Il complottista di Valerio Ferrara

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Non è infrequente che soprattutto i giovani registi, gli esordienti, decidano di riprendere un cortometraggio “gonfiandolo” fino a farlo diventare un lungometraggio – e, va detto, che salvo rari casi il carattere un po’ artificiale dell’operazione si vede perché il materiale di partenza, malgrado tutto, bastava per un corto ma non è sufficiente a dar vita a un lungometraggio. È quanto succede nel curioso film di Valerio Ferrara, ventottenne regista romano, intitolato Il complottista, laddove il corto da cui partiva s’intitolava più precisamente Il barbiere complottista, risaliva a due anni fa e si può vedere su RaiPlay.

Il protagonista è Antonio (interpretato da Fabrizio Rongione, bravo attore belga naturalizzato italiano, la cui pronuncia tuttavia toglie un po’ di credibilità al personaggio) un barbiere appunto, che conduce una vita piuttosto anonima nella periferia romana mandando avanti la sua botteguccia squallida di quartiere che avrebbe bisogno di una rinfrescata, di una mano di bianco;  la moglie e i parenti lo considerano un tipo un po’ strano ma tutto sommato innocuo a cui dare retta distrattamente, come si fa con le persone un po’ inclini alla bizzarria, a una leggera paranoia, a un complottismo, appunto. Fin quando non ha inizio il riscatto di Antonio perché qualcuno comincia finalmente a dargli un po’ più di spago. Peccato che le persone in questione siano strani quanto lui se non di più: un immigrato dal Kosovo (Ilir Jacellari) prima e Maurizio (Fabrizio Contri) il titolare di un improbabile podcast, ma comandato a bacchetta dalla sorella, che decidono di prendere sul serio le ultime ossessioni di Antonio, ovvero che i lampioni di Roma mandino dei segnali in alfabeto Morse i quali lascerebbero intravedere all’orizzonte catastrofi nucleari e altri disastri.

L’immissione del racconto di Antonio nel podcast di Maurizio si rivela un discreto successo mediatico, al punto che nella misera bottega del barbiere finiscono per convergere tutta una serie di personaggi stranissimi, a loro volta ossessionati dalle più diverse paranoie, un campionario di umanità alquanto anodina che finalmente fornisce ad Antonio la sensazione, fin qui mai provata, di essere ascoltato e preso sul serio, ciò va di pari passo con la completa alienazione dalla moglie e dal figlio che vanno a vivere dai parenti prendendo distanza dal protagonista, egli stesso sopraffatto da tanto successo. Fino alla svolta finale che non va rivelata.

Si vorrebbe tanto evocare la commedia all’italiana, da I mostri di Dino Risi a  Brutti, sporchi e cattivi di Ettore Scola, si vorrebbe tanto evocare l’universo borgataro, sottoproletario o piccolo-borghese, di Pier Paolo Pasolini o anche, che so io, Casotto di Sergio Citti, si vorrebbe tanto evocare, uscendo dall’Italia la paradossalità dei fratelli Coen  (Il complottista come una specie wannabe The Big Lebowski, Ferrara è un grande fan dei fratelli) o di Wes Anderson, ma quel che resta dalla visione del film è qualche sorriso, qualche battutina, un’improbabile evocazione di una romanità familiare da Cesaroni, qualche minuscolo reperto di originalità nell’invenzione di tipi del tutto privi di rappresentatività, tipi appunto e mai caratteri, una forse velata ma facile polemica nei confronti del nostro mondo in cui imperversano, ormai incontrollabili, le fake news. E poco altro.

Presentato in Anteprima alla 22a edizione di Alice nella Città (2024) e al MedFilm Festival  (2024) sezione Perle
In sala dal 2 aprile 2025 in tour 


Il complottista – Regia: Valerio Ferrara; sceneggiatura: Valerio Ferrara, Alessandro Ferrara, Matteo Petecca; fotografia: Andrea Pietro Munafò; montaggio: Diego Bellante; interpreti: Fabrizio Rongione (Antonio), Antonella Attili (Susanna), Fabrizio Contri (Maurizio); produzione: Elsinore Film, Wildside; origine: Italia 2024; durata: 85 minuti; distribuzione: Piperfilm.

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