Springsteen – Liberami dal nulla di Scott Cooper

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Quando il soggetto di un film è un’icona del rock-n-roll che, probabilmente più di chiunque altro, simboleggia l’anima e la coscienza dell’America, specialmente in questo periodo di aspre divisioni, è un po’ ingiusto pretendere che un regista riesca a soddisfare le enormi aspettative del pubblico. Scott Cooper (Antlers – Spirito insaziabile, The Pale Blue Eye – I delitti di West Point) merita un riconoscimento per aver semplicemente affrontato l’enorme sfida di tentare un film biografico su Bruce Springsteen (incarnato dall’attore Jeremy Allen White) e, in più, per aver realizzato comunque un buon film. Un’altra questione è, invece, se il film sia all’altezza del suo soggetto e, se sia all’altezza del momento politico in cui ci troviamo. Riguardo, però, a questo ultimo problema, verrebbe invece da dire, che Scott Cooper non sembra non essere stato all’altezza. Nonostante quasi due ore di lavoro di studio sul personaggio, Springsteen, come soggetto, sfugge ancora a chi ha realizzato qiuesto film. Forse perché prudentemente l’opera non si avventura nello spazio politico al di fuori delle riflessioni fatte dallo stesso cantante. Perciò, l’attenzione alle sue lotte personali e la sua rappresentazione come figura sempre solitaria, non riescono a cogliere il legame creato con legioni di ammiratori in America e in tutto il mondo, lasciandoci, alla fine, con la voglia di saperne molto di più. Ciononostante, il regista ha realizzato una storia avvincente e ha conferito al film un livello di integrità di cui “The Boss” potrebbe, forse, essere orgoglioso.

In Springsteen – Liberami dal nulla, presentato in anteprima mondiale allo scorso Telluride Film Festival (29 agosto – 1 settembre 2025), Cooper si concentra saggiamente su un solo anno della vita del musicista di  Long Branch, un periodo però cruciale nella sua carriera e nel suo percorso personale, come esplorato nel libro omonimo (trad. it.: Liberami dal nulla. Bruce Springsteen e Nebraska, Jimenez Editore, 2024) di Warren Zanes anche co-sceneggiatore del film. Nel 1981, dopo aver completato il tour “The River” e aver raggiunto grande celebrità nel mondo della musica rock, il cantante tornò nel New Jersey meridionale per lavorare al suo album successivo, che divenne di fatto una forma di terapia per affrontare un periodo di grande depressione. Springsteen ha pubblicamente descritto se stesso come una persona che all’epoca aveva raggiunto e superato “un profondo limite personale” e, attraverso la scrittura delle sue canzoni, ha affrontato sia le conseguenze di un’infanzia travagliata, sia le questioni sulla propria identità e sul suo estremo dolore emotivo. Grazie a una serata passata a fare zapping in televisione, l’ispirazione per le sue canzoni è venuta da Badlands di Terrence Malick uscito nel 1973, che racconta la storia di un serial killer in fuga nel Nebraska. Nel giro di poche settimane, utilizzando un registratore a quattro piste nella sua camera da letto, ha creato il suo album più personale e significativo e cioè Nebraska.

Cooper ricrea con un’atmosfera malinconica il processo introspettivo di Springsteen, ritiratosi in una casa solitaria nei boschi su un lago, dove il cantante si era rifugiato per lavorare durante l’inverno del 1981-82. Nonostante la trama ruoti attorno a un uomo che scrive in una stanza, la narrazione rimane avvincente grazie sia alle esibizioni rock in un locale della zona e in uno studio a New York, sia alle conversazioni incentrate sulla musica con il suo manager Jon Landau (Jeremy Strong) e alla nascente storia d’amore con la sorella di un amico di liceo (Odessa Young). Con alcuni flashback in bianco e nero, il film esplora e ci mostra la difficile infanzia del protagonista vessato dalla povertà economica della famiglia e da un padre violento (Stephen Graham). In particolare il suo rapporto con quest’ultimo è reso in modo molto efficace e ci aiuta nel catturare l’evoluzione emotiva presente nei temi delle canzoni di Springsteen: in primo piano la famiglia, i padri, la classe sociale, gli abusi, l’amore, il desiderio e il perdono.

Jeremy Allen White ci da una performance tutto sommato convincente nei panni di The Boss, anche se rischia di essere etichettato come un interprete di artisti cupi, introversi, provenienti della classe operaia e tormentati. Nonostante mesi di studio sul personaggio, l’attore newyorkese sembrerebbe essere ancora sul set di The Bear e aver scambiato i suoi coltelli da chef con la chitarra di una rockstar: Carmy e The Boss appaiono fatti della stessa pasta. Tuttavia, White dimostra, però, anche la sua versatilità interpretando alla perfezione il carisma madido di sudore di Springsteen sul palco e la voce graffiante in Born to Run o altri classici: di gran lunga le scene più riuscite del film. Scott Cooper ha raccontato agli spettatori del Festival di Telluride che, dopo aver ascoltato la colonna sonora, il vero Springsteen avrebbe affermato che in alcuni momenti non sapeva se fosse stato White o lui stesso a cantare…

Concludiamo con una notazione che ci sembra importante. Ad un certo punto del film, Landau, in qualità di manager, ci spiega come l’album Nebraska sia stato un modo per Springsteen non solo di rimettersi in sesto ma, come rassicura ad un dirigente ansioso, anche di “rimettere in sesto l’America”. Non è un caso che questa frase si appropriata tanto all’America degli anni ’80 quanto a quella di oggi, del 2025. Tuttavia, il messaggio non riesce a rassicurarci né ad ispirare un vero stimolo al  cambiamento. Il The Boss descritto in questo film sembra troppo introverso e radicato in un’altra epoca per riuscire a raddrizzare la rotta dell’America attuale. Forse per realizzare un vero cambio di marcia, non abbiamo bisogno di uno solo, ma di un’intera nuova generazione di persone come Bruce Springsteen.
Sebbene questo film possa non essere soddisfacente come vorremmo o, per alcuni di noi, come avrebbe dovuto essere, è chiaramente un lavoro fatto con amore  dato che va ad esplorare temi particolarmente importanti e cruciali, come ad esempio: l’integrità di un artista e il suo processo creativo, oppure il superamento dei traumi personali e il miglioramento che ne deriva, fosse anche solo il tentativo sincero di dare qualcosa di valore a questo mondo oppure la semplice ricerca di essere e diventare una persona migliore. Per quanto imperfetto, Springsteen – Liberami dal nulla riesce a trasmetterci quel tipo di autenticità in una figura di cui avremmo ardentemente bisogno in questo difficile, drammatico momento storico.

In sala dal 23 ottobre 2025.


Springsteen – Liberami dal nulla (Springsteen: Deliver Me from Nowhere)Regia: Scott Cooper; sceneggiatura: Scott Cooper, Warren Zanes; fotografia: Masanobu Takayanagi; montaggio: Pamela Martin; musica: Jeremiah Fraites; interpreti: Jeremy Allen White, Jeremy Strong, Odessa Young, Stephen Graham, Gaby Hoffmann; produzione: Gotham Group, Night Exterior, Bluegrass 7; origine: Stati Uniti, 2025; durata: 112 minuti; distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures.

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