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La Repubblica di Weimar rappresenta uno dei capitoli più controversi della storia tedesca: rappresentò un modello di democrazia avanzata ed aperta nello scenario europeo degli anni Venti, anche se la sua genesi fu molto travagliata. A tal proposito, la più evidente difficoltà era la totale frammentazione della partitica tedesca, che privava l’arco parlamentare di una reale forza egemone in grado di guidare il Paese nella fase di transizione accompagnata dagli eccessi i poteri in mano al Presidente. Nonostante i limiti evidenti, l’unica forza politica che potesse tentare la via del governo – numeri alla mano – era la socialdemocrazia, che aveva solide basi elettorali tra le masse operaie.
In questo clima di incertezza ma di diffusione di tante ideologie e nuovi orizzonti, la cultura tedesca ebbe degli sviluppi notevoli producendo in tutti i settori opere letterarie, architettoniche e performato e di grande spessore: Alfred Döblin: in Berlin Alexanderplatz (1929), il suo capolavoro letterario, il protagonista fa spesso riferimento alla Grande Guerra e alla fallita rivoluzione spartachista; Erich Maria Remarque nel romanzo Im Westen nichts Neues (Niente di nuovo sul fronte occidentale, 1929) descrisse gli orrori della guerra; Der Zauberberg (La montagna incantata, 1924) di Thomas Mann, pur non trattandone direttamente, è influenzato dal clima denso di contraddizioni che caratterizzava il periodo, il figlio Klaus invece si occupò dell’omosessualità nel primo dopoguerra nel suo Der fromme Tanz (La pia danza, 1925).
La più innovativa delle produzioni, oltre che nel cinema, fu però quella teatrale e della musica, in cui si diede vita al teatro basato sulla tecnica dello Straniamento (Verfremdung) grazie al genio di Bertolt Brecht e alle sue opere di grande impatto intellettuale, mentre la musica, che spesso accompagnava la produzione brechtiana fu quella di Kurt Weil.
In pittura brillò Otto Dix e in architettura nacque il Bauhaus, la scuola di Walter Gropius, il quale ebbe il merito anche di avere inventato un palco adatto per un Teatro Totale e le opere brechtiane, purtroppo mai realizzato, ma fondamentalmente nel teatro contemporaneo .

In tutto questo fervente sviluppo culturale il Kabarett weimariano ebbe un ruolo fondamentale, perché partendo da un apparente desiderio di ironia e risate, si insinuava genialmente nelle questioni politiche e sociali; gli artisti erano perlopiù di origine ebraica, e spesso parlavano con disinvoltura dei loro tic e difetti antropologici. Ma la loro grandezza consistette nel coraggio di avere creato spettacoli in cui erano evidenti le parodie del Nazismo e di Hitler.
Infatti nel 1933 l’iperinflazione rampante, la massiccia disoccupazione e il grave abbassamento della qualità della vita, confrontati con il periodo precedente alla prima guerra mondiale, furono i fattori principali del collasso, in cui si inserì con successo la propaganda nazista.
Il nutrito gruppo di attori e cabarettisti si riversava quasi tutto nella città di Berlino, come emerge chiaramente nella splendida trilogia scritta da Bruno Maccallini e da Antonella Ottai, e diretta dallo stesso Maccalini, che è andata in scena al Teatro Vascello dal 22 al 24 aprile: Diva, una sinfonia per Weimar, Stasera mi sono venuto a trovare e Grotesk.
Abbiamo avuto il piacere di poter assistere al secondo e il terzo appuntamento, potendo così apprezzare le vicende dei multiformi cabarettisti tra cui Fritz Grünbaum e Kurt Tucholsky.
Il primo luogo importante sulla Kurfürstendamm fu il Café des Westens (conosciuto anche come Café Größenwahn), che venne inaugurato nel 1898 e che divenne in tempi brevi il ritrovo preferito dagli artisti di avanguardia, tanto da essere considerato come la casa dell’Espressionismo. Nel 1922, dopo l’avventura del Cabaret Größenwahn, Rosa Valetti si spostò al civico 32 per aprire Die Rampe, nel quale lavorarono anche Kurt Tucholsky, Werner R. Heymann, Ralph Benatzky, Wilhelm Bendow, Marcellus Schiffer, Margo Lion e molti altri.
Nel 1929, nella traversa di Joachimsthalerstraße, Robert Eugene aprì il cabaret politico – letterario Die Rakete, che quattro anni dopo ospitò le serate del Kabarett der Komiker. Più tardi, quest’ultimo si trasferì all’interno del Mendelssohn-Bau in Kurfürstendamm.
Questa vita sfavillante in pochi anni si trasformò in un incubo e al posto delle gremite sale berlinesi, tutti i cabarettisti svolsero il coraggioso e ingrato ruolo di recitare nel lager nazisti dove vennero deportati.

Il lavoro di Bruno Maccallini e della Prof.ssa Ottai è frutto di una lunga e attentissima attività di ricerca, che ci restituisce la vita dei personaggi dell’epoca, nel ruolo non solo di grandi artisti scenici, ma soprattutto di uomini che hanno lottato fino alla fine delle loro vite l’orrore, grazie alla forza della loro arte e del grande spessore umano, alternando il dolore alla risata in modo fluente come purtroppo spesso accade nella nostra assurda esistenza.
Bruno Maccallini, regista e attore bilingue, si muove con fascino e disinvoltura, incanta con la sua voce profonda, perfetta per lo stile dei tempi, si denuda con grazia e sconvolge il pubblico alternando gioia ad alienazione vissuta dagli artisti ebrei, (che furono centinaia, compreso il dimenticato attore, regista e direttore di teatro Leopold Jessner, fortunato per essere fuggito negli States).
La struggente vita di Grünbaum e degli altri artisti coevi, viene raccontata come avrebbero fatto loro: attraverso la risata, che a volte esorcizza il male, ma lascia nello spettatore un profondo senso di sgomento e impotenza, costringendolo a fare i conti con un periodo nero della storia europea.
A ridosso della Festa del 25 Aprile, la trilogia weimariana evoca con forza e profondità il ricordo dell’orrore e costringe tutti a ricordare la buia cooperazione con il Nazismo del Fascismo e di Mussolini in Italia, le morti, le persecuzioni e l’orrore.
Ringraziamo questo gruppo di scrittori e artisti per avere dato vita a delle performance di elevato livello sia teatrale che documentaristico (molto significativi gli Rvm proiettati) che speriamo possano replicare ovunque.
Al Teatro Vascello dal 22-24 aprile 2024
Sono in programmazione date tedesche della trilogia in autunno.
Stasera ho deciso di venirmi a trovare – Regia: Bruno Maccallini; Testo: Bruno Maccallini e Antonella Ottai; Interprete: Bruno Maccallini; Voce, corno e chitarra: Livia Cangialosi.
Grotesk – Regia: Bruno Maccallini; Testo: Bruno Maccallini e Antonella Ottai; Interprete: Bruno Maccallini; Musiche dal vivo: Kabarett Ensemble.
Un progetto a cura di Bruno Maccallini e Antonella Ottai. Un’iniziativa in collaborazione con Goethe-Institut-Rom.
