Spencer di Pablo Larraín

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Una favola tratta da una tragedia vera”.

Dopo il deludentissimo Diana – La Storia Segreta di Lady D, un altro cineasta ha deciso di cimentarsi con le vicende legate alla vita di Lady Diana, la principessa del popolo – deceduta in un’incidente d’auto nel 1997, a soli 36 anni. Si tratta di Pablo Larraín,, che a due anni di distanza da Ema, torna in Concorso a Venezia 78. con Spencer. L’autore cileno si era già cimentato con il ritratto di un’altra icona regale, Jacqueline Kennedy (divenuta, poi, Onassis); tirando fuori dal cilindro Jackie, con una magniloquente Natalie Portman. Già in quel caso aveva dato prova di saper scardinare le convenzionalità del genere biopic; entrando appieno nella psicologia e nell’anima della First Lady, catturate nei giorni dell’omicidio di John Fitzgerald Kennedy.

Spencer è raccontato nell’arco temporale dei tre giorni a cavallo tra la Vigilia di Natale e Santo Stefano – noto nel Regno Unito come Boxing Day – del 1991, nella tenuta reale di Sandringham – città di nascita della Principessa del Galles. In quelle 72 ore cruciali, il matrimonio tra lei e il Principe Carlo giunge all’apice di una crisi coniugale iniziata, ormai, da tempo. Chi pensava che Larraín volesse ripetere lo stesso registro stilistico utilizzato in Jackie, rimarrà alquanto sorpreso. Film dopo film, l’autore cileno ha alzato sempre di più l’asticella del rischio, senza mai fallire. Nel portare sullo schermo una sceneggiatura originale di Steven Knight (Piccoli Affari Sporchi) – basata, solo in parte, su accadimenti accertati – ha giocato d’audacia in modo smisurato – e qualcuno, probabilmente, storcerà il naso per gli azzardi.

La Diana (di) Spencer ha lo sguardo e le fattezze di Kristen Stewart; per la quale, sulla carta, vi erano degli scetticismi. A seguito del successo ottenuto con la saga young adult di TwilightStewart è cresciuta molto, a livello interpretativo; tentando, in ogni modo, di non rimanere incastrata nel volto pallido della vampira Bella Swan e offrendo delle performance riuscite – quando diretta da registi competenti. Un po’ come Natalie Portman fece con la sua Jackie, l’attrice californiana è stata in grado di far sue l’essenza interiore, le movenze a la voce di una Diana che, all’epoca, aveva compiuto il trentesimo anno d’età; regalandoci un’interpretazione viscerale e palpitante.

Il passato e il presente sono la stessa cosa. Il futuro non esiste”.

Costretta nella gabbia dorata del castello di Sandringham, Diana tenta in ogni modo di fuggire: dalle tradizioni, da ciò che impone la corte di Sua Maestà, dalle asfissianti formalità che dominano la propria quotidianità. Mentre l’esercito giunge nella magione e la servitù si prepara per pranzi e cene lussureggianti – nelle cucine dove bisogna “ridurre il rumore al minimo, perché tutti sentono tutto” – lei ritarda l’arrivo e finisce per perdersi; chiedendosi come possa non conoscere le strade delle campagne dove lei stessa è nata e cresciuta. Poco distante dal palazzo dove l’attendono, si trova, difatti, la casa della sua infanzia; ormai, andata in rovina. Diana si è persa, in ogni senso. Si trova a dover ingoiare perle come fossero rospi; proprio le perle di una collana identica a quella che il marito ha regalato all’amante. Una collana che lei non vuole indossare e che le stringe il collo in una morsa tale da soffocarla – al pari di una catena. Lei non può indossare gli abiti che desidera; anche quelli, come ogni cosa, sono programmati, in una routine impossibile da scardinare. Per fortuna, a vegliare su di lei, in un campo poco distante, c’è lo spaventapasseri con cui giocava da bambina, al quale aveva messo addosso un giubbotto del padre; che, dopo anni, trova ancora lì e porta, preziosamente, con sé.

Lo script di Spencer ha una visione circolare, dove le metafore i simbolismi ritornano e ruotano uno sull’altro, in modo perturbante. Diana avverte l’ombra della morte su di sé, si sente già un fantasma; senza un futuro, come i fagiani uccisi, puntualmente, dai fucili durante le battute di caccia, alle quali prendono parte i figli e il marito Carlo. Il suo presente è il passato di chi, prima di lei, si è trovata nella medesima posizione: Anna Bolena, abbandonata e fatta decapitare dal re e consorte Enrico VIII Tudor; la cui presenza tormenta Diana come uno spirito ammonitore.

La principessa di Larraín ha una fanciullezza spiccata e lui stesso non ha timore di enfatizzare gli aspetti più infantili e spontanei di una giovane donna che deve dare ai fotografi una versione duplice ma differente di sé rispetto alla… Verità. Ad accompagnarla nel soggiorno natalizio che sarà fondamentale per il resto della sua esistenza, c’è una cameriera a cui è particolarmente affezionata, l’unica in grado di darle calore – nel gelo della casa, dove non si fa uso dei riscaldamenti – ed è interpretata da una tenera Sally Hawkins. Il suo personaggio al pari di quello di Timothy Spall  – una guardia, deditamente, attenta a riferire alla Regina tutto ciò che accade – sono entrambi significativi; pur rimanendo di contorno.

Ma Spencer è anche una gioia per gli occhi e grande merito va, in tal senso, alla direttrice della fotografia Claire Mathon – che spazia dai colori caldi degli interni addobbati a festa ai grigi degli spazi circostanti – al sottovalutato scenografo Guy Hendrix Dyas  – eccelso nell’arricchire il set anche di dolci voluminosi e pietanze che danno l’impressione di essere ulteriori pezzi d’arredo – e alla costumista Jacqueline Durran. Non di minor valore è, poi, la colonna sonora di Jonny Greenwood; ben presente, tra motivi jazz, note malinconiche e crescendo, nelle sequenze, emotivamente, più forti.

Spencer si colora anche di qualche sfumatura pop ed evoca, a tratti, Marie Antoinette di Sofia Coppola, negli stati di sfogo e liberazione di Diana – i balli nei corridoi di palazzo, il canto in macchina con i figli e la radio accesa e le corse sui prati, che la riportano agli anni felici dell’adolescenza. Pablo Larraín stupisce sempre di più, con un’altra opera d’arte degna di essere chiamata tale. D’altronde, perché rileggere un mito in modo pedissequo e, completamente, lineare alla realtà? Il futuro ci dirà se il (suo) coraggio sarà premiato.

In sala dal 24 marzo


Regia: Pablo Larraín; sceneggiatura: Steven Knight; fotografia: Claire Mathon; montaggio: Sebastián Sepúlveda; musica: Jonny Greenwood; interpreti: Kristen Stewart, Timothy Spall, Jack Farthing, Sean Harris, Sally Hawkins; produzione: Komplizen Film, Fabula, Shoebox Films, in associazione con FilmNation Entertainment; origine: Germania, Cile, UK, USA, 2021; durata: 111’; distribuzione: 01 Distribution; webinfo: https://neonrated.com/films/spencer

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