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Voto
Maria Montessori è un personaggio fondamentale nella letteratura pedagogica di tutto il mondo e il fatto che abbia iniziato il suo percorso professionale dall’Italia dovrebbe far comprendere che sia meritevole di attenzione, soprattutto se per omaggiarla si creano dei prodotti cinematografici di livello.
È ciò che è accaduto grazie alla regia di Léa Todorov, figlia di uno degli intellettuali più importanti del mondo(Tzvetan Todorov, 1939 – 2017, celebre saggista bulgaro-francese), che ha deciso di non concentrare la narrazione solo sulla figura della protagonista, ma ha ampliato il racconto, rendendolo molto accattivante e moderno, attraverso la storia della cortigiana Lili d’Alegny (Leïla Bekhti).
Il film inizia narrando le “gesta” di una donna conturbante, ribelle e che soprattutto desta su di sè l’attenzione di una città progressista come Parigi nei primi anni del Novecento; questa sua vita sfavillante tra un cafè chantant e l’altro, viene interrotta dalla presenza forzata della figlia Tina, da se sempre tenuta nascosta a causa della sua disabilità mentale ai tempi ritenuta un elemento di cui vergognarsi.
Lili decide così di fuggire a Roma e consultare lì un istituto, che sembri prendersi cura di bambini non accettati nella “buona società” parigina: è da questo momento che il racconto vira verso un’intensità vibrante. La sceneggiatura del film è infatti di notevole spessore, riuscendo a conciliare la verità storica con un’acuta caratterizzazione dei personaggi, tra cui spicca Jasmine Trinca, che interpreta in maniera impeccabile il ruolo complesso e sfaccettato della protagonista.
L’immagine di donna indipendente, orgogliosa e geniale si scontra infatti con la necessità di dover assecondare la commovente maternità, elemento che in questa storia non può far irrigidire nemmeno le femministe più ortodosse.

Nel film si sviluppano concetti filosofici, che chiariscono con nitidezza come la maternità non rappresenti, un elemento di debolezza o di condanna alla subalternità, rispetto ai valori sociali ma al contrario un valore universale che assurge la donna a detentrice di un enorme potere primigenio.
Il concetto, seppur in maniera a volte semplicistico, viene rappresentato attraverso i personaggi femminili e il tutto viene molto supportato da una fotografia intensa e da immagini che realmente ci fanno rivivere un periodo storico di grande fermento intellettuale, alcune girate con cura anche nei vicoli di Roma.
Oltre alle protagoniste, due facce della stessa medaglia seppur differenti nelle loro esistenze, troviamo che un punto di grande forza del lavoro di Todorov sia la presenza nel film di bambini disabili, che deve avere comportato un grande sforzo di attenzione e sensibilità. La giovane regista non ci offre mai un aspetto compassionevole, ma li ritrae nelle loro naturali attitudini, cogliendone la bellezza e l’unicità delle loro espressioni, proprio come deve essere accaduto quando la Montessori mostrava ai suoi superiori o colleghi le reali capacità di bambini che venivano denominati “idioti” in termini scientifici.
In quest’opera dal valore indubbiante storico-pedagogico, emerge, oltre ad un elemento di grande umanità e di racconto del reale rispetto alla neurodiversità, una forte presenza femminista, che non vuole essere però un vessillo ma un mezzo attraverso il quale comunicare il più autentico significa della maternità in un’accezione progressista e di valorizzazione della donna nella società. Maria Montessori. La nouvelle femme: un film sincero, raffinato, mai banale.
In sala dal 26 settembre 2024
