Still Here di Suranga Katugampala

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Impossibile negarlo: ci sono film che più di altri hanno bisogno, per essere compresi ed (eventualmente) apprezzati dell’aiuto concreto di chi li ha fatti. Chiamiamolo pure cinema concettuale. A mio personale avviso questo fatto si configura come un limite, come una implicita dichiarazione di non autosufficienza del testo filmico. È quanto con certezza accade con Still Here, il secondo lungometraggio del regista di origine cingalese Suranga Katugampala (1987), che da più di vent’anni vive in Italia e che ha presentato il film Fuori Concorso in una delle sezioni della Festa del Cinema di Roma nell’ottobre del 2024, una coproduzione italo-franco-cingalese, dove per la parte italiana è intervenuta anche Rai Cinema.

Intervistato in occasione della prima romana, il regista ha dichiarato un paio di cose che ritengo imprescindibili per orientarsi nel film: la prima è che il film si svolge in due quartieri, uno di Milano e l’altro di Colombo, che stanno subendo un’analoga violenta trasformazione, i quartieri si chiamano Corvetto (l’italiano medio, se ne ha sentito parlare, lo conosce come quartiere “artistico” dove, fra tutti, spicca l’edificio della Fondazione Prada, qui nulla di tutto ciò) e Slave Island che nessuno conosce e che, comunque, quantitativamente vediamo all’incirca per un quinto dei circa 90 minuti a cui ammonta il film. Ottimo a sapersi, senza la dichiarazione di Katugampala non l’avremmo capito. Seconda dichiarazione: Katugampala ci spiega nelle interviste la miriade di citazioni cinematografiche, di film appartenenti soprattutto alla categoria del soft-porno, ma non solo, difficilissime altrimenti da riconoscere, per lo più situate in un cinema di Colombo che si chiama Rio. Terza dichiarazione: “Il cinema è anche un tentativo di evocare nuovi immaginari che si basano sulle tracce relazionali che la storia contemporanea produce. Ed è proprio su questa relazione che ho voluto immaginare Still Here.”. Alla domanda dell’intervistatrice Santa Nastro su “Artribune”, il regista risponde così: “Glissant nel suo testo Poetica della Relazione parla dell’immaginazione come quel ponte che connette territori lontani fra loro. E l’immaginazione che cosa è se non cinema? Il cinema riflette le vene pulsanti del mondo di oggi, fatto di contraddizione, di ambiguità, di frammenti di verità e non più di verità assolute. La geografia mentale e affettiva è qualcosa di molto interessante da esplorare cinematograficamente.”.

Ecco, rispetto a tutta questa importante impalcatura concettuale, lo spettatore si trova di fronte a una quantità di scene, oltremodo ripetitive, in cui dei ragazzini (abbandonati dalla madre che ha fatto ritorno in Sri Lanka, si tratta della parte, diciamo così, fictional, oggettivamente poco influente, poco plausibile in un film che avrebbe dovuto avere il coraggio di limitarsi a essere un documentario, e basta) esplorano cortili, non luoghi, junk spaces,  prossimamente urbanizzate in modo forzoso, il padre di quei ragazzini (marito della donna fuggita?) che si aggira a sua volta, con una evidente tendenza all’alcolismo in locali residuali (soprattutto uno denominato Le Nouveau Port che ben presto verrà anch’esso demolito per fare spazio a nuovi edifici). Il tutto avviene quasi completamente in una luce notturna e allucinata (come del resto anche le poche sequenze ambientate a Colombo, nient’affatto marcate, se non dalla popolazione che attraversa le strade, dalle insegne e dalle targhe delle macchine). I dialoghi, a esagerare, coprono un paio di pagine (forse sono maggiori i lacerti di dialogo delle pellicole cinematografiche che vediamo, ma soprattutto ascoltiamo). Ai personaggi che con molta buona volontà possiamo definire principali si aggiungono donne non più giovanissime che hanno tutta l’aria di “interpretare” se stesse, quindi attrici non professioniste che parlano del più e del meno.  Un’ultima dichiarazione di  Katugampala: “C’è sempre la consapevolezza che un film come Still Here possa essere concepito come difficile, nel senso che mette a dura prova il pubblico con il suo linguaggio.” Come dargli torto?

In sala dal 25 febbraio 2025.


Still Here. Regia: Suranga Katugampala; sceneggiatura: Suranga Katugampala, Simona Cella; fotografia: Suranga Katugampala,Andrea Sestu; montaggio: Nicolas Milteau;  interpreti: Majda Halli, Saumya Liyanage, Dorian Alix Angrand Suarez, Halima Eddinari; produzione: 5e6, Okta Film, Subobscura Films, Kaiya Collective, Rai Cinema; origine: Italia/Sri Lanka/Francia, 2024; durata: 91 minuti; distribuzione: 5e6 Film.

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