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Voto
Molto Super, molto umani
I ragazzacci sono tornati…più divisi, in pericolo e in difficoltà che mai. Cosa troviamo, dunque, nella terza stagione di The Boys, serie ideata da Eric Krikpe e ispirata dalle pagine al vetriolo di Garth Ennis e Darick Robertson? Da una parte i buoni o, per la precisione, Butcher, Hughie e compagni alle prese con il regime del terrore di Patriota, ormai capo-padrone della Vought, corrosi dal desiderio di farla semplicemente finita: finita con i Super, con i patemi d’animo, con una vita sempre più lontana dagli affetti e apparentemente immolata sull’altare dell’ossessione per una caccia che puzza di suicidio; dall’altra, i “buoni” o, per la precisione, i più cattivi e bastardi supereroi di sempre, ormai senza quasi più un’identità, sicuramente privi di iniziativa, soggiogati dalla violenza reverenziale del loro leader… anch’egli presto destinato a essere preso a calci nelle palle da una verità che nemmeno immagina.
Una delle caratteristiche più funzionali al racconto per una serie come The Boys è sicuramente il ritmo: un ritmo dosato, ma tragicomicamente persistente, inacidito da uno humor corrosivo, strabordante; e anche in questa nuova risma di episodi, si ha solo l’illusione di riuscire a tornare a respirare, perché il vortice di pessimismo e l’accumulo di difficoltà che attanaglia alla gola i protagonisti contribuisce con efficacia all’isolamento programmato degli stessi, spingendoli a confrontarsi con un cambio radicale di identità mai raggiunto prima d’ora nelle precedenti stagioni. I rapporti famigliari – quelli del passato brutale di Butcher, il senso d’amore di Patriota per suo figlio e il dolceamaro rapporto d’affetto tra Latte Materno e sua figlia -, la ricerca di un posto per il cuore – dagli attriti tra Hughie e Annie, al sentimentalismo dolce e quasi adolescenziale di Frenchie e Yumiko, fino al triste terremoto introspettivo di Black Noir, dal cui frastornante passato emerge tutta la sua voglia di non essere più solo – e l’assillante imbarazzo e indecisione nel capire e agire tra cosa è giusto e cosa è necessario, stravolgono una volta di più il gruppo di coriacei bastardi, umanizzandoli e, di conseguenza, rendendoli più facilmente preda di una maggiore sensibilizzazione agli occhi dello spettatore. Non a caso, questa terza stagione di The Boys è la più riflessiva e narrativamente compassata tra tutte, in cui spasso machista ed eruzioni visive lasciano più spazio a dramma interiore e verosimiglianza nella costruzione-distruzione dei rapporti.
Certo The Boys ha e mantiene anche stavolta il grande pregio di non prendersi sul serio, facendo proprio il contrario: ecco come alcune scene al limite dello scult – il disturbante rapporto sessuale “in miniatura” a inizio primo episodio e l’incontenibile episodio sei – appaiono sapientemente caricate all’eccesso, come a ricordare a noi spettatori che non c’è nulla di stonato nella quotidianità di individui sopra le righe, se questi eccessi servono a proteggerli dalle mostruosità che si nascondono dentro di loro. Non c’è superpotere che tenga di fronte alla mancanza, a un passato da incubo o alla consapevolezza di non avere (forse) più tempo per riparare ai danni commessi e alla possibilità di poter vivere una vita normale.

Su Amazon Prime Video.
The Boys – genere: cinecomics, drammatico; showrunner: Eric Kripke; stagioni: 3 (rinnovata); episodi: 8; interpreti principali: Karl Urban, Jack Quaid, Antony Starr, Erin Moriarty, Dominique McElligott, Jessie Usher, Laz Alonso, Chace Crawford, Tomer Kapon, Karen Fukuhara, Nathan Mitchell, Colby Minifie, Claudia Doumit, Jensen Ackles; produzione: Sony Pictures Television, Amazon Studios, Point Grey Pictures, Original Film; origine: U.S.A., 2022; durata: 60′ minuti; episodio cult: 3×06.
