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Il mondo a scatti, il documentario di Cecilia Mangini e Paolo Pisanelli (Evento di pre-apertura delle “Notti Veneziane” delle Giornate degli Autori) è innanzitutto un sorprendente caleidoscopio di riflessioni sull’immagine con e attraverso la figura della prima documentarista donna del cinema italiano, nota al pubblico per Le canta delle marane (1961), Essere donne (1965), All’armi siam fascisti (1961, in coregia con il marito Lino Dal Fra e il critico Lino Miccichè) oppure il più recente Due scatole dimenticate – un viaggio in Vietnam (2020, co-regia di Paolo Pisanelli).
Seppur ultranovantenne, la regista appare fortemente stregata dal mistero che un’immagine è capace di emanare: con una potenza interna quasi inspiegabile, essa afferra l’attenzione delle persone, trasmette il piacere di contemplare, scatena spesso e volentieri la curiosità.
Fin dai tempi del Paleolitico, l’uomo ha d’altronde rappresentato il mondo attraverso le immagini in vari travestimenti: pittura rupestre, pittura su tela, mosaici. Bisogna attendere l’Ottocento per assistere alla creazione della fotografia. Per Cecilia Mangini non ci sono dubbi: senza le Immagini non ci può essere Cinema. Infatti, è proprio l’immagine che tiene attaccato lo spettatore allo schermo. La Fotografia recupera lo spazio, il tempo, le sensazioni, ma anche la memoria. Cecilia avverte l’esigenza di riguardare i suoi film per recuperare ciò che in passato ha voluto trasmettere e ciò che il pubblico continua maggiormente a recepire.
Il docufilm si apre con una foto antica della documentarista, piccina. Cecilia la osserva e dichiara di provare una certa tenerezza al pensiero dei 90 anni di distanza che la separano da essa. Nel corso del docufilm, spiega come è sorta questa sua “malattia”, all’età di circa 20 anni. Sicuramente hanno inciso tantissimo le bellissime foto pubblicate sulle riviste “Tempo” e “Signal”. Proprio mediante un’accurata contemplazione ha esercitato lo sguardo, indispensabile dopotutto per quel gioco che è la creatività, così come l’atto creativo. Non poteva permettersi una Leica, ha così ripiegato su una Zeiss semiprofessionale. È fin da subito la strada, la gente e i loro atteggiamenti così come le espressioni, la sua fonte di ispirazione. E se le donne potevano fotografare in studio, non li era ancora consentito all’aria aperta, per i vicoli della città. Ed ecco che viene presentata una Cecilia insofferente fin da piccola, ai tempi del Regime fascista, al ruolo della donna rilegata al taglio e cucito, al ricamo o alle lezioni di pianoforte. Da ragazza, non poteva fare a meno di fumare per strada e chiedere da accendere ai passanti in macchina, anche se alle signorine perbene tutto ciò non era affatto concesso. Allo stesso modo, ne Il mondo a scatti, appare insofferente anche alla tradizione del velo in un suo viaggio a Tehran; se non fosse stata obbligata, non lo avrebbe assolutamente indossato.
Non manca poi la critica alle immagini fashion patinate delle riviste di moda, con cui si vuole trasmettere la solita figura femminile sempre sensuale, sempre identica. È anche curioso osservarla alle prese con la realtà aumentata, tanto in voga attualmente o mentre scatta una foto col suo cellulare. Non manca, poi, la riflessione sui selfie: il tentativo dell’uomo di affermare la propria esistenza accaparrandosi un pezzetto nel mondo. Verso la parte conclusiva del docufilm, Cecilia appare insoddisfatta del finale (a suo dire) rosselliniano: scrive una mail a Paolo Pisanelli, senza peli sulla lingua.
Gli anni della sua vita sono ripercorsi attraverso le città e le sue fotografie: Roma, Lipari, Firenze, il Vietnam, Puglia. Ed è proprio in Puglia, in occasione della Festa del Cinema del Reale, che la Mangini intavola una discussione con Agnès Varda riguardo alla realtà, al reale, al documentario. Che cos’è il Reale? Qual è, dunque, il compito del documentarista? La Varda le risponde che è quello di restituire la realtà con una riflessione, servendosi del filtro del proprio sguardo, a differenza di quella che viene vomitata incessantemente dalla televisione. Non manca poi il suo ricordo di Pasolini, la cui figura le spicca innanzitutto nella memoria per la sua gentilezza.
Ed ecco che Paolo cattura Cecilia mentre è in sala a guardare una proiezione, in un campo di fiori dai colori sgargianti, mentre contempla dei quadri durante una mostra, mentre guida la macchina coi suoi occhialoni da sole, nei suoi blue jeans, all’opera sotto la luce rossa della camera oscura tra negativi o, ancora, vicino ad uno schermo del pc.
È il suo occhio il vero protagonista, ritratto in innumerevoli particolari. E la vera abilità di Paolo Pisanelli è stata quella di ritrarre una Cecilia ribelle, ma innanzitutto una donna libera dentro e nel suo sguardo. Una donna la cui vita è coincisa con l’amore per le immagini.
Cast & Credits
Il mondo a scatti – Regia e sceneggiatura: Cecilia Mangini, Paolo Pisanelli; fotografia: Paolo Pisanelli; montaggio: Matteo Gherardini; musica: Admir Shkurtaj, Egisto Macchi; interpreti: Claudio Palmisano, Mariangela Barbanente, Agnès Varda, Roberto Perpignani, Babak Karimi, Stéphane Batut; produzione: OfficinaVisioni, Istituto Luce Cinecittà, Rai Cinema, con il sostegno di Istituto Superiore Regionale Etnografico, Fondazione Sardegna Film Commission, ; origine: Italia, 2021; durata: 89′.
