Perugia Social Film Festival XI° – Edizione (26 settembre- 8 ottobre 2025): Summer Camp di Mateo Ybarra (Concorso)


Mateo Ybarra, ginevrino con studi all’University of Arts di Londra e all’HEAD-Genève, dopo aver co-diretto, con Raphaël Dubach, Lux (2021), esplorazione dell’esercito svizzero durante una crisi di sicurezza a causa di un attacco di un gruppo anticapitalista, e diretto Sur nos monts (2022), sulle attività quotidiane di alcuni giovani durante il servizio militare (ricordiamo che in Svizzera è ancora obbligatorio e che lo stesso Ybarra si è dovuto prestare alla leva), con Summer Camp, in Concorso al PerSo dopo l’anteprima all’IFFR 2025 di Rotterdam, ci porta nuovamente dentro il cuore di un’altra istituzione, stavolta meno militarizzata seppure oggetto di articolata regolamentazione: lo scautismo svizzero, che il regista segue durante lo svolgimento di un campo estivo, per adolescenti, di 14 giorni, un campo che diventa evento in quanto, da tradizione, si ripete solamente ogni 14 anni (in una numerologia che forse non risponde soltanto alle regole del caso).

Il regista, che non è mai stato uno scout, ha impiegato un tempo di due anni per arrivare ad avere la conoscenza necessaria per poter filmare l’irripetibile evento estivo. Al riguardo, appare chiara la sensazione di essere di fronte a una tessitura che lega il processo di osservazione, centrato sulla distanza e la restituzione del contesto di riferimento, con quello implicante uno sguardo più partecipato e toccante su quella che, almeno in Svizzera, appare ancora oggi un’esperienza comunitaria e formativa che, tra regole e fughe libere, avventure e piccole disubbidienze, vorrebbe dare, a ragazze e ragazzi, una direzione “agentiva” verso la vita adulta.

La struttura del documentario è circolare, con una panoramica sulla valle svizzera che apre e chiude il film, anche se nella sequenza in coda compaiono in modo simmetrico i nomi degli scout che hanno partecipato al documentario. Nel mezzo le situazioni tipiche di un campo scout, la cui focalizzazione avviene principalmente attraverso l’osservazione delle discussioni, dei gesti e delle espressioni di alcune ragazze e ragazzi coinvolti, più da vicino, nel documentario. La regia evita gli stereotipi e rifugge la tentazione di trovare delle scorciatoie narrative, ad esempio esaltando  l’individualità accattivante di qualcuno a scapito della complessità del gruppo. Piuttosto c’è molta routine quotidiana, in Summer Camp. Quotidianità che può stare anche a significare la possibilità, per chi guarda, di prendersi il tempo per individuare degli eventi minimi che accadono all’interno di una molteplicità che assume forme via via differenti. O ancora il privilegio di poter stare accanto ai processi di soggettivazione, di ragazze e ragazzi, la cui trama vediamo attivarsi lungo i 14 giorni di comunità e di lavoro collettivo, di cucina in comune e di discussioni su come organizzare gli spazi, di sport, sogni e anche invidie, di musica techno e di canti notturni (veicolanti un meraviglioso senso di provvisorietà).      

E se è evidente la solidità di Ybarra nel portare avanti un lavoro documentaristico d’osservazione in cui è implicata una visione d’insieme sviluppata in un tempo lungo e una etica dello sguardo in grado di restituire le voci dei protagonisti, che in primo piano ci parlano, appunto, delle loro aspettative e dei loro conflitti, più inedita, sembrerebbe, è la partecipazione con cui il regista vivifica alcune delle riprese con i giovani scout, rileggendole nell’eco di una fabulazione che vede l’estate come la stagione dell’adolescenza. In questo senso Ybarra ci racconta come sia “stata un’esperienza unica filmare i giovani (..) un’esperienza legata a un campo estivo a cui hanno partecipato molte persone, almeno in Svizzera. All’inizio, ti senti emozionato all’idea di incontrare tutti, poi arriva la stanchezza e infine la tristezza di sapere che tutto finirà presto. Volevo catturare quelle emozioni e far sì che il pubblico ne facesse un’esperienza sensoriale”. 

La stessa contaminazione – tra immagini oggettive e soggettive – sembrerebbe attraversare anche il modo con cui viene mostrato il rapporto dei ragazzi con le regole, laddove all’oscillazione, a tratti dicotomica, tra morale (robusta) e trasgressione (minima), fa da contrappeso, in filigrana, un possibile discorso indiretto libero che, con slittamento fertile, comunica un’ombra di fascinazione del regista verso il controllo geometrico della prospettiva e il “lato militare” degli scout.


Summer Camp – Regia: Mateo Ybarra; sceneggiatura: Mateo Ybarra, Milan Alfonsi Louis Rebetez; montaggio: Rémi Langlade; fotografia: Lucie Goldryng; mixingVuk Vukmanovic; musica: Sébastien Bui (L’Eclair); mixaggio musicale: Yavor Lilov (L’Eclair); ricerca: Diego Ybarra; produzione: Association L’ARTIFICE Raphaël Dubach & Mateo Ybarra; origine: Svizzera/Francia, 2025; durata: 75 minuti.

 

 

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