MedFilm Festival – XXXI° Edizione (Roma 6-16 novembre 2025): Portuali di Perla Sardella (Perle)

Dedicato a chi resiste, a chi resta, a chi lotta. Dedicato a Genova, resistente e partigiana. Non importa chi abbiamo contro, importa chi abbiamo al nostro fianco. CALP

Con una tensione, quasi escatologica, verso la giustizia e la possibilità di immaginare (e di discutere criticamente intorno all’ipotesi di) un mondo migliore, e con scelte stilistiche che includono commento sonoro -strepitoso crescendo di fraseggi jazz, da un live in Genova di Alabastre dePlume, e meraviglioso rimando al sogno rivoluzionario di Luigi Tenco – e immagini di repertorio provenienti dagli archivi AAMOD, l’intento (e il desiderio) di Perla Sardella appare quello di dare forma a un’architettura al tempo stesso visiva e politica, ideale ed esperenziale, osservativa e sperimentale.
Il lungometraggio della giovane regista anconetana, e con studi alla Naba di Milano, è una carrellata sulla lotta politica portata avanti tra il 2019 e il 2023 dai “Portuali”, ovvero dal Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova, i cui scioperi contro le navi che trasportano armi e per la scelta di un sindacato che stia davvero dalla parte dei lavoratori, hanno avuto un’attenzione anche mediatica -”I portuali contro la nave delle armi”, titolava un noto giornale al tempo dei fatti.
Nel solco fertile e coraggioso del cinema militante e rivoluzionario di Patricio Guzmàn, Sardella affila un’opera che alterna la pratica documentaria e dialettica dell’osservazione e della testimonianza, che non esclude una partecipazione emotiva, alla polifonicità del fraseggio tra immagini e parole e tra immagini e frammenti musicali, o ancora, come scrive Edgar Reitz a proposito di Chris Marker, “fra sequenze d’immagini e sequenze di parole” – allora ci viene in mente, in consonanza free, l’opera rivoluzionaria di Luigi Nono, uno dei più grandi compositori del ‘900 e quello che forse di più ha saputo tenere insieme impegno politico e approccio sperimentale, a partire da opere come La victoire de Guernica, Intolleranza 1960 e La fabbrica illuminata.
Come può accadere nel miglior documentario d’osservazione, Sardelli sceglie un protagonista come porta d’ingresso per la realtà portuale e sindacale indagata. Josè Nivoi, sardo che lavora nel porto di Genova e che ha partecipato all’opera collettiva e militante “Fino all’ultimo di noi” (gran titolo!), edito da Red Star Press, che in forte assonanza con ciò che Sardella porterà avanti in Portuali, racconta dal di dentro, con le singole voci dei portuali, a volte coese altre spezzate, la lotta alla repressione padronale e la resistenza contro il fascismo, il razzismo e e il traffico d’armi nel porto di Genova. Una lotta, lo rimarca bene Nivoi nel documentario, fatta di scioperi con cui ostacolare l’approdo di navi cariche di armamenti diretti nei vari teatri di guerra, a partire da quello dimenticato dello Yemen fino ad arrivare a Gaza. “Chiediamo il rispetto della legge che vieta il transito di armamenti sul suolo italiano per quei paesi che usano la guerra come risoluzione dei conflitti e chiediamo il rispetto dell’art.11 della Costituzione: l’Italia ripudia la guerra e le autorità portuali devono rispondere sulle denunce di queste violazioni”, così Nivoi, lavoratore, e via via sempre più anche attivista, che con onestà tenace (la sua voce non stona mai nel ‘repertorio’) anima sia le compagne e i compagni delle banchine del molo che anche i corpi (più spettrali) seduti sui banchi del Parlamento Europeo.
Rivendicazioni sindacali, organizzazione degli scioperi, movimentazione delle merci e dei container, manutenzione dei macchinari e coordinazione della logistica: filmare la working class (che campeggia in una locandina d’annata dietro la scrivania di uno dei lavoratori) come fa Sardella, è anche “filmare il lavoro”, vale a dire farlo in un modo godardiano – la ferrovia e la fabbrica cambiarono il modo di vivere e sono state l’oggetto delle prime riprese cinematografiche, come sappiamo, una rivoluzione che Godard ha filmato al rovescio del prometeismo tecnologico, riprendendo piuttosto la fabbrica dei corpi del lavoro e sovrapponendola con quella dei corpi e dei movimenti dell’amore: basti pensare a Passion(1982). In questo modo ad essere convocata è la stessa messa in scena del film, vista appunto come processo. Mai concluso, quindi, piuttosto aperto alla relazione e all’interpretazione, alla rivisione e alla riscrittura.
La reincarnazione rivoluzionaria dei corpi e dei gesti abitano, e magnificamente, lo spazio asincrono costruito in apertura e chiusura del film: un uso del found footage imprevisto (pensiamo al reverse slow motion) e un modo con cui svincolare le stesse immagini, libere di tornare indietro e di andare avanti, di farsi archivio vivo e insieme luogo vivente per i corpi che lo abitano.
Fare traversate nella storia e tra le immagini, en train de, scegliendosi con coraggio i compagni di viaggio, il lavoro e il posizionamento – qualità con cui poter ‘salvare’ l’accento e il senso di un’esperienza.

…che appena s’alza il mare
gli uomini senza idee,
per primi vanno a fondo.


 

Portuali – Regiasceneggiaturafotografia e montaggio: Perla Sardella; musiche: Alabster DePlume; produzione: Berenice Film ; distribuzione: OPEN DBB; origine: Italia, 2024; durata: 81 minuti; distribuzione: OpenDDB.

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