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Voto
“Milarepa non è solo un film. È una meditazione visiva, un rito di passaggio collettivo, un invito a fermarsi, ascoltare e ricordare che l’evoluzione più grande è quella che accade dentro di noi” (Louis Nero).
Sintetica preistoria: il titolo ci porta subito con la mente, almeno per noi, all’omonimo, celebre film di Liliana Cavani del 1974 che attirò l’attenzione e l’entusiasmo di Pier Paolo Pasolini per la capacità dell’autrice emiliana di riuscire a fondere insieme “sogno e realtà”. Passano poi trent’anni e nel 2006 il regista butanese Neten Chokling realizza un’opera dallo stesso titolo, più biografica (e molto meno riuscita) sugli anni di formazione e sul mito del mistico, filosofo e poeta tibetano (1051-1135), uno dei principali maestri della scuola Kagyu del buddismo del proprio paese. Infine, ora, il torinese Louis Nero (nome d’arte di Luigi Bianconi), ormai giunto al suo ottavo film, ritenta per la terza volta l’impresa, ispirandosi e costruendo il proprio film – diciamolo subito – un po’ più sulla scia della Cavani che non di quella di Chokling.
In breve, qui, per chi non ricordasse la vicenda: ci troviamo in un paesaggio “nuragico” insulare, forse in un’epoca postatomica (Nero , nelle note di regia, ha fatto riferimento al mito di Mad Max) oppure, se si vuole, invece, in un tempo atavico e primordiale. Qui la giovane Mila (Isabelle Allen), insieme ai genitori e alla sorellina, conduce un’esistenza agiata e pacifica. Quando però l’amato padre viene ucciso in un’imboscata, la loro vita viene totalmente sconvolta, in più il crudele fratello e la sorella del padre, per avidità, li privano dell’eredità che spetterebbe loro. Spinta dall’inestinguibile desiderio di vendetta della madre, Daka, la ragazza si separa dolorosamente dalla famiglia, allo scopo di apprendere le Arti Magiche, riservate esclusivamente agli uomini. Tagliati i capelli e travestita da ragazzo, dopo un viaggio lungo e pericoloso, Mila raggiunge il santone Yungutun, da cui impara i segreti necessari per arrivare a compiere la sua vendetta. E così con un maleficio riesce a far crollare la casa degli zii, uccidendo diverse persone, tra cui il loro primogenito. A questo punto, però, dopo un terribile incubo con la visione della sofferenza che ha inflitto ai parenti, inizia la sua redenzione, mettendosi alla ricerca di un nuovo Mentore con cui espiare le proprie colpe. Inizialmente il grande guru Marpa (Harvey Keitel), non la vuole accettare come discepola, imponendole tutta una serie di compiti che lei esegue senza però ottenere lo scopo voluto. Ormai senza speranza, la ragazza arriverà, visti vani i suoi sforzi, al punto di cercare di porre fine alla propria esistenza. Ma, per fortuna, viene fermata in tempo e ormai, dopo tanti sacrifici, umiliazioni ed espiazione, è pronta per ricevere gli insegnamenti di Marpa per iniziare una nuova vita.

Per Louis Nero non era, dunque, semplice riscrivere per la terza volta e in modo originale una storia ambientata in un complesso terrain vague tra fiaba e mito, misticismo e religione, dove poi i confini spesso tendono a sovrapporsi o a confondersi. Il risultato, a larghi tratti, è suggestivo grazie soprattutto alla fotografia di Micaela Cauterucci e ad un’attenta scelta delle location (soprattutto sarde) che vogliono forse alludere, riflettere la condizione ambivalente e cangiante della psiche della protagonista. Mila, infatti, vive un viaggio iniziatico, dove l’inizio e la fine della vicenda, come nel film di Liliana Cavani, coincidono, tornando allo stesso punto della storia. Nel mezzo c’è l’ascesa, la caduta e infine la redenzione di chi, infine, trova la giusta strada maestra tra tanti dolori, errori ed illusioni ma sempre comunque guidata da una profonda forza interiore che la porta alla verità.
In una vasta gamma di sfumature, tra il candido e il demoniaco, Isabelle Allen conferisce, con una certa abilità e in modo sostanzialmente convincente, corpo e anima al suo cangiante personaggio. Autorevole e ieratico come sempre, Harvey Keitel dona alla figura del guru quel giusto tocco di ambiguità per spingere Mila sul cammino della salvezza. Come di frequente nelle opere di Louis Nero, troviamo, in diversi ruoli secondari, altri attori di nome come l’oscar F. Murray Abraham oppure Angela Molina e Franco Nero ad arricchire un cast importante – peccato che il doppiaggio dell’edizione italiana spesso non sia all’altezza, appiattendo un po’ il potente coro attoriale del film, comunque arricchito dalla presenza della musica di Andrea Guerra.
Cosa concludere? Milarepa ci è sembrato un film meditativo molto classico, quasi “antico” nella sua impostazione e nella costruzione del plot, quasi al guado nell’esibire e alternare luci e ombre. Possiede, anche con qualche pausa e lungaggine di troppo, momenti di buon cinema, nel narrarci una parabola insieme etica, mistica e religiosa, a tratti emozionante, altre volte, più statica o scontata. Comunque sia, un’opera non pensata per un pubblico mainstream che cerca solo azione o spettacolarità pura.
In sala dal 19 giugno 2025.
Milarepa – Regia e sceneggiatura: Louis Nero; fotografia: Micaela Cauterucci; montaggio: Eric Potter; musica: Andrea Guerra; scenografia: Paki Meduri; interpreti: F. Murray Abraham, Harvey Keitel, Franco Nero, Ángela Molina, Isabelle Allen, Iazua Larios, Kaitlyn Kemp, Hal Yamanouchi, Bruno Bilotta, Michael Ronda, Diana Dell’Erba; produzione: Louis Nero, Jake Seal per Louis Nero Film, Orwo Family; origine: Italia/Usa, 2025; durata: 115 minuti; Distribuzione: L’Altrofilm.
Foto di Laura Farneti
