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Voto
Opera prima del romano Mattia Riccio, La figlia del bosco è un horror ambientalista dove troviamo il protagonista Bruno (Davide Lo Coco) che, al termine di una battuta di caccia in un bosco sconosciuto, perde l’orientamento, incapace di ritrovare la via del ritorno. Con il calare della notte, un canto inquietante di una donna lo attira verso una casa nascosta tra gli alberi, dando inizio a un incubo senza scampo.
È quanto si può iniziare a dire, almeno a proposito della trama, di un, comunque, lodevole film un po’ amatoriale, di cui proveremo a evidenziare le qualità, consapevoli del fatto che, in prodotti cinematografici del genere, esse risiedono più nelle intenzioni e in alcune idee di base piuttosto che nei risultati fattuali della messa in scena. Fin dall’inizio le riprese aeree del bosco e quelle al suo interno sono suggestive, e sarebbero cariche di una atmosfera misteriosa, se non restassero ad indugiare troppo su sé stesse, se, cioè, fossero subito funzionali al racconto, donassero ritmo e azione, suspense e orrore, alla vicenda di Bruno. Che, altrimenti, rischia di essere ripetitiva e non angosciante, come, si pensa, sarebbe auspicabile. L’uso della luce naturale in esterni è ottimo, quello della luce artificiale in interni è meno buono ma comprensibile per una produzione a dir poco indipendente, con un budget molto ridotto, e, a quanto sembra, con una troupe molto giovane. Una idea del film più fantasy che horror, in cui la natura inganna gli uomini che non la rispettano, li disorienta e li rende innocui, contro la loro volontà di potenza. I tre personaggi protagonisti finiranno, infatti, letteralmente, ammutoliti di fronte alla bellezza e all’oscurità di cui è capace la natura. Ma i loro precedenti dialoghi, in effetti, lo lascerebbero sperare, perché sarebbe stato meglio che restassero muti. Sono, i dialoghi, infatti, troppo letterari, troppo artificialmente costruiti – un difetto e un eccesso ingenuo di scrittura, che può, anzi deve essere superato.
La figlia del bosco rimane, a nostro avviso, e con tutta la necessaria umiltà di chi scrive di cinema ma non lo realizza nella pratica, un tentativo non proprio riuscito, ma con alcune caratteristiche tali che ne fanno un prodotto di un gruppo interessante da seguire. Possibile che il ritmo sia dato solamente da un montaggio serrato o, al contrario, cadenzato? No, non è possibile, il ritmo è dato, invece, da un montaggio sapiente, frutto di tecnica e di talento, che legittimi una inquadratura dopo l’altra. La misteriosa successione di immagini, che costituisce il “sale” del cinema, dovrebbe essere onesta, vera, rigorosa, e dovrebbe dare ritmo secondo quello che un artista vuole trasmettere. Ecco allora che un bosco bellissimo come quello, qui, così ben fotografato, deve diventare un personaggio e non rimanere, solo, uno scenario naturale degli eventi. Così la musica deve intrecciarsi letteralmente alle scene e ai personaggi, e non restare un basso continuo, se pur suggestivo, che alla fine risulta neutro.
Dunque coraggio, intraprendenza, va bene, ma la prossima volta bisognerà partire da queste evidenti qualità per un futuro lavoro più pensato e più compiuto.
Su Amazon Prime Video e Tim Vision dal 7 aprile.
La figlia del bosco – Regia e sceneggiatura: Mattia Riccio; fotografia: Santiago Serratos; montaggio: Gioele Giovannetti; musica: Francesco Fortunato; scenografia: David Natale; interpreti: Davide Lo Coco, Giorgia Palmucci, Giulia Malavasi, Angela Potenzano; produzione: Vinians Production; origine: Italia, 2025; durata: 80 minuti.
