Sundown

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Sundown è la nuova opera, in Concorso a Venezia 78, di Michel Franco, giovane e talentuoso regista, sceneggiatore e produttore messicano. Nel 2012, infatti, con Despues de Lucia,  si era aggiudicato il premio al “Un Certain Regard” al Festival di Cannes e l’anno scorso, ha ottenuto il Leone d’argento – Gran premio della Giuria con Nuevo orden  (https://www.closeup-archivio.it/nuevo-orden-11-settembre), proprio qui a Venezia.
Anche stavolta, con Sundown, non delude e ci ha confezionato un film valido, ben strutturato, efficace,  interpretabile su più piani e con un cast di grande livello.
L’ intreccio è apparentemente semplice: Alice (Charlotte Gainsbourg) e Neil Bennett (Tim Roth), fratelli appartenenti a una ricca famiglia  inglese, sono  in vacanza ad Acapulco con i giovani Colin e Alexa in una sorta di beatitudine paradisiaca, incastonati in una sorta di perfezione statica, quasi immobile. Il quadro idilliaco viene guastato dal mondo esterno: una telefonata avverte prima del malore di un familiare ( l’anziana mamma), poi della sua morte.
Neil, dopo la brutta notizia, decide, semplicemente, dapprima  di ignorare la sua famiglia fingendo di non trovare il passaporto (e quindi non fa ritorno a casa con i suoi cari), poi di ricominciare a vivacchiare ad Acapulco, in una sorta di pigra e dolce atarassia, tra una birra e l’altra e l’incontro con Berenice, un nuovo improbabile amore conosciuto sul posto.
La sua in realtà non sembra una decisione vera e propria ma un desiderio istintivo di non volerne più sapere di responsabilità e legami, di voler cambiare vita e direzione lasciandosi cullare, pigramente, dagli eventi e dalle circostanze. 
Tim Roth riesce a calarsi perfettamente nei panni di Neil, interpretando con grande (non) espressività, un dramma familiare che rimane sopito, silente e poco dichiarato e per questo sembra ancora più intenso. Il plot è semplice, ma costruito, a livello simbolico, su più piani: da una parte risalta la contrapposizione tra le diverse reazioni alla morte di un caro, quella di Alice e dei ragazzi, attaccati alla realtà e fortemente connessi a un sistema  preesistente,  e quella di Neil, che sembra non volerne più sapere della sua vita precedente,  fatta di immobilità,  di agi e di comodità. La telefonata rompe quindi l’ equilibrio di un sistema precostituito e contribuisce a creare due universi contrapposti, fortemente connessi a due differenti modalità di affrontare il lutto e le difficoltà:  Neil da una parte e la sua famiglia dall’altra.
Il tempo emotivo dei protagonisti è poi sempre scandito dalla luce del sole, capace di essere allo stesso tempo calda, accecante, avvolgente come violenta e invadente. Sotto il sole e cullato dalle onde, infatti, Neil sembra voler rinascere, trastullandosi ogni giorno, quasi inebetito dal calore.
Sotto un sole accecante, allo stesso tempo, viene ucciso un uomo sulla spiaggia dove trascorre le sue giornate Neil e verrà poi uccisa anche Alice ritornata a fare un patto di divisione dei beni con il fratello. Come suggerisce anche il titolo del film, la luce contribuisce quindi a definire le emozioni dei protagonisti e crea contrapposizioni, simmetrie e le giuste sfumature.
E la polarità non si gioca solo da un punto emotivo,  ma anche da un punto di vista sociale: Neil, decidendo di rinunciare anche alle ricchezze (eccetto una ‘pensione mensile’),  cambia vita “abbracciando” usi e costumi della gente del posto, accettando un quotidiano modesto,  semplice e con uno stile di vita poco agiato. Il protagonista si spoglia quindi della sua individualità per rinascere a nuova vita, attraverso la conoscenza di Berenice. E non importa che la nuova vita sia modesta e semplice. L’importante è saper/ poter rinascere slegati da tutto e da tutti. Con un finale che stupirà diversi spettatori
Ben costruito e con un giusto ritmo, Sundown riesce a regalare un quadro ampio  e sfaccettato della psicologia dell’essere umano, andando a sfiorare corde profonde dell’intimità e delle emozioni nei singoli e nelle relazioni familiari.
 

Sundown – Regia e sceneggiatura: Michel Franco;  fotografia: Yves Cape; montaggio:  Oscar Figueroa, Michel Franco;  interpreti: Tim Roth, Charlotte Gainsbourg, Iazua Larios, Henry Goodman,  Albertine Kotting; produzione: Luxbox, Teorema; paese: Svezia/Messico, Francia; anno: 2021; durata: 83′.

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