Per il mio bene di Mimmo Verdesca

  • Voto
3

Un melodrammone all’antica, di quelli un po’ alla Raffaello Matarazzo, una volta consideranti “larmoyant”, anche se rivisto e corretto alla luce di una sensibilità contemporanea, con una punta di Ferzan Ozpetek. Arriva nelle sale, targato O1 Distribution e Rodeo Drive, Per il mio bene di Mimmo Verdesca, e certo incuriosisce che il film porti lo stesso titolo di un romanzo autobiografico della dj Ema Stokholma, anche se le storie non hanno nulla in comune.
La rivelazione arriva all’undicesimo minuto, non la nasconde nemmeno il trailer. Giovanna Zanon è un’imprenditrice veneta di successo, ramo lavorazione pietre naturali, alle prese con una nuova scommessa internazionale. Single, vive con la madre Lilia e la figlia Alida. Ma la tragedia è in agguato: quei dolori ricorrenti al ventre vengono da un epatocarcinoma incurabile, l’unica soluzione è un trapianto parziale di fegato, servirebbe un familiare maggiorenne compatibile, ma la madre, nell’imbarazzo, le rivela: «Non sei nata da me». Giovanna fu adottata appena nata, nel gennaio del 1977, e adesso, tanti anni dopo, dove sarà mai finita la madre naturale?
Il dilemma etico è interessante, più o meno ritagliato da casi di cronaca: così, dopo una ricerca quasi poliziesca mentre la malattia s’aggrava, Giovanna approda a un casolare sgarrupato, gestito da un pensionato avido, dove sopravvive una certa Anna Morel. L’anziana è scorbutica, laconica, accumulatrice compulsiva, la sua unica attività è sedersi ogni mattina su una panchina in riva a un lago. Riuscirà Giovanna ad avvicinarla, a dirle la verità, a costruire un legame con lei?
Barbora Bobulova (a destra) e Stefania Sandrelli
Bisogna dire che Verdesca e i suoi sceneggiatori Pierpaolo De Mejo e Monica Zapelli non si negano nulla sul piano di un certo effettismo melodrammatico, specie nel sottofinale: tanto pirotecnico quanto, a me pare, tirato via. Immagino che sia tutto pensato e voluto, inclusa la scena con Giovanna in posizione fetale mentre fa il bagno nella vasca, in questa storia di agnizione, riscoperta della maternità, viaggio intimo e cognizione del dolore.
Barbora Bobulova, chiamata in extremis a sostituire Giovanna Mezzogiorno, è al solito misurata e intonata nel dare corpo alle umane ansie della protagonista; la francese Marie-Christine Barrault è misantropa quanto basta prima di aprirsi con l’apparente scocciatrice; Stefania Sandrelli fa così così la “madre” Lilia; Sara Ciocca incarna la brava figlia Alida (il regista ha girato un documentario-ritratto su Alida Valli); Leo Gullotta sembra buono nei panni del locatore, invece è solo un arido meschinello.
Come sempre nei film italiani c’è musica anche dove non servirebbe, specie sotto alcuni dialoghi serrati, cruciali; ma la firma Germano Mazzocchetti e di sicuro brutta non è. Sui titoli di coda – e come ti sbagli? – risuona La gabbia di Mina.

In sala dal 5 dicembre 2024.


Per il mio bene Regia: Mimmo Verdesca; sceneggiatura: Pierpaolo De Mejo, Mimmo Verdesca, Monica Zapelli; fotografia: Federico Annicchiarico; montaggio: Alessio Doglione; musica: Germano Mazzocchetti;  interpreti: Barbora Bobulova, Marie-Christine Barrault, Stefania Sandrelli, Sara Ciocca, Leo Gullotta, Grazia Schiavo, Fabio Grossi, Gualtiero Burzi; produzione: Marco Poccioni, Marco Valsania per Rodeo Drive con Rai Cinema; origine: Italia, 2024; durata: 100 minuti; Distribuzione: 01 Distribution.

 

 

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