Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo di Nisha Ganatra


Che fine ha fatto Lindsay Lohan? Probabilmente è questa la curiosità maggiore suscitata da Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo, sequel fuori tempo massimo di Quel pazzo venerdì (2004, regia  di Mark Waters), che era a sua volta il remake di un celebre film degli anni’ 70 (Tutto accadde un venerdì, 1976, di Gary Nelson, duetto strepitoso tra l’altmaniana Barbara Harris e una grintosa, imberbe Jodie Foster), tutti rigorosamente targati Disney. Consacrata in parte proprio dalla riedizione del classico plot sullo scambio di identità tra madre e figlia, Lohan era poi caduta nel tunnel di fragilità e dipendenze, spesso ampliamente strombazzato dai tabloid scandalistici che fanno e disfanno carriere agli albori, nel quale frequentemente sono cadute star bambine e adolescenti, per quanto carismatiche e talentuose. La stessa Lohan ha offerto prove di grande intensità diretta da autori importanti come Robert Altman (Radio America) e Paul Schrader (The Canyons), e c’è da dire che anche in questi filmetti di intrattenimento familiare è sempre risultata credibile, simpatica, centrata. Ritrovarla dunque fa tenerezza, come suscita sempre simpatia e un sussulto per la portata di icona non virtuale del cinema horror, ma presente nella carne e nelle ossa della sua età, rincontrare Jamie Lee Curtis, che sta vivendo una nuova stagione di gloria (culminata nell’Oscar per Everything, Everywhere, All at Once, per un ruolo però sopra le righe e sgangherato, ai limiti del grottesco non sempre volontario). Sono sempre loro, Lindsay e Jamie, a impersonare Anna e Tess, figlia e madre che nel frattempo sono diventate madre e nonna, e che oggi bisticciano per altri motivi: Tess, nonostante sia una psicoterapeuta blasonata da libri e podcast, ha un atteggiamento iperprotettivo, controllante e un po’ soffocante nei confronti di Anna, la quale a sua volta cerca di colmare le proprie insicurezze, ancorate forse a una non completamente elaborata fase post adolescenziale, con la figlia Harper, a sua volta nella piena ribellione e insofferenza di un’età acerba. In questo gioco di specchi e rimandi, entra anche un quarto personaggio, Lily, figlia e sorella acquisita dal nuovo futuro marito di Anna ( che è una ragazza madre, ma non sappiamo perché e per come in quanto c’è stato appunto un gap di venti anni nella sua storia).

Questo quartetto viene colpito, a un certo punto, dallo stesso “incantesimo/maledizione” della saga, ovvero lo scambio di identità fra i vari corpi, moltiplicato dunque dalla originaria forma duale. Alla base ci sono sempre rapporti conflittuali, incomprensioni vecchie e nuove, necessità di ascoltarsi e di capirsi mettendosi nei panni dell’altra, secondo una rassicurante, moralista e, ovviamente, familista visione disneyana che la regista Nisha Ganatra si limita a riproporre con un senso di dejavu e di prevedibile che annulla e diluisce il potenziale comico della situazione di partenza. In particolare Curtis, che ha il coraggio e l’autoironia di esporre il suo corpo e il suo volto segnati dal tempo con una serie di smorfie e di stupori (talvolta piuttosto stucchevoli, a dire il vero), alla fine viene relegata e normalizzata dalla necessità di veicolare una serie di “messaggi” molto più tradizionalisti della  versione degli anni ’70 , che invece aveva una leggerezza e un ritmo da slapstick comedy.  E per tradizionale non si intende ciò che viene detto, che invece è sulla linea molto di tendenza di questo neoliberale empowerment femminile di sorellanza ( però non al punto di mettere in discussione il proprio posto all’interno della famiglia…), dove Anna e Tess possono essere donne di successo, madri, figlie, nonne, anche putative, e fare la cosa giusta in ogni settore della propria vita, a prescindere dall’identità che assumono; senza dimenticarsi oltretutto che è fondamentale imparare dai propri errori. È proprio il linguaggio, fatto di paludati dialoghi in cui ogni personaggio sotto false spoglie rivela quanto ha capito e quanto è cambiato rispetto all’altro, ad apparire come un qualcosa di obsoleto e di paratelevisivo, con un certo design anni ’90.

Tornando alla nostra cara Lindsay, si sperava che portasse un po’ di inquietudine e insofferenza alla Anna, dopo l’esordio di belle speranze come musicista rock ridotta a fare la manager di una pop star capricciosa in crisi sentimentale (anche lei, però, si riscatterà con generosità e saggezza!!!), della sua giovinezza; e invece rimane imbrigliata nella trappola del ritorno a casa, quella di papà Walt, che ne ripulisce e ne sdogana l’immagine per una nuova generazione di teenager. Letto in quest’ottica, come metafora di una sopravvivenza e di una rinascita sotto la luce patinata del mainstream da piattaforma digitale (naturale destinazione di un prodotto audiovisivo che esce il 6 agosto…), questo filmetto diventa la cartina di tornasole di un immaginario generalista, facilmente identificabile, nostalgico quando non proprio passatista. E che è questo il biglietto da pagare per poter rientrare nella careggiata delle montagne russe della new Hollywood in chiara crisi di ispirazione, anche e soprattutto riguardo ad un cinema più largamente popolare, contenuto ormai in una serie di definizioni svuotate di senso e di necessità: sequel, prequel, remake, reboot, spin off…

La ricollocazione di Lohan, figlia perduta e ritrovata di un0 star system che non le ha permesso di cambiare neanche di troppo i connotati, sembra dunque essere il tassello di un puzzle derivativo e non innovativo, stabilizzante e non spiazzante. Paradossalmente, la cosa più autentica di tutta l’operazione sono i falsissimi e studiatissimi ciak sbagliati inseriti nei titoli di coda, dove non c’è nessuna pretesa di verosimiglianza e di identificazione, ma si vedono delle attrici forzatamente impegnate in dei siparietti accattivanti, in un paradossale spot a posteriori. Sarebbe stato molto più interessante però, tra le varie scenette, vedere scappare a Lindsay un dito medio o una parolaccia in faccia a quel pubblico cosi composto e ben educato da essere rimasto fino alla fine della morale della favoletta.

In sala dal 6 agosto.


Quel pazzo venerdì, sempre più pazzo (Freakier Friday ) – Regia: Nisha Ganatra; sceneggiatura: Jordan Weiss; fotografia: Matthew Clark;  montaggio: Eleanor Infante; musica: Amie Doherty; interpreti: Lindsay Lohan, Jamie Lee Curtis, Julia Butters, Sophia Hammons, Manny Jacinto, Mark Harmon, Chad Michael Murray, Stephen Tobolowsky; produzione: Walt Disney; origine: USA, 2025; durata: 111 minuti; distribuzione: Walt Disney Italia.

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