L’Eternauta di Bruno Stagnaro

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Era solo questione di tempo prima che la più importante historietas (termine argentino utilizzato per indicare i fumetti) venisse trasposta in un film o in una serie televisiva. Un progetto ambizioso e difficile da attuare, che, a giudicare dai rimandi subiti prima della sua uscita sulla piattaforma streaming di Netflix e le sole sei puntate prodotte, è stato probabilmente ritenuto un rischio.

E’ il settembre del 1957, quando sulle pagine di Hora Cero Semanal, edita dalla neonata Editorial Frontera, appare per la prima volta L’Eternauta, titolo suggestivo già a partire dal nome. A scriverne le storie è Héctor Germán Oesterheld, immigrato tedesco di seconda generazione, che, assieme al fratello Jorge, in quello stesso 1957, fonda la casa editrice. Ad affiancarlo ai disegni è Francisco Solano López, altro nume tutelare dell’historietas. Anche oggi, la scrittura drammatica di Oesterheld non è affatto invecchiata, ed è in grado di emozionare il lettore così come il tratto essenziale di Solano Lopez, tutto giocato sui chiaroscuri, sull’alternanza dei bianchi e dei neri. La combinazione delle due cose, costituisce il primo, ma non unico, motivo che ha reso quest’opera un classico intramontabile della letteratura a fumetti. Il secondo, di motivo, è strettamente legato alla vicenda personale del suo autore: a vent’anni dalla sua prima pubblicazione, più precisamente il 21 aprile del 1977, Oesterheld entra a far parte, suo malgrado, della numerosissima schiera dei desaparecidos creati dalla giunta militare guidata dal generale Jorge Rafael Videla, che, l’anno prima, aveva messo in atto un colpo di stato, instaurando la dittatura in Argentina. Da allora, la vicenda umana del protagonista Juan Salvo, impegnato a sopravvivere a un’invasione aliena, si è fatta carico di significati che vanno ben oltre la sua mera collocazione nella tradizione letteraria fantascientifica, con l’ovvio rimando a La guerra dei mondi di H.G. Welles. Col senno di poi, a torto o a ragione, le vicissitudini di Salvo, Favalli e gli altri protagonisti della storia, sarebbe diventata una visione profetica di quanto accaduto alla nazione Argentina due decadi dopo.

Riuniti per la consueta partita settimanale a carte, Alfredo Favalli (Cesar Troncoso), Juan Salvo (Ricardo Darin), Polski (Claudio Martínez Bel) e Lucas (Marcelo Subiotto), assieme a Omar (Ariel Staltari), cognato mal sopportato di Polski, ignorano, come ovvio, che il mondo, di lì a qualche minuto, cambierà per sempre. E’ l’improvvisa mancanza di energia elettrica il primo, sinistro e sottovalutato, segnale di questo cambiamento. La temperatura all’esterno della casa cala improvvisamente mentre, fuori dalla finestra, sebbene ci si trovi in piena estate, inizia a scorgersi con chiarezza il lento cadere di fiocchi di neve dall’aspetto insolito. Bastano pochi secondi alle sei persone asserragliate in casa – con loro c’è anche Ana (Andrea Pietra), moglie di Favalli – per rendersi conto che sotto il tocco delicato di quei fiocchi di neve, sono a decine le persone che, per strada, cadono morte a terra. Le vie di Buenos Aires rapidamente si trasformano in desolati cimiteri ricoperti dalla misteriosa coltre bianca, sulla cui provenienza nessuno pare avere una spiegazione esaustiva. Con gli apparecchi elettronici andati irrimediabilmente fuori uso, la città, forse l’intero pianeta, potrebbe essere precipitata in una nuova età della pietra. In questo scenario, che molto somiglia a quello di un inverno atomico post esplosione nucleare, si prefigurano tempi difficili per gli occupanti della casa, tra dilemmi morali, egoismi, diffidenze reciproche e decisioni di natura molto più pragmatica da prendere: cosa fare quando acqua e viveri saranno terminati? Come fare a uscire di casa per avere notizie in merito alla sorte dei propri cari, senza essere mortalmente contaminati dalla nevicata?

