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Voto
Vita, la protagonista di questo film (Odessa Young), racconta il suo film e si racconta attraverso il suo film. In altre parole, mette in scena la messa in scena del suo primo film.
La regista, Zia Anger, realizza a sua volta, con My First Film, un’esperienza autobiografica e metafilmica, ispirandosi al primo film che tentò effettivamente di realizzare nel 2010, e che si rivelò un fallimento.
Vita si muove, assieme ai suoi compagni, amici, che rivestono anche il ruolo di tecnici e attori, in ambienti privi di coordinate, che consistono prevalentemente in boschi e piccole stanze. Descrive attraverso sé stessa e la sua esperienza una serie di profondi disagi e malesseri che coinvolgono l’intera sua generazione. La ragazza è completamente priva di contesti sociali codificati, a tal punto che si costringe e si dedica con profonda convinzione alla creazione di un’identità attraverso il film.
La storia che racconta Vita, nel suo film, è semi-autobiografica, Il film mette in scena una morte del padre ma nella realtà il padre ha rivestito un ruolo puramente meccanico e la ragazza ha due madri. La protagonista utilizza dunque il film lavorando, a più livelli, come rielaborazione personale di una narrazione autobiografica.
Attorno a lei, dicevamo, gravitano amici e conoscenti: un ragazzo possessivo, un’amica che interpreta l’attrice protagonista ed alter ego di Vita (“sono io, però bella”) e una serie di tipologie giovanili pseudo queer tratteggiate in maniera leggermente stereotipata.
L’imbastitura generale risulta senza dubbio interessante. Subentra poi, in un secondo momento, il tema della maternità e il trauma dell’aborto, che sembra proseguire di pari passo con lo sfacelo del film nel film. La protagonista, attraverso il suo commento fuori campo, si racconta mentre assistiamo alle riprese delle varie scene. Nel nome di una ricerca al realismo per il suo film, Vita nasconde una necessità segreta: intellettualizzare, ma anche aggrapparsi disperatamente a un ideale e a un obiettivo nobile. Per questo la realizzazione del film, e in seguito la non realizzazione, diventano così fondamentali per Lei. Assistiamo così alla degenerazione del rapporto con la troupe, che si rende conto lentamente di essere stata coinvolta in un esercizio edonistico ed autoreferenziale, e mano a mano si disperde.
“I don’t feel female, until somebody tells me I am.”
Questa frase, pronunciata all’inizio del film, racchiude una riflessione concreta e necessaria sull’identità di genere. La questione non viene più esplicitata, ma appare evidente che, nel caso della protagonista, sentirsi “femmina” o appartenente a un genere specifico non è una realtà interiore costante, ma qualcosa che emerge solo quando viene riflesso o imposto dagli altri. Invita a chiedersi: quanto del nostro genere sentiamo come nostro, e quanto invece è il risultato delle aspettative e delle interazioni con gli altri?

Mentre il film nel film deraglia, anche il film stesso comincia a fare acqua e a girare su sé stesso. Le riflessioni e i monologhi interiori della protagonista si tingono di suggestione superficiale e affondano in un risibile laghetto di autocompiacimento. La musica si profonde in suoni ovattati, armonici, sintetizzati, ricorrenti in questo tipo di cinema indipendente americano, e il finale evidenzia ancora maggiormente lo scollamento tra un reale delirio, frutto di una potente intuizione, ed un delirio costruito, sfracellato, ricomposto ed, in ultima analisi, repulsivo e cadaverico (la solita solfa del fallimento come rituale di rinascita), come è il caso di questo film.
My First Film è un esperimento estremamente ambizioso, e anche, in alcuni momenti, sorprendentemente riuscito. E’ un film privo di colonna vertebrale e di una struttura gerarchica, disposto a spingersi e abbandonarsi verso interstizi narrativi senza sbocco, si regge in piedi in maniera traballante ed incerta e non possiede sufficiente personalità o chiarezza di intenti e di esposizione. Racconto di una regista abituata a leggere sé stessa non attraverso l’altro o attraverso il racconto dell’altro, ma attraverso la propria dimensione interiore.
Un film che rivedrei? No.
Un film che ha destato particolarmente il mio interesse? Neppure.
Un film che tenta di dire qualcosa, di esprimere un disagio, di trovare attraverso la creazione artistica una risposta? Assolutamente sì.
Su Mubi
My First Film – Regia: Zia Anger; sceneggiatura: Zia Anger, Billy Feldman; fotografia: Ashley Connor; montaggio: Joe Bini, Matthew Hannam; musiche: Perfume Genius; interpreti: Odessa Young, Devon Ross, Cole Doman, Jane, Philip Ettinger, Eamon Farren, Eleonore Hendricks, Sage Ftacek, Jackson Anthony, Seth Steinberg, Sarah Michelson, Ruby Max Fury; produzione: Memory, MUBI; origine: Usa, 2024; durata: 100 minuti; distribuzione: MUBI.
