Il mestiere di vivere di Giovanna Gagliardo

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«Quel Pavese che ricordiamo frettolosamente come il poeta infelice, suicida per amore, probabilmente è molto di più. Forse è l’intellettuale scomodo che oggi ci manca, l’antipatico mai compiacente che ti complica la giornata, il magnifico compagno di viaggio che – nelle colline di Santo Stefano Belbo – ti fa intravedere il mare azzurro di Itaca. Ho lasciato un Pavese che credevo locale e generazionale, ho ritrovato uno scrittore con il respiro dei ‘classici’» (Giovanna Gagliardo).


Scrittore, poeta, traduttore e critico letterario italiano, Cesare Pavese nella sua breve vita è riuscito a riassegnare una nuova identità culturale alla seconda metà del Novecento italiano: studente modello e particolarmente brillante, dopo aver scoperto – poco più che ventenne – la poesia narrativa, ha portato in Italia la letteratura americana e ha contribuito con successo alla nascita della casa editrice Einaudi.

Attratto dalla letteratura d’oltreoceano, già con i suoi studi e con la sua tesi di laurea, dedicata allo scrittore statunitense Walt Whitman, lo studioso piemontese ha tracciato con chiarezza le sue inclinazioni e si deve a lui la prima traduzione in lingua italiana del capolavoro di Herman Melville Moby Dick (è riuscito a portare in Italia anche autori come Faulkner, Gertrude Stein, Steinbeck).

Nato a Santo Stefano Belbo, un paesino delle Langhe situato nella provincia di Cuneo, dove la famiglia soleva trascorrere le estati, lo scrittore è sempre stato profondamente legato a questo luogo tanto da recuperarne il contatto con la natura, le origini e la sua infanzia nelle sue opere più famose (tra tutte, a parte la casa di famiglia, la figura dell’amico, musicista e falegname Pinolo Scaglione, il Nuto de La luna e i falò).

Dall’ultima fatidica sera tra il 27 e 28 agosto del 1950, Giovanna Gagliardo struttura il suo documentario in capitoli, suddivisi nei tanti “mestieri” sperimentati da Pavese: il Mestiere di vivere, infatti, mette al centro della storia l’uomo e lo scrittore attraverso varie fasi della vita che raccontano le sue diverse sfaccettature.

Ne viene fuori un racconto molto lucido, lineare e pieno di sfumature, forse privo di particolari guizzi creativi ma interessante per la cura dei dettagli e per le lettere dell’autore in cui riscopriamo, lentamente non solo i suoi tormenti, i suoi dubbi esistenziali, le sue inquietudini (che poi sono quelle dell’uomo contemporaneo), ma anche i suoi amori, le amicizie e le collaborazioni di una vita, le passeggiate in quelle langhe che ritornano spesso nei suoi racconti e nelle sue opere.

Un ritratto chiaroscurale dell’autore senza fronzoli, ma sincero ed essenziale.

Si percepisce che la regista, è in qualche modo legata interiormente a Cesare Pavese.

Giovanna Gagliardo, infatti, nata in Piemonte e cresciuta a Torino, racconta di aver “incrociato” il poeta e scrittore durante la sua adolescenza.

Lo ha amato molto, ha imparato a memoria molte delle sue poesie e lo ha riscoperto oggi, ammirando la sua capacità di essere illuminante anche per il mondo contemporaneo.

“Prendi in mano i suoi romanzi, le sue poesie, soprattutto i suoi diari e già dalle prime righe capisci che ti sta parlando del ‘presente'”.

E non a caso recentemente il suo romanzo La bella estate (1940) è stato riadattato per il cinema da Laura Luchetti (nel 2023) in un film omonimo. Pavese è infatti un autore moderno pur essendo “classico”. Forse perché sa parlare a un pubblico contemporaneo e riesce a trasmettere un messaggio trasversale.

L’ambientazione del romanzo nella Torino nell’immediato pre-guerra risulta molto attuale: la bella estate è, infatti, una storia d’amore e di scoperta del desiderio di consapevolezza del proprio corpo, in un momento delicato, quello dell’adolescenza.

Tormento, inquietudine, dubbi esistenziali e voglia di scoperta. Tematiche contemporanee e particolarmente sentite, da Cesare Pavese come dall’uomo contemporaneo.

Ed è forse questa la caratteristica che emerge maggiormente dal racconto sentito che Giovanna Galiardi fa dello scrittore.

In sala dal 13 gennaio 2025 in tour con la regista.


Il mestiere di vivere – Regia e sceneggiatura: Giovanna Gagliardo; fotografia: Roberta Allegrini; montaggio: Emanuelle Cedrangolo; produzione: Luce Cinecittà; origine: Italia, 2024; durata: 90 minuti; distribuzione: Luce Cinecittà.

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