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Voto
Come la notte, primo lungometraggio di Liryc Dela Cruz, già presentato nella sezione Perspectives della Berlinale 2025, è una conturbante meditazione sullo sradicamento che provoca l’emigrazione, come anche sulle universali tensioni inespresse che frantumano i legami familiari. Le tensioni dell’esilio e della sottomissione vengono rappresentate in modo apparentemente sobrio in questo lavoro ambientato in Italia del regista filippino. Il film è brillantemente interpretato, elegantemente realizzato e apparentemente poco espressivo, ma la sua densità tematica lascia lo spettatore quasi interdetto verso un risonante finale aperto. La narrazione segue Lilia, una collaboratrice domestica filippina in Italia che eredita la villa della sua defunta datrice di lavoro, la signora Patrizia. I suoi fratelli, anche loro impegnati in Italia come collaboratori domestici, le fanno visita. I tre si riuniscono dopo anni di separazione. Il loro ricongiungimento è tutt’altro che gioioso. Con il trascorrere della giornata, l’aria si fa più densa e il silenzio soffocante, rotto appena da qualche chiacchiera intrisa di aggressività passiva e vecchie ferite che fanno fatica a rimarginarsi. La casa, con i suoi spazi grandiosi ma in sostanza vuoti, diventa un introverso testimone del loro distacco. Lilia, pur essendo legalmente proprietaria della casa, rimane un’ospite nella sua stessa vita, legata a un ruolo di servitù che ha plasmato la sua esistenza. La sua meticolosa pulizia e la riluttanza a rivendicare lo spazio come proprio, riflettono una verità più profonda: l’eredità non è proprietà, e la casa non è solo un luogo, ma un sentimento che appare controverso.
Dela Cruz sceglie di girare soprattutto con immagini fisse e statiche, rafforzando il senso di intrappolamento e l’impossibilità di fuga. Lo stile quasi osservativo dissolve il confine tra finzione e documentario, rendendo i personaggi dolorosamente reali e catturando il peso di una vita trascorsa nella dipendenza: dagli altri, dalla fortuna, dalla storia. Vite vissute passivamente perché sempre dipendenti. Girato in un sorprendente bianco e nero, con contrasti profondi che evocano sia la memoria che l’isolamento, Come la notte si muove con un ritmo misurato, quasi volendo metter in scena un rituale. Si sofferma in lunghi momenti di quiete dei protagonisti, invitandoci a guardare attentamente piuttosto che a intervenire nelle vicende raccontate. Le ombre si estendono lungo i corridoi vuoti, riecheggiando i vuoti interiori dei personaggi, mentre schegge di luce squarciano l’oscurità come parole non dette, sentimenti non espressi. Si diffonde un’immensa soggezione e inibizione al dialogo e al confronto. Il paesaggio sonoro gioca un ruolo cruciale: la natura del giardino ronza in sottofondo, i cani abbaiano, gli uccelli cinguettano, ma le voci umane rimangono trattenute, come se le parole non fossero in grado di colmare l’abisso che le separa. La colonna sonora, che risuona appena oltre l’inquadratura, contribuisce all’atmosfera opprimente del film. In fondo, questo film riflette una verità più profonda e oscura: quando gli oppressi interiorizzano la violenza dei loro oppressori, il risultato può essere ancora più devastante.
L’eredità più sinistra del colonialismo è il modo in cui altera il dolore in potere, trasformando coloro che hanno sofferto in inconsapevoli veicoli di sofferenza. Il disfacimento dei fratelli non è semplicemente il risultato dei loro fallimenti personali, ma il sintomo di un male molto più grande e pervasivo. Un’offesa, un torto (che è anche vergogna) che trasforma l’essere vittima in carnefice, forse anche inconsapevole. L’esito più tragico di questa eredità è quando gli oppressi, segnati da anni di lotta, diventano inavvertitamente agenti della stessa oppressione contro cui un tempo combattevano. Questo film serve come anche spunto di riflessione, come un appunto rispetto al fatto che le ferite inflitte dalla storia non scompaiono. Possono variare, rivoltandosi verso l’interno, avvelenando anche i nostri rapporti più intimi, anche quelli familiari. Di Come la notte resta la discrezione di come vengono mostrate le vicende dei protagonisti, ma anche quella ipocrita che, nascondendosi dentro ognuno di noi, non ci permette di essere autentici, soprattutto nelle relazioni con le persone a noi care. Dietro un sorriso può celarsi un mero convenevole superficiale che non ci conduce da nessuna parte. E il tutto può anche trasformarsi, purtroppo, in miseria reale. Assolutamente da vedere, accettando però l’invito a non avere paura del buio.
Come la notte ( tit. int.: Where the Night Stands Still) – Regia e sceneggiatura: Liryc Dela Cruz; soggetto: Liryc Dela Cruz, Jenny Llanto Caringal, Tess Magallanes, Benjamin Barcellano Jr., Sheryl Aluan;; fotografia: Liryc Dela Cruz; montaggio: Liryc Dela Cruz; suono: Antonio Giannantonio; interpreti: Jenny Llanto Caringal (Rosa), Tess Magallanes (Lillia), Benjamin Vasquez Barcellano Jr. (Manny); produzione: Liryc Dela Cruz per Pelircula, Il Mio Filippino Collective, Ozono Studio; origine: Italia/ Filippine, 2025; durata: 75 minuti.