La forza della saga de L’Eternauta, che la serie televisiva conserva intatta, è quella di presentarsi a noi lettori e spettatori come luogo della cultura popolare e di una coscienza collettiva. Un luogo quasi fisico, come Plaza de Mayo a Buones Aires, più volte nominata dai protagonisti della serie, che è stata testimone di avvenimenti epocali per la storia della Nazione, che vanno dal suo bombardamento durante il primo tentativo di golpe nel 1955, ai raduni delle madri dei desaparecidos, dalle manifestazioni in sostegno della guerra delle Falkland (alla quale Salvo ha preso parte), al suo apparire desolata e vuota nei mesi caldi della pandemia da Covid-19 (tra i motivi che hanno rallentato la realizzazione della serie TV).

E probabilmente proprio dal senso di isolamento e impotenza in era Covid che muovono gli autori per aggiornare la vicenda ai nostri giorni. Se il racconto fumettistico è un lungo flashback in cui Juan Salvo racconta allo stesso Oesterheld quanto capitato al mondo e alla sua famiglia, in forma di resoconto in prima persona, nella serie televisiva ideata e diretta da Bruno Stagnaro la vicenda si fa più corale. La tragedia è un fatto collettivo, che conserva intatto il nocciolo centrale del prevenduto fumettistico: messi di fronte alla fine della civiltà, accerchiati da un’umanità che appare tanto aliena e minacciosa quanto lo sono gli scarafaggi giganti che hanno invaso le strade della Capitale, i protagonisti non lottano “soltanto” per la propria sopravvivenza ma anche, forse soprattutto, per conservare la propria umanità, la propria libertà e per proteggere gli affetti familiari. E questo proposito viene attuato meglio quando, abbandonata l’iniziale diffidenza e l’idea di isolamento all’interno della propria abitazione, le persone iniziano a capire che è nella mutua assistenza, nella condivisione di conoscenza  e risorse, la vera chiave di volta. Pur se chiusi ciascuno dentro il proprio guscio di plastica, evitando il contatto epidermico con un ambiente esterno nocivo alla vita, paradossalmente, per molti di essi, si acuisce l’apertura verso l’altro, la capacità di provare sulla propria pelle (appunto) il medesimo senso di precarietà.  E’ su questa dicotomia che vede contrapposte un claustrofobico e opprimente senso di isolamento, di figure umane compartimentate (la prima camminata nella neve di Juan Salvo rende benissimo l’idea) e l’apertura all’altro, che si gioca l’intera vicenda.

“In assenza delle autorità e della polizia, tra i pochissimi sopravvissuti si sarebbe instaurata molto velocemente la legge della giungla”, troviamo scritto nel fumetto; ben prima dell’avvento di The Walking Dead o di The Last of Us, Oesterheld e Solano Lopez, avevano tracciato un solco nella storia della narrativa post apocalittica.

E’ da questo solco che Stagnaro riparte. Pur nella brevità di sole sei puntate, che, di fatto, si limitano a trasporre la prima parte della lunga narrazione a fumetti, la serie televisiva ne conserva per intero il forte impatto emotivo e il senso di claustrofobico accerchiamento. Un luogo atemporale, come scrivevamo sopra, in cui si riassume in modo universale la parabola di un’umanità posta sotto scacco da forze soverchianti, che però è ancora capace di lottare per non perdere se stessa.

Su Netflix dal 30 aprile 2025.


L’eternauta (El Eternauta) – Regia: Bruno Stagnaro;  sceneggiatura: Bruno Stagnaro e Ariel Staltari dal fumetto omonimo di Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López; fotografia: Gastón Girod; montaggio: Alejandro Brodersohn, Alejandro Parysow; musica: Federico Jusid; interpreti: Ricardo Darín, Carla Peterson, César Troncoso, Andrea Pietra, Ariel Staltari, Marcelo Subiotto, Mora Fisz, Claudio Martínez Bel, Orianna Cárdenas; produzione: Diego Copello, Leticia Cristi, Matías Mosteirín, Hugo Sigman per Netflix; origine: Argentina, 2025; durata: sei episodi di 44-68 minuti; distribuzione: Netflix.

 

 

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