
Lo spettacolo Peer Gynt Trip diretto da Stefano Sabelli è una vera e propria rivisitazione moderna dell’opera del grandissimo maestro norvegese Henrik Hibsen, decisamente realizzata con oculatezza e innovazione.
Inutile parlare della grande altezza letteraria di questa opera, scritta nel 1867 da Hibsen durante un soggiorno a Roma e rappresentata per la prima volta a Oslo nel febbraio 1876, con le musiche di scena di Edvard Grieg. Considerata uno dei capolavori dell’Ottocento, rappresenta un tipo di drammaturgia molto composita, in cui il testo ricco di personaggi e la messinscena sono piuttosto corposi e impegnativi oggi.
La storia è emblematica di un teatro ormai scomparso, in cui l’autorità autoriale e le aspettative del pubblico aspiravano a testi ricchi di storie e invenzioni, attraverso i quali lo spettatore potesse evadere dal reale ed immergersi in mondi esotici e lontani grazie alle prodezze o disavventure di personaggi tra il mitico e il reale. Tuttavia non mancano comunque dei riferimenti realistici nel testo. Non può essere un caso che il Peer Gynt sia stato scritto proprio lo stesso anno, in cui Karl Marx, padre del materialismo storico, dava alle stampe Il Capitale, che probabilmente può aver influenzato l’opera dell’autore naturalista norvegese.
Peer Gynt narra la storia di un giovane pieno di energie, di vitalità e di idee. Peer cresce orfano del padre, Jon Gynt, uomo dalla fama eccellente ma vittima dei vizi e colpevole di aver sperperato tutto il proprio denaro, tanto da voler abbandonare il figlio e sua moglie Åse, lasciandoli in condizioni economiche molto gravi. Il ragazzo è un sognatore, anticonformista e idealista, che si diverte a vagare, spassandosela con vari vizi, tra cui l’alcool ereditato dal padre, tanto inimicarsi tutti i concittadini. Il suo desiderio di riappropriarsi degli averi paterni, per dare serenità alla madre, si scontra con la realtà, non riuscendo ad avere mai un impiego valido e quindi potersi fare una famiglia, impegnandosi con una donna.
Il suo aspetto fisico gradevole e la sua esuberanza lo rendono attraente agli occhi di molte ragazze, verso le quali Peer mostra in generale notevole interesse, ma il suo carattere un po’ strafottente e i suoi racconti di improbabili imprese e avventure da lui vissute allo scopo di attirare l’attenzione delle persone finiscono con il produrre l’effetto contrario.

La resa scenica di questo spettacolo per il Teatro del Loto non poteva non essere d’impatto e d’ingegno, visti i numerosi scenari in cui si svolgono le varie avventure del nostro “eroe”: la scena è composta da un grande patchwork di pelli e pellicce miste che evocano le renne protagoniste dei racconti di caccia di Peer.
Colpisce la grande gamma di scene possibili grazie alla mutazione delle forme delle pellicce e grazie a un grande telo, ideato dallo scenografo Francesco Fassone, che viene azionato dagli stessi attori.
Prendono così forma nello spettacolo i meravigliosi luoghi dell’opera: monti, fiordi, boschi, vele di navi e grandi mantelli, accampamenti, piramidi, manicomi, mari in tempesta. Tutto si muove in un’armoniosa sinfonia degli elementi scenici, in cui il personaggio di Peer Gynt è interpretato da Eva Sabelli, nel pieno della sua versatilità artistica.
Stefano Sabelli ci ha offerto un’ottima reinterpretazione dell’opera di Ibsen, in cui emerge con forza la modernità di molte tematiche. A tale riguardo, dato che il sogno e la sua realizzazione costituisce un elemento presente anche nelle idee del regista molisano, vale la pena citarlo:
«Sono anni che inseguo questo testo e lui insegue me: da quando ho cominciato a far teatro in Accademia. Una favola nordica, creata da Ibsen, durante un suo viaggio mediterraneo, fra Roma, Ischia e Sorrento, che insegue lo spleen di renne, fiordi e nevi della Norvegia e contagiato dal mal d’Africa. Un lavoro per cui Grieg ha scritto musiche sublimi e pop da noi qui reinterpretate anche con strumenti etnici. Non so se fra le nevi del Matese è possibile immaginare troll e spiriti della foresta nordica, ibridati da una Suburra romana con angeli barocchi e colonne imperiali ma Peer Gynt è già di suo un Trip teatrale davvero unico da affrontare. Perché questo racconto è il racconto di una vita lunga un giorno, lungo come una vita. Lo sbucciare della cipolla ci appartiene nel quotidiano, pur non accorgendocene. La ricerca del cuore di un nostro “se” che sfogli, cerchi e non trovi mai, ma che lascia intatta la brama di trovarlo… magari solo per ricominciare a sognare e sfogliare nuove vite e nuove età».
Il risultato finale di questo riuscito spettacolo si deve, oltre alla regia, anche a un gruppo di attori eterogenei e funzionali ai ruoli, in cui i gender si invertono, aggiungendo un ulteriore elemento di surrealismo e sogno e creando quel mondo che molto probabilmente Ibsen desiderava evocare. Infine, sono di grande impatto le musiche eseguite dal vivo attraverso campionature elettroniche e l’uso di strumenti etnici.
Al TeatroBasilica di Roma il 2-5 giugno, Piazza Porta di San Giovanni 10, contatti: 392 9768519
Peer Gynt – tratto da Herik Ibsen – Adattamento e regia: Stefano Sabelli; interpreti: Eva Sabelli, Gianantonio Martinoni, Bianca Mastromonaco, Matteo Palazzo, Fabrizio Russo; musici di scena: Piermarino Spina, Antonio Scioli; scenografia: Francesco Fassone; costumi: Martina Eschini; luci: Daniele Passeri; suono: Gianmaria Spina; produzione: Compagnia del Loto di Teatrimolisani.
