Material Love di Celine Song

  • Voto

«Le persone non vogliono davvero l’amore. Vogliono la sensazione di essere desiderate da qualcuno che corrisponde alla loro idea di sé.» (Dal film)


Con Material Love, Celine Song non si limita a riscrivere le regole della commedia romantica: le smonta con chirurgica dolcezza, ne analizza la struttura emotiva e ideologica, e le ricompone in un ritratto elegante, disturbante, ironico e profondamente contemporaneo dell’amore come prodotto culturale.
Dopo l’acclamato Past Lives, la regista sudcoreana/canadese torna a esplorare il cuore umano in una chiave completamente diversa. Là c’era la nostalgia, la rievocazione poetica del tempo perduto. Qui, il tempo è il presente: nevrotico, performativo, contrattuale. Il risultato è una pellicola meno intima e più lucidamente analitica – e proprio per questo altrettanto necessaria.
Lucy (Dakota Johnson) è una “matchmaker” di élite, una sorta di “broker” dell’amore per ricchi single disposti a tutto pur di trovare un partner perfetto purché corrispondente a una lista di requisiti. Non si innamorano, scelgono. Non desiderano, ottimizzano. Il lavoro della donna è il riflesso del suo approccio alla vita: calcolo, eleganza, discrezione.
Ma quando nella sua esistenza irrompono due uomini – Harry (Pedro Pascal), miliardario impeccabile e chirurgicamente rifinito, e John (Chris Evans), ex fidanzato squattrinato con una sensibilità ancora viva –,  la teoria lascia spazio al conflitto interiore. Il film si trasforma in un dispositivo narrativo per indagare il desiderio come sistema valoriale, dove perfino l’intimità è mediata da strategie sociali ed economiche.

Dakota Johnson e Chris Evans

Il cuore di Lucy non è spezzato: è diviso tra senso e funzione, tra ciò che la fa sentire vista e ciò che la fa sentire reale.
La regia di Celine Song è pulita, calibrata, quasi zen. I movimenti di macchina sono minimi ma significativi. La fotografia in 35mm di Shabier Kirchner, alla sua seconda esperienza con Song, restituisce una New York dorata, rarefatta, tanto desiderabile quanto irreale. I luoghi – ristoranti, interni borghesi, strade ben curate – non sono semplici scenografie, ma specchi dell’apparenza: luoghi dove l’identità è messa in scena, dove ogni gesto è un atto pubblico, anche in amore. Le scelte musicali di Daniel Pemberton sono sottili, mai enfatiche, costruendo un sottofondo che amplifica il vuoto emotivo dei personaggi più che riempirlo.
Il grande merito del film sta nella sua lucidità: Material Love non condanna i suoi personaggi, ma li osserva con affetto critico. Lucy non è una calcolatrice senza cuore. È una donna che, come tante, ha imparato a sopravvivere nel disordine affettivo contemporaneo costruendo strutture di controllo. Harry non è solo un prodotto estetico: è il simbolo della promessa che ci viene venduta ogni giorno — “puoi avere tutto, se lo pianifichi bene”. John è il cuore disarmato, che però non garantisce nulla. E questa incertezza, oggi, spaventa più della solitudine.
La brillantezza della sceneggiatura (sempre firmata da Song) sta nel trasformare questi archetipi in persone vive, imperfette, tenere e crudeli, capaci di grande lucidità e di errori infantili. Tutti vogliono essere amati. Ma secondo quale misura?
Senza svelare troppo, basti dire che Lucy sceglie. Ma la sua scelta non è un happy ending né un rovesciamento consolatorio. È una dichiarazione di libertà emotiva, una piccola rivoluzione interiore che rifiuta l’algoritmo e riscopre la carne. È come se il film ci dicesse: la materia dell’amore non è il capitale, ma la fragilità. L’amore, quando è vero, non è una performance da curare, ma un abbandono da rischiare.
E in una scena finale toccante, quasi rubata da una telecamera di sorveglianza durante un matrimonio civile, Song ci lascia con un’immagine anti-iconica ma vera: l’amore come quotidianità, come possibilità, come gesto silenzioso.
In un’epoca in cui la cultura pop ci bombarda con idealizzazioni romantiche o cinismi distruttivi, Material Love trova un equilibrio raro: mostra quanto siamo condizionati, senza perdere compassione per la nostra vulnerabilità.
È un film raffinato, adulto, scritto con grazia e diretto con intelligenza. Una commedia romantica che non fa ridere, ma fa pensare. E soprattutto, ci obbliga a chiederci: quando ci innamoriamo, scegliamo davvero? O rispondiamo a un copione invisibile?

In sala dal 4 settembre 2025. 


Material Love (Materialists) – Regia e sceneggiatura: Celine Song; fotografia: Shabier Kirchner; montaggio: Keith Fraase; musica: Daniel Pemberton; interpreti: Dakota Johnson, Pedro Pascal, Chris Evans, Marin Ireland, Sawyer Spielberg, Lindsey Broad, Louisa Jacobson, Dasha Nekrasova, Halley Feiffer, Will Fitz, Zoe Winters, Nedra Marie Taylor; produzione: Celine Song, Pamela Koffler, Christine Vachon, David Hinojosa per 2AM, Killer Films; origine: Usa, 2025; durata: 117 minuti; Distribuzione: Eagle Pictures.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *