Telluride Film Festival (29 agosto – 1 settembre 2025): Ballad of a Small Player di Edward Berger

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Solo ad un anno di distanza dalla Prima del film vincitore dell’Oscar Conclave al Telluride Film Festival, il regista tedesco-austriaco-svizzero Edward Berger è tornato nell’enclave montana del Colorado, in una della manifestazioni più glamour del panorama festivaliero statunitense, con un altro film sulla salvezza e la dannazione. Tuttavia, questo Ballad of a Small Player è ben lontano dalla riflessione sulla politica cattolica fra la Cappella Sistina e la caffetteria del Vaticano, essendo ambientato tra i casinò di Macao, con il carismatico Colin Farrell nei panni di Lord Doyle, un aspirante giocatore d’azzardo in gravi difficoltà economiche. Sebbene lo stile bombastico di Ballad of a Small Player contrasti con il suo lavoro precedente, Berger torna nuovamente a riflettere sullo spirito e sull’animo umano, questa volta trattando il tema della dipendenza dal gioco e dell’avarizia in modo massimalista e sfoggiando un grande uso del technicolor. Sebbene forse meno intrigante di Conclave – e sicuramente il soggetto è meno “serio” – questa nuova opera rimane visivamente accattivante, frenetica nel ritmo e fortemente seducente, grazie soprattutto all’interpretazione del protagonista maschile. Come il regista ha detto al pubblico del Festival di Telluride, si tratta di una lettera d’amore all’attore Colin Farrell.

Lord Doyle è un dandy, esiliato in una suite di un Hotel a cinque stelle di Macao e un giocatore d’azzardo con una serie di sconfitte alle spalle. Fin dall’inizio, i problemi finanziari del protagonista sono evidenti, poiché non riesce – in una scena particolarmente comica – a sfuggire al personale dell’Hotel, intenzionato a riscuotere il suo conto esorbitante, che chiaramente non può permettersi di pagare. Il direttore del lussuoso albergo gli concede tre giorni per saldare quanto deve. A parte il suicidio, che contempla di tanto in tanto, Doyle è sicuro di poter risolvere la sua situazione soltanto in un modo: ai tavoli di gioco del baccarà. Ma i suoi problemi sono molto più gravi di un conto d’albergo, e il film segue la sua progressiva spirale discendente verso l’abisso, tramite una fotografia colorata e a tratti psichedelica, perfettamente in linea con l’atmosfera sgargiante dei casinò di Macao.

L’uso di colori estremamente vivaci sullo schermo è uno degli aspetti più sorprendenti del film. La parte iniziale è una tavolozza di verde neon, rosso ciliegia, rosa e oro scintillante, che sottolinea tutto il contesto dove si svolge la storia: dagli interni degli hotel di Macao agli abiti appariscenti di Doyle, alle facciate dei casinò, alle sale da poker, fino alle fontane che sembrano danzare. Ogni scena successiva è, invece, un montaggio dai toni a contrasto, con una sequenza molto accattivante in cui la stessa tonalità brillante di rosso, incorniciata dal bagliore verde dei vicoli di Macao, collega il rossetto e il cappotto di seta della donna amata da Doyle, la subdola Dao Ming (Fala Chen),  con il sangue di una vittima del gioco d’azzardo e il taxi che li porta in salvo.

La storia è popolata da personaggi edonisti ben vestiti e da dei malviventi, tutti interpretati da eccellenti attori. Deanie Ip è, allora, una matriarca decadente e facoltosa del tavolo del baccarà mentre Alex Jennings un viscido gaudente inglese dell’alta società. E Fala Chen interpreta una donna sensuale e predatoria, Dao Ming, prestatrice di denaro a disperati giocatori d’azzardo al verde, che inizialmente promette di essere un personaggio complesso fino a quando – indipendentemente dalla recitazione dell’attrice – non scivola in un ruolo fantasioso e banale. In contrasto con queste figure molto pittoresche, Tilda Swinton entra in scena, con un abbigliamento da maestra di scuola e un accento britannico da classe operaia, nei panni di un’investigatrice privata che dà la caccia a Doyle, dimostrando così la sua gamma recitativa praticamente infinita. Infine Colin Farrell – nonostante la reputazione da ragazzaccio che si è guadagnato da giovane – già in passato aveva dimostrato più volte di avere un talento unico e raro, che qui riesce a mettere in piena mostra.

Nel complesso, dunque, Ballad of a Small Player è un film vivace e coinvolgente, ma la domanda che ci tormenta resta: che senso ha il tutto? Sebbene sia una favola morale, la messa in scena appariscente e surreale sembra distrarre dal messaggio che ci vorrebbe trasmettere. C’è farsa e umorismo, certo, ma non si tratta proprio di una commedia vera e propria. A volte sembra destinato a essere una sorta di storia d’amore, ma nemmeno questo obiettivo viene poi raggiunto. Quel che resta, è il ritratto di un personaggio tragico, più elegante che profondo, avvincente ma poco simpatico, e sebbene l’opera sia realizzata con stile e accuratezza, semplicemente non vola veramente, non va mai oltre la somma aritmetica delle sue parti.

Il film uscirà su Netflix.


Ballad of a Small Player – Regia: Edward Berger; sceneggiatura: Rowan Joffe, dal romanzo di Lawrence Osborne; fotografia: James Friend; montaggio: Nick Emerson; musica: Volker Bertelmann; interpreti: Colin Farrell, Fala Chen, Tilda Swinton, Alex Jennings, Deanie Ip; produzione: Good Chaos, Nine Hours, Stigma Films; origine: GB, 2025; durata: 101 minuti; distribuzione: Netflix.

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