Kneecap di Rich Peppiatt


La traduzione letterale è “rotula”, ma, apprendiamo dalla pagina Wikipedia dedicata al gruppo, che Kneecap è un gioco di parole che fa riferimento alla pratica della gambizzazione ma anche, in gergo parlato, a un’espressione traducibile in: “non la penso così”. Una dichiarazione di intenti già dal nome, un atto provocatorio, di ribellione, politico, che la pellicola diretta dall’inglese Rich Peppiatt prova a conservare, in quello che è un biopic anomalo, poiché, per stessa ammissione del regista, soggetto del film è una band che ancora non si è affermata nel panorama musicale globale.

Amici sin dalla più tenera età,  Naoise ( Naoise Ó Cairealláin, aka Móglaí Bap)  e Liam  (Liam Óg Ó Hannaidh, aka Mo Chara ), vivono a Belfast la loro esistenza di piccoli spacciatori e consumatori di sostanze stupefacenti, senza grandi ambizioni. Per loro stessa ammissione, fanno parte della “generazione del cessate il fuoco”, ma non per questo possono dirsi al riparo dal “trauma intergenerazionale” che, sorta di cicatrice ancora aperta, accomuna tutta la società nordirlandese. E non sarebbe potuto essere altrimenti, poiché entrambi i ragazzi hanno respirato l’aria di contrapposizione e conflitto che ha insanguinato le strade dell’Irlanda del nord sino a tempi relativamente recenti. Cresciuti in un ambiente orgogliosamente cattolico (con tanto di ritratti di San Pio da Pietrelcina in soggiorno), hanno entrambi imparato la lingua irlandese dalle proprie famiglie e in particolare da Arlo (Michael Fassbender), padre di Liam, che pare abbia avuto un ruolo attivo all’interno dell’IRA., almeno fino alla sua scomparsa. A unire i due ragazzi al terzo membro del futuro gruppo Rap, sarà però il caso. Chiamato nella centrale di polizia a fare da interprete culturale a un recalcitrante Naoise, JJ Ó Dochartaigh (aka Dj Próvai) è un insegnante di lingua irlandese in un istituto di Belfast. Affascinato dai testi in gaelico degli aspiranti rapper, decide di unirsi a loro intuendo il potenziale deflagrante di un gruppo Rap in lingua irlandese. La scalata al successo dei tre, sarà, ovviamente, tutt’altro che semplice.

A dispetto di un budget molto esiguo, Knecaap ha ottenuto consensi unanimi da pubblico e critica: oltre a essere stato premiato al Sundance Film Festival nel 2024, ha ricevuto sei nomination ai BAFTA del 2025 ed è stato selezionato per la categoria Miglior film in lingua straniera agli Academy Awards del 2025.

A ben guardare, tuttavia, le ragioni di tale positivo riscontro non possono essere attribuite unicamente alla scaltrezza (in parte presente) del regista e di un’operazione cinematografica che pare progettata a tavolino per diventare un film generazionale e di culto. D’altro canto, se è vero che lo stesso Peppiatt ha dichiarato che le sue fonti di ispirazione sono rintracciabili in Trainspotting e L’Odio, affermare che  questa operazione funziona solo in ragione di una intenzione quasi algoritmica, sarebbe tuttavia ingeneroso.

Il Biopic musicale è oggetto difficile da maneggiare – vedi, alla voce “ex giovane speranza”, Bryan Singer – e riuscire a trovare nuovi modi di raccontare l’ascesa e le (molte) cadute di una star non è certo impresa scontata (ne abbiamo già scritto per Better Man, uscito sempre nel 2024).

Kneecap può vantare, a suo favore, un paio di intuizioni interessanti. La prima è quella di far interpretare ai tre rapper le loro stesse parti, con la partecipazione di rilievo della star Fassbender. La seconda, certamente più importante e coerente con gli intenti e il percorso “politico” della band, è quella di utilizzare la lingua irlandese per buona parte della pellicola.

Il risultato è un film sghembo, ironico, sfacciatamente e volutamente volgare e provocatorio, debitore del cinema di Guy Ritchie, che circoscrive il proprio raggio d’azione tra una premessa fuorviante e disimpegnata (che recita, più o meno, così: “questa non è la solita storia su Irlanda del Nord  e IRA”) e la sua conclusione di segno opposto (“ Nel mondo, ogni quaranta giorni, una lingua indigena muore”).

E in questa origin story, almeno per chi scrive, è proprio quest’ultima la parte che risulta più d’interesse: quella che attiene ai diritti negati alle minoranze, a una questione identitaria non riconosciuta, alla censura, alla mancanza di prospettive delle giovani generazioni (ribelli per definizione, ma non necessariamente riassumibili nel connubio disimpegno/uso di droghe).

Questioni sulle quali il film, in qualche modo, sollecita le nostre riflessioni, per non far si che divengano solo appannaggio di propaganda politica a fini elettorali.

In sala dal 28 agosto 2025.


Kneecap  – Regia e sceneggiatura: Rich Peppiatt; fotografia: Ryan Kernaghan; montaggio: Chris Gill, Julian Ulrichs; musica: Michael “Mikey J” Asante;  interpreti: Naoise Ó Cairealláin, Liam Óg Ó hAnnaidh, JJ Ó Dochartaigh, Michael Fassbender, Josie Walker, Fionnuala Flaherty, Jessica Reynolds, Adam Best, Simone Kirby; produzione: Jack Tarling, Trevor Birney; origine: Irlanda/Gb, 2024; durata: 105 minuti; distribuzione: Europictures.

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