Invelle di Simone Massi

  • Voto

;

Invelle, ovvero “in nessun posto” nella traduzione dal dialetto marchigiano:  fin dal titolo del suo primo lungometraggio d’animazione Simone Massi (dopo una pluripremiata filmografia di cortometraggi) delinea già quello spazio vuoto che il suo tratto grafico crea sullo schermo, una zona franca tra le intersecazioni  del ricordo e dell’immaginazione, della Storia e delle storie, del realismo e della trasfigurazione.

Una rappresentazione fatta di corrispondenze  e risonanze nel corso di un arco temporale che tocca i punti nevralgici della guerra nelle manifestazioni che ne abbiamo patito durante il sanguinoso dipanarsi del secolo breve: i postumi del primo conflitto nel 1918, il climax di bombardamenti e rastrellamenti, e delle conseguenti lotte della resistenza partigiana, antecedente la fine del secondo nel 1943, il mortifero e cementale 1978 degli infuocati anni di piombo (in un certo senso la nostra interna terza guerra , sulla scia lunga delle contraddizioni e delle tensioni lasciate in sospeso dal post fascismo). Eventi che hanno imposto una traccia nella vita di tutti e di ciascuno , e che Massi sceglie di raccontare spogliandoli della carica retorica di un’epica storicista e dall’orizzontale asciuttezza di un valore esclusivamente di testimonianza.

La prospettiva è quella appartenente alla percezione e alla sensorialità soggettive di tre piccole figure e del microcosmo che abitano come proiezioni in anima(zione) di una memoria personale e collettiva e pulsioni di una tensione che , pur nei momenti di privazione e sofferenza a cui sottopone e con cui si impone la guerra, è rivolta alla vita oltreché alla sopravvivenza; la provincia contadina marchigiana (cosi significativa per la poetica del regista, originario di Pergola, in provincia di Pesaro) diventa cosi la scena primaria tra consuetudine e magia dentro la quale Zelinda (1918) diventa Assunta ( 1943) ; e poi, in un’ accezione che ne ribalta il senso e l’orizzonte, entrambe si ritrovano in Icaro (1978) , il volo del quale non possiede l’esaltazione e la tracotanza di quello del protagonista del mito greco, bensì il sentimento vibrante, nella forma di una linea vibrata,  di cercare un altrove sussurrato, al di là degli orrori del passato e della miseria del presente.

La continua sensazione di afferrare qualcosa che è giù successo o che sta per succedere nel movimento di personaggi che sembrano disegnati sopra la carne e le ossa di attori in live action  attiva nello spettatore una partecipazione e un ascolto attivi, la meraviglia di fronte al manifestarsi di molteplici fili in cui si annodano esistenze e presenze. Non è importante , da questo punto di vista, comprendere quale sia il grado parentale che lega Zelinda, Assunta e Icaro. Presumibilmente nonna, madre e figlio, in un susseguirsi generazionale che appare limitante rispetto all’estensione della visione di Massi;  a Zelinda e Assunta viene infatti offerta la capacità di prevedere e di prevedersi ,  e di generare, per il tramite multidimensionale della fantasia e della creatività (che si nutre anche nella ritualità di un gioco e di una filastrocca ), un corto circuito spazio-temporale. Un portale dentro al quale non si cade ma si salta per non soccombere alla condizione di una contingente infelicità.

A sua volta Icaro condivide con loro, oltre allo stato di un’ infanzia violata e privata impressa in quanto immagine che mantiene e protegge la propria innocenza, il filo rosso, come rosso è il foulard intorno al quale si avvolge Zelinda, di un contatto che corregge il destino in bianco e nero di un isolamento e di un’invisibilità. Il porsi dalla parte di una porzione geografica e umana, rispetto ad un racconto che riguarda la mondialità di quell’avvenimento, non significa per Massi il voler tratteggiare una parte per il tutto, il riflettere l’universale nel particolare.

C’è il cercare e il rivelare sulla neutra e malleabile materia di una tavola e di uno schermo cinematografico bianco e materico come un foglio di carta, il caldo, sospirato afflato di un racconto “minore”; e l’amoroso desiderio di restituirgli,  seguendo un trasversale ed evocativo percorso dentro la propria autobiografia ( che, senza la pedanteria del dato o del fatto,  diventa una Heimat in progress  dove chiunque può trovare qualcosa di sé) al quale è data una centralità, una eco in grado di svincolarsi dalla sabbie della prosaicità e diventare poesia.

Non a caso, tra i tanti doppiatori illustri che arricchiscono il tappeto anche sonoro di questa fremente lirica composta di linee non rette e non parallele (tra gli altri ricordiamo Filippo Timi, Toni Servillo, Neri Marcorè e Luigi Lo Cascio) ci sono anche due personaggi come Ascanio Celestini e Mimmo Cuticchio: il primo con il monologo civile e il secondo con il teatro dei pupi siciliani hanno infatti saputo ampliare la portata  della parola e del gesto narrativi fino alla potenza di un lirismo mai ridondante o eccessivo , ma attaccato sempre all’ autenticità e alla trasparenza delle storie.

Anche la punta della matita di Massi, che pare non staccarsi mai da quello che sta disegnando nel momento in cui lo vediamo farsi, disfarsi e farsi altro, resta in contatto con la sua triade di infanti precocemente cresciuti  e ne punteggia le andate e i ritorni, le conquiste e le ferite in macchie di colore che sono la luce di un’ umanità fragile e precaria , sbriciolata ai bordi di una pellicola e ricomposta nel fluttuare del vento.

Perché, come dicevano i contadini in Novecento di Bernardo Bertolucci al sadico fattore fascista Attila Donald Sutherland che li uccideva sotta la pioggia, “Il duce non esiste…il fascismo non esiste…tu non esisti!”. Forse è questo in fondo il sogno di Icaro… andare in nessun posto, dove nulla esiste e tutto è accaduto.

Passato alla Mostra di Venezia 2023 nella Sezioni  “Orizzonti”  (Premio Carlo Lizzani)
In sala dal 29 agosto 2024


Invelle  – Regia: Simone Massi; sceneggiatura: Simone Massi, Anne Paschetta, Alessio Torino, Luca Briasco, Julia Gromskaya, Nello Massi, Assunta Ceccarini; montaggio: Simone Massi, Lola Capote Ortiz, Alberto Girotto; musica: Lorenzo Danesin; storie e disegni: Simone Massi; voci: Marco Baliani, Ascanio Celestini,Mimmo Cuticchio, Luigi Lo Cascio, Neri Marcoré, Giovanna Marini, Achille Massi, Gemma Massi, Toni Servillo, Filippo Timi; produzione: Minimum Fax Media, Rai Kids, Amka Films, Rsi; origine: Italia/Svizzera, 2023; durata: 70 minuti; distribuzione: Lucky Red.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *