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Voto
Leonardo Lidi rilegge e “stravolge” Lo Zoo di vetro restituendo perfettamente la drammaticità, l’intensità, la tenerezza amara e la poesia di Tennesse Williams. Quello del testo di Williams che Lidi interpreta e rilegge con grande sensibilità, è un microcosmo di perdenti, di emarginati: Tom (Tindaro Granata), un Pierrot dolcissimo e addolorato, è arrendevole, malinconico, incapace di opporsi alla madre con autorevolezza, sfuggente ed evasivo, capace di nascondersi e di difendersi solo nelle sue fughe al cinematografo; Amanda (Mariangela Granelli) è una mamma-clown troppo protettiva e chiusa nella malinconia del ricordo e nella falsa convinzione di poter garantire ai figli – forse un giorno – un futuro sereno; Anahì Traversi è una Laura dolcissima, che trasmette la sua delicata sofferenza con gesti muti e silenziose lacrime di sofferenza.
L’azione – o meglio la non azione, perché si tratta di personaggi immobilizzati nel passato e chiusi al mondo esterno, si svolge all’interno di casa Wingfield, un luogo più simbolico che reale dove sono racchiusi, con sofferente malinconia, i ricordi di un tempo, forse felice.
Fuori da quello spazio di finzione esiste il nulla (anche sul palcoscenico): il mondo esterno, non può e non sa entrare, perché la vita familiare è stretta in quello spazio ed è tenuta insieme dai ruoli fittizi che il destino – beffardo – ha assegnato a ciascuno di loro. Laura in particolare è una ragazza mai cresciuta, l’ eterna bambina che continua a “cullare” con il silenzio sogni e desideri di un passato mai realizzati.
I ruoli sono destinati a ripetersi: gli uomini di quel mondo sono evasivi ed eternamente in fuga (il padre e Tom), le donne sono invece incatenate in quella situazione, impossibilitate a scappare e costrette a farsi carico di uno spazio enorme da riempire, vuoto, proprio come le vane speranze che sognano nelle loro giornate tutte uguali.
E giorno dopo giorno Amanda, Tom e Laura, sembrano ricominciare a rincorrersi nella “ricostruzione “di quella amara finzione: tre pagliacci (i costumi sono di Aurora Diamanti) che seguitano a interpretare ruoli troppo stretti per non scoppiare, pieni di una sofferenza troppo piena per non esplodere.
Risate, lacrime trattenute e tanta sofferenza accennata, espressa ma mai gridata e portata all’esasperazione: il mondo dei Wingfield si gioca sul difficile equilibrio di pause, sguardi, sussurri e sorrisi forzati.
E quel fragile equilibrio, infatti, tenuto in piedi a fatica, si rompe quando Jim, amico di Tom, (Lorenzo Bartoli) varca la soglia della loro intimità e tanta la difficile impresa di stabilire una sorta di rapporto con Laura( che ha conosciuto ai tempi del liceo).
Jim è incuriosito e forse affascinato dal complicato mondo di Laura ma non ha il coraggio di costruire e di osare, e dopo un approccio fisico violento e impetuoso, fugge a gambe levate, lasciando per sempre quel mondo di sogni infranti, destinato a rimanere intatto e mai conosciuto.
Anche Tom, sospeso tra l’affetto per la sorella e il sogno di una vita migliore, abbandona quel triste destino ma sarà sempre tormentato dal ricordo di Laura e dei sensi di colpa ossessivi che non gli daranno tregua: fisicamente lontano ma divorato dal fantasma di Laura e della sua vecchia vita.
Lidi, grazie a un lavoro di adattamento e di regia molto sensibile, distrugge e al tempo stesso ricostruisce casa Wingfield lavorando sulle pause, sulle sospensioni, sulla sofferenza tenuta dentro con grande fatica e poi “esplosa” e ci restituisce il difficile e precario equilibrio di quel mondo di perdenti, destinati a ruoli fissi per un tempo indefinito.
Tre pagliacci truccati e coperti di cerone sofferenti nello sguardo e mai allegri e sereni nello spirito.
Una versione della celebre pièce di Tennesse Williams che sa regalarci tenerezza e drammaticità e a tratti sa commuoverci con delicatezza.
(Foto di scena in copertina Masiar Pasquali)
In scena Al Teatro Vascello di Roma fino al 27 febbraio
Lo zoo di vetro – adattamento e regia: Leonardo Lidi ; scene: Nicolas Bovey; costumi: Aurora Diamanti; interpreti: Lorenzo Bartoli, Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Anahì Traversi.
