Nella tana dei lupi 2: Pantera di Christian Gudegast

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Al suo secondo lungometraggio come regista, dopo il prequel costituito da Nella tana dei Lupi del 2018, Christian Gudegast, oltre a candidare Gerard Butler come suo attore feticcio (tra sceneggiature e regie, sono già al terzo film assieme), conferma la propria predilezione per un cinema fatto di figure chiaroscurali, in quella terra di mezzo dove la distinzione tra legge e crimine appare, per un usare un eufemismo, sfumata. Un amore per il poliziesco che trae ispirazione dal lavoro dei maestri del passato, ma che indubbiamente riflette un’estetica contemporanea certamente più ruvida ma anche più superficiale.

Avevamo lasciato “Big Nick” O’Brien (Butler) seduto al bancone di un pub di Los Angeles, intento a smaltire la cocente umiliazione patita ad opera di Donnie (O’Shea Jackson Jr.) la mente dietro la rapina alla Federal Reserve di Los Angeles nel precedente capitolo. Lo ritroviamo oggi in tribunale, subito dopo la sentenza di divorzio che ha sancito, senza possibilità di appello, lo sfaldamento della propria famiglia. Con la sua vita privata andata a ramengo, ciò che gli rimane è solamente il lavoro. L’occasione del riscatto arriva presto, quando, cioè, viene a conoscenza di un furto di diamanti effettuato, con precisione chirurgica e senza spargimenti di sangue, all’aeroporto internazionale di Anversa. Grazie al suo fiuto investigativo e a metodi di indagine spesso oltre il limite di ciò che può essere ritenuto lecito, Nick giunge a scoprire che dietro quel furto si nasconde proprio l’odiato Donnie. Intuendo immediatamente quale sarà il suo prossimo obiettivo, parte per la Costa Azzurra, più precisamente per Nizza, dove il ladro, assieme a un nutrito gruppo di malviventi provenienti da tutto il mondo, ha in animo di rapinare niente meno che il World Diamond Center, ubicato in centro città. A dispetto di quanto immagina un preoccupato Donnie, tuttavia, il suo rivale poliziotto non è lì per arrestarlo, ma per unirsi alla banda, aiutandoli nella pianificazione e nell’esecuzione del furto di diamanti. Sebbene osteggiato da alcuni suoi membri, Nick entrerà a far parte del gruppo criminale, dove conosce Jovanna (Evin Ahmad) di cui si innamora a prima vista, suscitando la gelosia furente dell’ex fidanzato Volko (Dino Kelly), che gli giura vendetta. Dopo una lunga e meticolosa pianificazione, si arriverà alla data stabilita per il colpo, non senza patemi d’animo. Oltre, infatti, a dover superare l’imponente apparato di sicurezza del World Diamond Center, i cui caveau sono ritenuti inespugnabili, dovranno guardarsi le spalle sia dalla polizia francese, che da un gruppo di mafiosi italiani che hanno interessi particolari su una certa partita di pietre preziose. Uscirne vivi non sarà affatto facile, anche perché le minacce alla banda di ladri non verranno solo dall’esterno.

Traendo spunto da fatti realmente accaduti (la rapina al World Diamond Center di Anversa del febbraio 2003, messa in atto da un gruppo di ladri italiani), Gudegast scrive (stavolta senza il contributo di Paul Scheuring al soggetto) e dirige una pellicola che si rifà alla tradizione cinematografica poliziesca e degli heist movie, non priva di una buona dose di muscolarità, inedita per un genere che predilige l’ingegno dei protagonisti.

Ancor più che nella precedente pellicola del 2018, il testosterone scorre generoso, con un Butler tozzo e steroideo che sa indossare comodamente i panni del poliziotto rozzo e dall’indole reazionaria, anche quando decide di passare dall’altro lato della barricata. Un film dove i protagonisti maschili molto somigliano a lottatori di MMA dalla fisicità debordante. Un gruppo di maschi alfa abituati a prendere tutto ciò che desiderano con l’uso di forza e armi, se necessario. Non solo soldi, gioielli e auto di lusso, ma anche, forse soprattutto, donne, con il personaggio di Jovanna che ricopre (anche, principalmente) il ruolo di vero e proprio oggetto del desiderio per i due contendenti: Nick e Volko.

