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Una serratura viene svitata. Un cane all’interno abbaia. Si apre la porta. Sarà un ladro? No, è solo un fabbro che ha aiutato qualcuno a rientrare in casa propria. Buio. È sera. Il fabbro, che è un ragazzo di colore di una ventina d’anni, va in giro in macchina, vive delle emergenze della gente. Risponde a una chiamata: Claire ha bisogno di lui. In strada, a Bruxelles, incrocia una manifestazione contro un episodio di violenza verso un immigrato, che si collega al movimento americano Black lives matter. Mady (Jonathan Feltre), così si chiama il giovane fabbro, arriva da Claire (Natacha Krief), una bella ragazza un po’ più grande di lui con la frangetta nera e un cappello in testa. Sul pianerottolo Mady le chiede di mostrargli la carta di identità per accertarsi di non commettere effrazioni a casa di estranei, Claire gli dice che l’ha lasciata nel portafoglio che sta all’interno, non ha neppure i contanti con sé. Mady allora le chiede un dettaglio dell’appartamento, la ragazza risponde che c’è un sacco da boxe, lui stupito le chiede se tira di boxe, lei si mette in posizione e dice Vuoi provare? Il fabbro si mette all’opera. Mentre lavora canticchia una canzone ascoltata prima in macchina, Claire la riconosce e si associa a lui, è un brano di Petula Clark, lei è sorpresa che lui conosca musica così antica, degli anni Sessanta, fa battute sul nome Petula, che le piace, che potrebbe diventare il suo pseudonimo, lui la contraddice, è bello anche Claire, flirtano un po’, sottotraccia. La serratura è smontata, Claire entra a prendere la somma pattuita per l’intervento, duecentocinquanta euro a chiamata è la sua tariffa, ritorna con un sacco di immondizia, si è accorta di non avere contante, che la aspetti lì mentre va a un bancomat, faccia come se fosse a casa sua. Mady entra, l’abitazione è strana, all’ingresso è appeso il sacco da boxe, si percepisce un’aria ambigua, in un angolo c’è un altarino con delle svastiche, squilla il telefono, Claire gli dice di andarsene in fretta, non lo pagherà, è tardi, lo ha fregato. Tempo di girarsi e viene assalito da un tipo grande come un armadio che lo accusa di essere un ladro e lo aggredisce fisicamente. Dopo una lotta in cui si rompono tavoli e sedie Mady, per sfuggire allo strangolamento, uccide l’uomo conficcandogli un cacciavite nella giugulare. Nel panico fa per andare via, ci ripensa e torna dentro a pulire le prove. Mentre è lì arrivano tre compari del nazista deceduto, lo scoprono, lo fanno prigioniero e lo portano via chiedendogli dove sono i soldi.
I primi venti minuti di La nuit se traîne, letteralmente la notte si trascina, titolo internazionale in inglese e in italiano Night call, chiamata notturna (premiato al Festival di Roma 2024), inchiodano lo spettatore e lo portano subito a simpatizzare col protagonista, il giovane studente che lavora di notte per pagarsi gli studi, ingenuamente incastrato dalla ragazza. Per un’ora e 37 minuti seguiamo Mady che ha tempo una sola notte per ritrovare Claire, farsi dare i soldi rubati e restituirli a Yannick (Romain Duris), il cattivissimo boss della criminalità organizzata, senza scrupoli a imbavagliare con lo scotch il malcapitato declamando frasi da malavita che, più tardi, Mady stesso si rivenderà con colei che lo ha messo in quella situazione, che lo liquiderà ribattendo di non usare stupide frasi da film: Hai visto la mia faccia ora o diventerai un problema o diventerai un amico.
In trappola il giovane affronta la notte per la sua sopravvivenza (ma durante la notte si affezionerà anche alla sua inseguita, un grande classico del noir) in una corsa contro il tempo ricca di inseguimenti, colpi di scena, violenza e dialoghi sulla marginalità, sull’essere diversi, sul toccare il fondo e risalire invece che morire (Quando tocchi il fondo puoi solo risalire, diceva il padre a Mady, si ricorda il ragazzo quando sente le stesse parole dette da uno scagnozzo del boss), tra le strade di una Bruxelles che riecheggia New York: stazioni, metropolitane, ascensori diventano teatro dell’incubo urbano del protagonista. La questione razziale, accennata ma sottesa per tutto l’arco della durata della pellicola in maniera funzionale al dipanarsi della trama, diventa esemplare nel gran finale.
Mozzafiato nella spettacolarità delle scene action, il regista non si esime da una scena con sparatoria in un bordello e da un’altra in discoteca. I temi in ballo sono tanti, forse troppi: corruzione e violenza della polizia, la rivolta civile contro di essa, la malavita innestata nel sistema, l’insicurezza da parte di persone di colore nei confronti delle forze dell’ordine.
Ben scritto, ben recitato, ben montato, un film teso, adrenalinico, non sorprendente ma piuttosto godibile.
Gran Premio della Giuria alla Festa di Roma 2024.
In sala dal 10 luglio 2025-
Night Call (La nuit se traîne) – Regia: Michiel Blanchard; sceneggiatura: Gilles Marchand, Michiel Blanchard; fotografia: Sylvestre Vannoorenberghe; montaggio: Matthieu Jamet; musica: Tepr; interpreti: Jonathan Feltre, Natacha Krief, Romain Duris, Jonas Bloquet, Thomas Mustin, Sam Louwyck, Nabil Mallat, Claire Bodson, Graham Guit, Marco Maas, Lucille Vignolles; produzione: Daylight Films, Formosa Productions, Quad Films, Gaumont, France 3 Cinéma, A Private View, RTL, Voo, BeTV, Proximus; origine: Belgio/ Francia, 2024; durata: 97 minuti; distribuzione: Unicorn.
