Torino Film Festival (Concorso doc./internazionale): Rampart di Marko Grba Singh

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Si apre con una – al tempo stesso – didascalica ed enigmatica definizione lessicografica in inglese il film di Marko Grba Singh intitolato Rampart, una definizione che intenderebbe spiegare il titolo stesso: “un muro difensivo di un castello o di una città fortificata” ovvero “una barriera protettiva”. Del resto la parola italiana è molto simile ovvero ramparo, spesso usata al plurale, i più celebri sono quelle delle mura che circondano Ferrara. Ma dietro questa definizione resta comunque difficile per tutto il corso di questo mediometraggio (61 minuti in tutto) capire che cosa l’autore davvero intenda. Poiché il film racconta a distanza di poco più di vent’anni, il trauma primario del regista e della sua famiglia, ovvero il bombardamento di Belgrado nel 1999 da parte delle forze militari della NATO. Una famiglia unita che ha la fortuna, a differenza di altre famiglie concittadine, dapprima di riparare nella casa di campagna del nonno, fuori città, e successivamente di trasferirsi in Romania, a Timisoara, niente di entusiasmante per carità la Romania post-sovietica, ma comunque più al sicuro.

Il film – presentato e ben accolto a Locarno nell’agosto scorso – si regge su una struttura dialettica: da un lato la rievocazione del passato tramite le numerose immagini sgranate, dotate di data giusta e ora sbagliata, provenienti dalle VHS girate allora dal nonno appassionato, sempre con la videocamera in mano, e religiosamente conservate dal nipote che, lo si capisce, anzi a un certo punto lo dichiara proprio, quelle immagini le ha viste e riviste fino a sfinirle e in parte a renderle irriconoscibili, dall’altro il regista ormai trentenne che ritorna nella casa di Belgrado, autentico lieu de memoire, ormai vuota e abbandonata e fissa il pavimento sporco, le porte scrostate e l’orizzonte fuori dalle finestre arrugginite.

La percentuale è decisamente a favore del footage, immagini di paura, soprattutto quando la famiglia è ancora a Belgrado e sono iniziati già i bombardamenti, ma anche immagini di divertimento, di piccole gioie quotidiane della famiglia, maggiori ovviamente quando la famiglia si trasferisce in campagna, e ancor più a Timisoara dove addirittura assistiamo alla visita a un luna park. Malgrado ciò o se vogliamo proprio per questo si ha la sensazione che il regista sia ben lungi, a distanza di tutti questi anni, dall’aver superato il trauma; peraltro la cosa viene anche detta, o meglio scritta esplicitamente verso la fine. Scritta, perché il regista non parla mai (il parlato è riservato solamente alle vecchie cassette), ma le cose più importanti, a partire dai dati documentari spiccioli, le comunica con scritte sovraimpresse sulle minoritarie immagini odierne, attingendo a una tecnica nella quale le singole righe vengono aggiunte a poco a poco, una dopo l’altra. Una delle più significative è quella in cui si racconta il ritorno a casa, al termine dei bombardamenti, e il ritorno a casa è definito come “ritorno in Yugoslavia”, come se nel 1999 la Yugoslavia ci fosse ancora.

Seppure un po’ ripetitivo il film è certamente notevole per la dialettica fra l’estremo rigore formale delle immagini contemporanee (lunghe inquadrature senza controcampo) e le sequenze movimentate e caotiche dei family movies. Lo scopo del film è evidente: trasformare la memoria comunicativa (familiare) in memoria culturale, produrre un monumento capace di ricordare il trauma di una generazione e di un popolo, omaggiare la famiglia e in particolare il nonno Meki, scomparso nel 2009, meritevole di aver saputo, con i suoi video, testimoniare. Resta il mistero del titolo. Come mai Rampart? Le immagini sgranate dei VHS come muro difensivo del protagonista e regista dal quale non è mai davvero riuscito a separarsi, andando incontro a una nuova vita? Chissà.


Cast & Credits

RampartRegia: Marko Grba Singh; sceneggiatura: Marko Grba Singh; fotografia: Ivan Markovic; montaggio: Mina Petrovic; interpreti: Marko Grba Singh; produzione: Marko Grba Singh; origine: Serbia 2021; durata: 61′.

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