Gerard Butler

Quel che ne esce è un film che, con un lungo prologo di più di mezz’ora, sa prendersi il suo tempo nel costruire un’atmosfera di pathos ansiogeno, per sfociare poi in sequenze di azione adrenalinica e ben girate. Tra queste, si segnalano la sequenza iniziale della rapina all’aeroporto di Anversa, l’inseguimento automobilistico finale e le concitate fasi della rapina al World Diamond Center.

Tuttavia, per questa sua attitudine muscolare, e per il riproporre una certa lettura del mondo che vede contrapposti, da una parte personaggi provenienti dagli USA e, dall’altra, un gruppo di personaggi provenienti da nazioni satelliti dell’ex Unione Sovietica (con i paesi dell’Europa mediterranea opportunamente stereotipati,  a fare da palcoscenico a questo scontro), il film, almeno a chi scrive, ha ricordato, mutatis mutandis, quel tipo di produzione cinematografica che, durante gli anni della presidenza Reagan, prese il nome di Hard Body e che ritrova una sua ragion d’essere in piena era Trumpiana.

A un certo punto del film, infatti, non nascondendo una certa dose di risentimento anti-occidentale, Volko e i suoi sodali diranno: “Non ci hanno voluto in occidente e ora noi li derubiamo”, per poi urlare, assieme allo stesso Nick (che gli aveva ricordato i bombardamenti attuati dalla NATO nel 1999 nei territori della ex-Jugoslavia, con l’operazione denominata Allied Force) quel “Fuck the NATO”, che si carica oggi di letture ancor più sinistre.

Un film che pare strizzare l’occhio non solo a personaggi ambigui (quelli, bene o male, ci sono sempre stati), ma a una lettura del mondo (neo-colonialista?) di cui quegli stessi personaggi si fanno portatori.

Sotto questo punto di vista, l’evoluzione che interessa il personaggio di Big Nick appare emblematica, poiché, rispetto alla precedente pellicola, il suo agire sembra maggiormente dettato da ragioni prettamente utilitaristiche. Non si tratta, infatti, del solito sbirro ossessionato dalla lotta al crimine, deciso ad attuarla con ogni mezzo possibile, come per il protagonista di Vivere e Morire a Los Angeles (1985). E neanche di un lupo travestito da agnello, come lo era il detective della narcotici Alonso Harris in Training Day (2001). L’immalinconito Nick è piuttosto l’espressione di un individualismo senza argini, senza remore morali, portatore “sincero” di una fascinazione per il potere e per il possesso.

E’ una geografia criminale, ma anche una visione politica, quella che disegna Gudegast, tutta giocata sull’ambiguità: morale e dello sguardo. Si tratta, però, anche, di una pellicola che, al suo grado zero, sa affascinare e divertire lo spettatore, anche quando alcuni personaggi possono apparire appena abbozzati o tagliati con l’accetta, come per quelli interpretati da Salvatore Esposito e Fortunato Cerlino.

Un piacere della visione che ci dice qualcosa dello spirito dei tempi e, anche, soprattutto, di noi spettatori.

In sala dal 6 marzo 2025.


Nella tana dei lupi 2: Pantera  (Den of Thieves 2) Regia sceneggiatura: Christian Gudegast; fotografia: Terry Stacey ; montaggio: Roberth Nordh; musica: Kevin Matley; interpreti: Gerard Butler, Manfredi Marini,, O’Shea Jackson Jr., Evin Ahmad,  Salvatore Esposito, Fortunato Cerlino, Meadow Williams, Dino Kelly, Swen Temmel, Michael Bisping, Orli Shuka, Nazmiye Oral, Rico Verhoeven,  Jordan Bridges; produzione: Tucker Tooley, Gerard Butler, Alan Siegel, Mark Canton; origine: USA, 2025; durata: 144 minuti; distribuzione: Lucky Red.

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