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Voto1,5
L’ormai ultradecennale frequentazione della Berlinale ci ha permesso di vedere gli ultimi tre film di Isabel Coixet, la sessantunenne regista catalana, che da Berlino venne lanciata nel 2003 con La mia vita senza di me, film che ottenne anche un premio minore. Nel 2015 il direttore del Festival Dieter Kosslick le affidò addirittura il compito significativo di aprire quell’edizione con il modesto Nadie quiere la noche /Nobody Wants the Night (https://www.closeup-archivio.it/nobody-wants-the-night), con protagonista Juliette Binoche, film (giustamente) mai arrivato nel nostro paese. Sono invece usciti in Italia i mediocri The Bookshop, (La casa dei libri), film tratto dall’omonimo romanzo di Penelope Fitzgerald con protagonisti Emily Mortimer e Bill Nighy e – seppur soltanto via Netflix – Elisa e Marcela, anch’essi presentati a Berlino, quest’ultimo in concorso nel 2019 (https://www.closeup-archivio.it/elisa-y-marcela-concorso)
Tutto questo per dire che la recente produzione della Coixet non ci entusiasma per nulla. Si tratta in larga parte di film troppo lunghi, melensi, con una colonna sonora ingombrante, scritti malino ma girati con mestiere. Insomma un talento, come talora accade, che non ha mantenuto le promesse. E occorre dire che il film presentato al Torino Film Festival, una coproduzione anglo-spagnola dal titolo inglese It Snows in Benidorm ovvero Nevica a Benidorm conferma la parabola discendente della regista, al punto che, pur essendo pronto già dal 2020, nessun festival internazionale, con l’eccezione di quello francese di La Roche-sur-Yon lo ha ospitato, e il film – per noi molto mediocre – ha avuto una esclusiva circolazione in Spagna, potendo altresì godere dell’avallo economico dei fratelli Almodóvar e della loro casa di produzione El Deseo. E malgrado il fatto che possa avvalersi – ed è forse l’unica cosa che un minimo lo salva – dell’interpretazione come al solito eccellente di Timothy Spall, a oggi, non risulta uscito nemmeno in Inghilterra, al netto di tutti i problemi legati al Covid. In termini di incassi ha ripreso sul momento 1/10 di quel che è costato.
La trama è presto raccontata: Peter è un uomo solo, un bancario misericordioso e in quanto tale fuori luogo (non sopporta che le banche diano soldi a chi non ne ha bisogno e li neghino a chi invece non può farne a meno), al punto che il suo capo lo obbliga ad andare in pre-pensionamento. Decide allora di andare a trovare il fratello che da anni vive a Benidorm sulla Costa Blanca, non distante da Alicante. Per chi non lo sapesse (chi scrive, ad esempio, prima di vedere questo film, non lo sapeva) Benidorm è una città turistica sul mare, quello che si chiamerebbe un divertimentificio, che vanta un numero impressionante di grattacieli, diciamo che al termine del film, malgrado Isabel Coixet faccia di tutto per auratizzare il luogo, di voglia di visitare Benidorm non è che ne venga tantissima. Vabbè. Insomma Peter va a Benidorm a trovare il fratello Daniel, ma del fratello si sono perse le tracce. Peter si aggira allora per i circa cento minuti restanti fra vari personaggi che lo hanno conosciuto fra cui spicca una donna, Alex, interpretata da Sarita Choudhury, di cui con tutta evidenza si innamora, ma non essendo né un tipo particolarmente avvenente, né un uomo particolarmente intraprendente, questa relazione non decolla mai. Oltre a lei: la poliziotta a cui va a denunciare la scomparsa del fratello, una cameriera del residence dove alloggia che si aggira inquietante e in preda a un marcato misticismo (interpretata da quella Ana Torrent che impersonava la bambina nell’indimenticato Cria cuervos di Carlos Saura, correva l’anno 1976), un macellaio dall’aria sordida – e come, fantasma, Sylvia Plath che a Benidorm aveva nel 1956 trascorso qualche tempo (elemento che dovrebbe rendere ancora più interessante la città).
Sul perché Daniel abbia fatto perdere le tracce si avanzano varie ipotesi, ma non si perviene ad alcuna certezza. E così l’irresoluto e vagamente depresso Peter (che a un certo punto finisce addirittura per mettere a dura prova le doti attoriali del pur bravissimo Timothy Spall che non sa proprio più come differenziare una figura, in fondo, sempre uguale a se stessa) si aggira senz’arte né parte per vari ambienti senza mai venire a capo di nulla. La regista prova a conferire una qualche coerenza drammaturgica suddividendo il film in capitoli (in lingua spagnola) presi dal lessico della meteorologia, hobby di cui Peter si diletta, ma pare tutto clamorosamente casuale e privo di senso, come in fondo – in tale contesto – appare privo di senso anche il titolo, che vorrebbe evocare, senza riuscirci, un orizzonte utopico, visto che la neve a Benidorm si configura come un evento totalmente non plausibile.
Cast & Credits
It Snows in Benidorm; regia e sceneggiatura: Isabel Coixet; fotografia: Jennifer Cox, Jean-Claude Larrieu, montaggio: Jordi Azategui; interpreti: Timothy Spall (Peter), Sarita Choudhury (Alex), Ana Torrent (Lucy), Carmen Machi (Marta); produzione: El Deseo; origine: Spagna-Inghilterra 2020; durata: 117′.
