi che va formandosi con la nascita di un’aggressiva borghesia, ricorda in una delle prime sequenze: «Noi non vogliamo migliorare: la nostra vanità è più grande di qualsiasi esercito». E subito dopo: «A noi siciliani piacciono le accoglienze insincere».
Visto in parallelo con L’abbaglio di Roberto Andò, pur nella diversità dello stile e delle atmosfere, Il Gattopardo racconta, nelle forme di una certa serialità televisiva di impronta pop, il crollo di un sistema patriarcale e aristocratico, anche la fine di un privilegio storico.
Da questo punto di vista il 55enne Kim Rossi Stuart non fa rimpiangere la prova di Burt Lancaster, che all’epoca delle riprese aveva peraltro 48 anni, nonostante il vistoso trucco invecchiante. È un principe di Salina diverso, più atletico e diabolico, dedito alle pratiche del sesso con la formosa amante neanche troppo segreta, e tuttavia già consapevole della crisi. Potrà solo assecondare l’ascesa della nuova classe dirigente, riassunta nel personaggio di Calogero Sedara, il ricco sindaco di Donnafugata venuto dalla terra che vuole imparentarsi con l’augusta famiglia Corbera dando in sposa la figlia Angelica al disinvolto e bugiardo Tancredi, nella disperazione della povera Concetta, la quale non intende farsi corteggiare dall’insipido conte brianzolo Carlo Cavriaghi (lei continua ad amare Tancredi), al punto da accettare la strada del convento.

Di Kim Rossi Stuart s’è detto, mi pare davvero bravo anche nelle suggestioni dialettali, ma funzionano, s’intende all’interno della cifra espressiva scelta, anche gli altri interpreti principali, che sono Benedetta Porcaroli, Saul Nanni, Deva Cassel/Bellucci, Francesco Colella e Paolo Calabresi, rispettivamente nei ruoli di Concetta, Tancredi, Angelica, Sedara e il padre gesuita Pirrone.
Avendo visto solo tre delle sei puntate, non so dire come si svilupperanno gli eventi e fino a che punto la miniserie resterà fedele al romanzo, i cui eventi, sulla carta, s’allungano nel tempo, passando prima per la morte del principe nel 1883 e arrivando addirittura nell’epilogo ai primi del Novecento.
Nel dubbio, una ragione in più per completare la visione.
Su Netflix dal 5 marzo 2025.
Il Gattopardo – Showrunner: Richard Warlow; Regia: Tom Shankland (ep. 1-2-3-6), Giuseppe Capotondi (ep. 4), Laura Luchetti (ep. 5); sceneggiatura: Richard Warlow (Ep. 1, Ep. 2, Ep, 3, Ep. 4, Ep. 6), Benji Walters (Ep. 4, Ep. 5) da Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa; fotografia: Nicolaj Brüel; montaggio: Clelio Benevento (episodi 1-3-5), Alessio Doglione (episodi 2-4-6); musica: Paolo Buonvino; scenografia: Dimitri Capuani; costumi: Carlo Poggioli, Edoardo Russo (Co-Designer costumi Ep. 4-5-6); interpreti: Kim Rossi Stuart (Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina), Benedetta Porcaroli (Concetta), Deva Cassel (Angelica Sedara), Saul Nanni (Tancredi Falconeri), Paolo Calabresi (Padre Pirrone), Francesco Colella (Don Calogero Sedara), Astrid Meloni (Maria Stella), Greta Esposito (Chiara) Dalila Ricotta (Caterina Corbera di Salina), Ruben Mulet Porena (Francesco Corbera di Salina), Alberto Rossi (Paolo Corbera di Salina), Gaetano Bruno (Leonforte), Francesco Di Leva (Russo), Alessandro Sperduti (Bombello), Jozef Gjura (Tassoni), Romano Reggiani (Conte Carlo Cavriaghi); produzione: Fabrizio Donvito, Daniel Campos Pavoncelli, Marco Cohen, Benedetto Habib, Alessandro Mascheroni, Will Gould, Firth Tiplady per Indiana Production, Moonage Pictures; origine: Italia/Gb, 2025; durata: sei episodi di 52-60 minuti (circa) ; distribuzione: Netflix.
