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Voto
È un viaggio complesso e stratificato, questo lavoro di Davide Ferrario, su Italo Calvino, di natura ibrida, mescola filmati di repertorio, scene che coinvolgono attori, rimandi e suggestioni. La vita di Calvino, illustrata attraverso i suoi testi e le sue riflessioni, viene dispiegata ed espressa da quattro attori, tre uomini (Filippo Scotti, Alessio Vassallo e Valerio Mastandrea) che lo rappresentano nelle varie fasi della sua vita, ed una donna (Violante Placido), che racchiude e custodisce l’universo delle Città Invisibili.
La poetica di Calvino si distingue per l’intreccio di elementi chiave che permettono di seguirne il percorso creativo. Un aspetto rilevante è il gioco tra elementi stabili e trasformazioni, in cui convivono da un lato una spinta nostalgica verso le origini e dall’altro l’esigenza di rinnovare le forme narrative, tornando in modo circolare – come in una spirale – su temi, luoghi e momenti ricorrenti. Il film tende a riproporre questa inclinazione parlando delle città, reali ed immaginarie, che Italo Calvino ha abitato, ed incanalando le sue parole attraverso dimensioni temporali del giovane, adulto, anziano, ed immaginario Calvino.
Violante Placido, incaricata di rappresentare la parte più evocativa, quella tutta incentrata sull’opera Le Città Invisibili, le descrive ed al contempo esplora lo spazio, vagando in luoghi che rievocano ciò che le parole illustrano.
Esperimento ambizioso quindi, non definibile come documentario, piuttosto un’indagine sensoriale di un autore e delle orme che ha impresso nell’immaginario collettivo.

Sin dai primi minuti si nota, con una certa perplessità, che, a nostro avviso, queste iterazioni di Calvino ben poco hanno a che fare con l’essenza della sua opera. Gli attori vengono posti davanti ad un’impresa impossibile: declamare, rivolti al nulla, In una sorta di monologo teatrale, passaggi e riflessioni dell’autore. Le voci impostate, la solennità artefatta dell’eloquio, dalla quale nessuno scampa se non il buon Mastandrea, che riesce in qualche modo a trovare una chiave interpretativa meno leziosa, distraggono e disturbano lo spettatore. La gestualità, il movimento dell’attore nello spazio, tutto si svolge all’interno di un congegno dalla meccanica artificiosa che stride continuamente e non approda ai risultati che probabilmente erano stati ipotizzati in fase di scrittura. Anche se la confezione risulta notevole e certi momenti anche visivamente potenti, a nulla servono le immagini suggestive, gli intermezzi musicali di Raphael Gualazzi (che reinterpreta Ora mi alzo, il brano scritto da Berio e Calvino), quando vengono accompagnati da inquadrature di attori che scrutano orizzonti in pose poco convincenti, producendosi in gestualità nelle quali l’ironia, la leggerezza e la freschezza di Calvino sono completamente perdute. Il risultato finale manca il bersaglio e pone questo lavoro sicuramente lontano da quelli più riusciti di Davide Ferrario, che sappiamo capace di notevole eclettismo, nella vita e nelle opere: Tutti giù per terra, (1997), Dopo Mezzanotte, (2004), Nuovo Cinema Paralitico, (2020).
Assieme a Ferrario ritroviamo una vecchia conoscenza, il docente Marco Belpoliti, che ha già collaborato precedentemente con lui, sempre in fase di scrittura, nella realizzazione del documentario del 2005 La strada di Levi.
Lucida e vivace la fotografia (Andrea Zambelli, Andrea Zanoli), che riesce ad amalgamarsi bene con i filmati d’archivio; un pochino invadenti le musiche (Yakamoto Kotzuga), che risultano comunque piuttosto adeguate.
In sala dal 28 ottobre 2024.
Italo Calvino nelle città – Regia: Davide Ferrario; Sceneggiatura: Marco Belpoliti, Davide Ferrario; Fotografia: Andrea Zambelli, Andrea Zanoli; Montaggio: Cristina Sardo; Musiche: Yakamoto Kotzuga; Interpreti: Filippo Scotti, Alessio Vassallo, Valerio Mastandrea, Violante Placido; Produzione: Anele, Rai Cinema, Luce Cinecittà, RS Productions; distribuzione: RS Productions in collaborazione con Mirari Vos.
