La ragazza del coro di Urška Djukić

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Presentato alla scorsa 75° Berlinale e vincitore del premio Fipresci, La ragazza del coro arriva ora nelle sale dei cinema italiani. Ed è sempre un piacere quando un piccolo film low budget, di coproduzione anche italiana, riesce a trovare una coraggiosa casa di distribuzione, in questo caso la Tucker Film, che lo distribuisca al pubblico. Tanto più se si tratta dell’opera di esordio di una giovane autrice, fino ad ora regista di cortometraggi di animazione, la slovena originaria di Lubiana Urška Djukić. Ma per quanto in quest’ultimo lavoro Djukić si avvalga di una diversa forma espressiva rimane la vivace attenzione per un tema alquanto complesso come quello della sessualità femminile nelle sue molteplici forme, anche qui come nei film di animazione, esplorato ed arricchito da una punta di sbarazzina ironia. 

L’immagine di partenza, tratta da un libro di preghiere del 1400 della duchessa Juta di Lussemburgo, che rappresenta una ferita sul corpo di Cristo è l’input, insieme ai primi piani di una bocca rossa e altre parti del corpo, per questo Coming of Age. Che poi l’antica miniatura, vista così, in dimensioni da grande schermo, assomigli più ad una gigantesca vulva che non ad una ferita, preannuncia da sé l’ambiguità ricercata dalla regista nel corso del film. Allo stesso modo anche il sonoro: vocalizzi ed esercizi di respirazione che, se servono a scaldare la voce, e introducono, con un certo anticipo, il coro scolastico femminile che appare di lì a poco, potrebbero benissimo accompagnare ben altre, molto meno innocenti situazioni.

Lucia (Jara Sofija Ostan) è un’adolescente timida, che si è da poco unita al gruppo di ragazze del coro della scuola, e che, per la strana legge di attrazione degli opposti, rimane inevitabilmente attratta da Ana Maria (Mina Švajger) una compagna di coro che è il suo esatto contrario. Tanto il corpo di Lucia è gracile e immaturo, ancora di bambina, tanto quello di Ana-Maria, sia per carattere che nel fisico, è già quello di una donna. Inoltre, Lucia viene da una famiglia molto pudica e conservatrice, dove il solo vedere scene di sesso in televisione procura alla madre motivo di imbarazzo, tanto da farle cambiare canale. Una gita scolastica di tre giorni nella città italiana di Cividale, dove sono ospitate da alcune suore Orsoline, è occasione per il gruppo di ragazze non solo di divertirsi ma anche di creare intimità fra loro. Solo che Lucia, con il suo comportamento ancora immaturo, provoca spesso l’ironia e la sorpresa delle altre. Ana-Maria invece si diverte, un po’ per sfida, un po’ per stuzzicarla, sia con il suo corpo, sia sfidando per gioco gli operai che lavorano nel cantiere del chiostro del convento che le ospita, a provocarla.

L’ambientazione scelta per questo primo lungometraggio è quella monacale, appunto, di un convento: il luogo solitamente associato alla figura della suora, per eccellenza la donna asessuata e pura, estranea al mondo e alle sue tentazioni. Questa astratta e inverosimile idea di purezza si concretizza nel film in una bianchissima e ben levigata statua della Madonna. Solo che Urška Djukić riempie questo spazio dedito al culto della spiritualità, non di un astratto credo, ma della fisicità, delle voci e delle risatine, di giovani donne nel fiore dello sbocciare della maturità sessuale ed evidentemente cariche di energia ormonale. In questo ambiente è praticamente impossibile, per una ragazzina cresciuta come Lucia, non provare un senso di colpa o di vergogna per il suo corpo esposto agli sguardi delle altri, sia coetanee che uomini maturi. Infatti, in questo luogo chiuso com’è il chiostro del convento, la regista si diverte ad inserire pure una decina di operai che fin da subito attirano l’attenzione delle ragazzine. Ne nascono strane dinamiche di gruppo e Lucia vuole provare a sé stessa e soprattutto ad Ana-Maria, che anche lei non è più la bambina che sembra, ma sa stare al gioco adulto.

La canzone Little Trouble Girl della band musicale dei Sonic Youth è servita da fonte d’ispirazione non solo per il titolo internazionale, ma anche per definire l’incertezza del carattere ancora poco formato della protagonista. Ambiguità che non è stata colta da chi ha scelto il titolo un poco piatto La ragazza del coro per la distribuzione italiana. Nonostante le inquadrature rimangano sempre ravvicinate, attente ai particolari, e seguano le ragazze molto da vicino, qualche scorcio pittoresco di Cividale e del Ponte del Diavolo, con le chiare acque del fiume Natisone che scorrono ai suoi piedi, si riesce a intravedere e va ad arricchire questa piccola perla  visiva.

Un film d’esordio che lascia ben promettere per la sua raffinatezza iconografica e per la speciale cura e sensibilità con la quale sono state trattate le dinamiche erotiche a due e di gruppo.


La ragazza del coro (Kaj ti je deklica)Regia: Urška Djukić; sceneggiatura: Urška Djukić, Maria Bohr; fotografia: Lev Predan Kowarski; montaggio: Vlado Gojun; musiche: Julij Zornik ; scenografia: Vasja Kokelj; interpreti: Jara Sofija Ostan, Mina Švajger, Saša Tabaković, Nataša Burger, Staša Popović, Mateja Strle, Saša Pavček, Irena Tomažin Zagoričnik, Damjan Trbovc, Matia Cason; produzione: SPOK Films, Staragara It, 365 Films, Non-Aligned Films, Nosorogi, OINK; origine: Slovenia, Italia, Croazia, Serbia, 2025; durata: 89 minuti; distribuzione: Tucker Film.

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