Chi entra in sala e si siede sulla poltrona di un cinema per vedersi un film del regista austriaco Ulrich Seidl in genere sa cosa aspettarsi, o per lo meno è preparato ad affrontare sullo schermo situazioni scomode e immagini che possono metterlo anche a disagio – nessun altro come lui ha costruito la sua fortuna cinematografica indagando sui più profondi abissi dell’uomo. Partendo dalla trilogia Paradies: Love, Paradise: Faith, Paradise: Hope (2012-2013), passando per Im Keller (2014), Safari (2016) o il più recente Rimini (2022), in sala l’anno scorso anche in Italia, tutti i suoi film ci sbattono in faccia la realtà senza mitigarla tramite filtri, tanto da risultare, nella loro ricerca di autenticità, spesso molto o troppo crudi a secondo delle valutazioni personali.
Uscito da poco in Germania, dunque, anche Sparta pretende la stessa autenticità degli altri lungometraggi. E dato che indaga sulla devianza sessuale della pedofilia, un tabù sociale sul quale ancora spesso si fatica a parlare, il film risulta particolarmente discutibile.
Il film ha avuto una genesi complessa. Nato in contemporanea al già ricordato film gemello Rimini , ne condivide in parte il set. I due lungometraggi, che insieme vanno a costituire un dittico intitolato ‘Böse Spiele’ (giochi cattivi), raccontano nel realismo senza filtri del settantenne regista viennese, un momento nella vita di due fratelli. Il mite e a prima vista inoffensivo Ewald (Georg Friedrich) è il protagonista di Sparta, mentre Ricki Bravo (Michael Thomas) era il cantante folk, caduto ormai in disgrazia, dell’opera precedente. Oltre alla solitudine delle loro vite, i due fratelli hanno in comune un padre (Hans-Michael Rehberg), ormai malato e demente, che vanno a trovare regolarmente in una casa di riposo. In entrambi i film il passato nazista del padre aleggia come una spada di Damocle sul desolante presente dei figli, ed è sottinteso, che sia lui la presumibile causa delle devianze sessuali dei figli. Alcune scene nella casa di riposo si ripetono in entrambi i film, anche se solo all’inizio di Rimini vediamo i due fratelli vagare per le stanze della casa di famiglia, ormai abbandonata a sé stessa.
Il protagonista di Sparta è, come dicevamo, il non più giovanissimo ingegnere austriaco Ewald Scholz colto nel momento critico in cui prende coscienza della sua devianza. Alla compagnia della fidanzata, che lo vorrebbe sposare e lo attende sul letto in lingerie sexy, Ewald preferisce quella dei bambini al parco giochi. Oppure si accontenta di osservarli da lontano, mentre giocano una partita di calcio. Ma è solamente dopo una battaglia a palle di neve con un gruppo di ragazzini, dai quali fugge palesemente sconvolto, che vediamo l’uomo sofferente seduto in auto alle prese con una difficile decisione da prendere: se seguire o no, e soprattutto senza più negarla a sé stesso, la sua inclinazione alla pedofilia. Lasciati senza grandi spiegazioni la fidanzata e il lavoro, si trasferisce nella provincia romena dove si costruisce una nuova esistenza. Dopo aver reclutato casa per casa alcuni ragazzini del paese, Ewald apre una scuola di judo, e dedica loro tutte le sue giornate. In poco tempo i bambini passano più tempo da lui che non a casa e i genitori, infastiditi, cominciano a farsi domande sullo strano comportamento di quel maestro di judo comparso dal nulla.

Sebbene lungo il corso del film Ewald non viva fino in fondo la sua pedofilia e anzi riesca, pur con fatica, a controllarsi, il finale del film non lascia molti dubbi che le sue intenzioni non siano quelle di affidarsi ad un terapeuta. Nonostante ciò, il protagonista non viene demonizzato, anzi, sembra quasi che la macchina da presa partecipi con comprensione alla sua sofferenza e si concentri sulla complessa situazione psicologica che questo sta attraversando. Forse è proprio questa ambiguità ad aver scatenato le critiche, visto che il film, pur di rimanere fedele al realismo e all’autenticità ricercate da Ulrich Seidl non ci risparmia la fissità voyeuristica dello sguardo di Ewald sui corpi, pur ripresi a dovuta distanza, dei bambini.
Già prima dell’uscita del film al festival di Toronto, il noto magazine tedesco Der Spiegel ha lanciato un’accusa di plagio nei confronti del regista, il quale non avrebbe sufficientemente informato i genitori dei bambini sul tema del film, tanto che la pellicola venne ritirata. Dopo alcune indagini della commissione cinematografica austriaca, il film è stato comunque presentato al Festival internazionale del cinema di San Sebastián e al Filmfest di Amburgo. Lo stesso Ulrich Seidl ha fatto pubblicare sulla pagina della sua casa produttrice (la Ulrich Seidl Film Produktion) uno Statement in cui risponde con professionalità alle accuse della giornalista Hannah Pilarczyk, dalla quale era partita l’accusa.
Fra i film che si sono interessati o hanno affrontato il tema, c’è, ovviamente, Lolita (1962) di Stanley Kubrick (e il suo remake nel 1997) è quello che più si avvicina a Sparta, perché tratta il tema della pedofilia dal punto di vista del carnefice. Grazie a Dio (Grâce à Dieu, 2019), il film del 2019 scritto e diretto da François Ozon, ricavato da una storia vera, mette in luce gli abusi sui minori di un prete pedofilo all’interno della Chiesa cattolica francese. Sul tema della pedofilia istituzionalizzata, l’abuso sessuale sui minori consentito dalle tradizioni, aveva fatto scalpore invece l’uscita, nel 2014, del film yemenita La sposa bambina, della regista Khadija al-Salami. Chissà se mai se Sparta verrà presentato anche sui nostri schermi.

Ps.: Al passato Festival Rotterdam (25 gennaio – 5 febbraio 2023), Seidl ha presentato Böse Spiele – Rimini Sparta (titolo internazionale: Wicked Games Rimini Sparta) nel quale ha fuso, rimontandoli insieme, i due suoi precedenti film, già concepiti, come si accennava, in continuità, in un opera autonoma di 203 minuti.
Sparta – Regia: Ulrich Seidl; sceneggiatura: Ulrich Seidl, Veronika Franz; fotografia: Wolfgang Thaler, Serafin Spitzer; montaggio: Monika Willi; musica: Fritz Ostermayer, Herwig Zamernik; interpreti: Georg Friedrich (Ewald), Hans-Michael Rehberg (il padre), Florentina Elena Pop, Marius Ignat, Nicolae Cocis (Octavian); produzione: Ulrich Seidl, Philippe Bober per Seidl Filmproduktion, Essential Filmproduktion, Parisienne de Production; origine: Austria/Germania/ Francia; durata: 101 minuti.
