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Voto
Non è certo una novità, per chi ha un minimo di conoscenza del cinema, scoprire che David Cronenberg ha, già sin dalla fine degli anni Sessanta, esplorato e sviscerato il rapporto tra corpo e tecnologia, la percezione della morte e la riflessione sulla memoria e sul lutto, sino a diventare il pioniere e/o il maggior rappresentante di quel (sotto)genere chiamato “body horror” dove ci ha lasciato opere indimenticabili. Indagando quel fertile terreno costituito dal terrore dell’uomo di fronte alla mutazione della materia umana, all’infezione e contaminazione della carne, questo “grande vecchio” (classe 1943) ha di continuo intrecciato l’aspetto psicologico e metafisico delle sue storie a quello più immediatamente fisico e visivo in una filmografia, tra horror e Science Fiction, invidiabile per qualunque cineasta. Ora è giunto – sempre se abbiamo contato bene – al suo lungometraggio numero 23 che era passato in Concorso al Festival di Cannes dell’anno scorso ed è ora in uscita in Italia (primo paese al mondo dopo la presentazione sulla Croisette del 2024 – chissà come mai esce con tanto ritardo ovunque?). Ed è quasi una banalità aggiungere che, al solito, a cavallo tra griffe autoriale e cinema di genere, anche questo The Shrouds – Segreti Sepolti si configura come un’opera visionaria e disturbante, divisiva per il pubblico e la critica, grazie al suo approccio spiazzante e, in questo specifico caso, più rapsodico ed interrogante del consueto.
Cinquantenne, il protagonista Karsh (Vincent Cassel che sembra una copia carbone in giovane dello stesso Cronenberg) è un ricco imprenditore che, alla terribile morte della moglie Becca (Diane Kruger), ha pensato e sviluppato una tecnologia innovativa e controversa. Si tratta della cosiddetta GraveTech, consistente in dei tecno-sudari (da ciò appunto il titolo The Shrouds) con cui i vivi possono monitorare il decadimento dei corpi dei loro cari attraverso videocamere e dispositivi elettronici in dei cimiteri appositamente costruiti all’uopo. Malgrado il tutto possa sembrare bizzarro, se non proprio macabro, l’idea ha successo e gli affari prosperano. Tuttavia, nonostante ciò, il nostro protagonista resta un’anima in pena e non riesce a superare il suo lutto fino in fondo; inoltre, sempre ossessionato dalla continua visione del disfacimento fisico della moglie defunta nel suo sudario, si trova a scoprire un aspetto particolarmente inquietante: le ossa di Becca sembrano produrre delle strane escrescenze e mutare nel loro giaciglio tecnologico – cosa assolutamente imprevista e imprevedibile. Segue, poi, annunziato dal messaggio di un altrettanto misterioso hacker informatico, un attacco vandalico al cimitero GraveTech con la profanazione di un certo numero di tombe che interrompe il collegamento con i corpi sotterrati e che sembrerebbe legato ad un gruppo di eco-terroristi islandesi e/o a un medico, il Dott. Jerry Eckler, con cui Becca ha avuto a che fare in varia maniera (cosa che si scoprirà nel corso del film). Si aggiungono, poi, a movimentare i fatti: il cognato di Karsh, il nevrotico, problematico, forse infido, programmatore Maury (Guy Pearce), la sua ex moglie oltre che sorella di Becca, Terry (sempre Diane Kruger in un doppio ruolo) e last but not least una ricca coreana cieca, Soo-min (Sandrine Holt), che si propone di costruire in Ungheria a Budapest (da cui è originario Karsh) un cimitero modello GraveTech dove seppellirlo alla sua morte…

Aggiungiamo poi per completare il ricco parterre di elementi che compongono The Shrouds, un avatar forse doppiogiochista, un possibile intrigo politico dei servizi segreti russi e/o cinesi, interessati alle potenzialità strategiche della tecnologia dei sudari per spiare il mondo e infine un tocco di erotismo dato dalle due donne che si contendono il vedovo Karsh e lo vogliono consolare della mancanza, ormai prolungata, della adorata compagna. E con ciò, stop al mix deterrente del film.
Il regista canadese che personalmente ha vissuto qualche tempo fa l’esperienza dolorosa del lutto della moglie, vuole elaborare, a suo modo, il tema della morte nell’era digitale – da laico ateo come ha dichiarato – e come aveva iniziare a fare su se stesso nel cortometraggio The Death of David Cronenberg, girato nel 2021 durante la Pandemia. A ragione, ha notato l’autorevole “The Guardian”, che si tratta di “un Cronenberg più riflessivo che disturbante, che preferisce suggerire piuttosto che mostrare”. Giusto, ma… Tra visioni oniriche e realtà, tra intrighi certi ma non spiegati, questo suo ultimo film è un tecno-thriller a tratti di impianto filosofico dove si riflette su quanto la tecnologia possa alterare il nostro rapporto con la morte e la perdita dei propri cari. La strategia con cui si articola tale idea di partenza è quella di un gioco continuo di spiazzamenti, nel suggerire delle piste allo spettatore, confondendolo sempre nel momento in cui sembra che sia sulla traccia giusta. Infatti, chi mai avrà profanato le tombe e perché, ecc. ecc. Che cosa significa il finale?
The Shrouds avanza a fari spenti nelle nebbie dei misteri e si diverte ad infittirli nel tipico stile gelido e raggelante del suo autore. Forse, però, con un abuso della tecnica di indirizzare lo spettatore su una nuova possibile via che si addentrerebbe nel deserto della ragione. Una strategia erratica che personalmente ci ha lasciato un po’ insoddisfatti e perplessi, più di quanto, invece, accadeva quando Cronenberg procedeva più linearmente per portarci al punto del problema, come magistralmente – un titolo per tutti – in A History of Violence (2005). Non è, dunque, The Shrouds un film ben “cucito” che si lascia amare facilmente di un amor fou immediato, se non a patto di farsi trascinare, affondare, in modo incondizionato, nel suo universo morboso, nella sua nomade narrazione randagia o negli incubi del disfacimento della carne. Magari, a posteriori, alla distanza, ci potrà lasciare, però, qualcosa di più profondo.
In anteprima italiana al Busto Arsizio Film Festival
In sala dal 3 aprile 2025.
The Shrouds – Segreti Sepolti (The Shrouds) – Regia e sceneggiatura: David Cronenberg; fotografia: Douglas Koch; montaggio: Christopher Donaldson; musica: Howard Shore; scenografia: Carol Spier; interpreti: Vincent Cassel, Diane Kruger, Guy Pearce, Sandrine Holt, Al Sapienza, Elizabeth Saunders, Jennifer Dale, Ingvar Eggert Sigurdsson, Matt Willis, Jeff Yung, Steve Switzman, Eric Weinthal; produzione: Saïd Ben Saïd, Martin Katz, Anthony Vaccarello per SBS Productions, Prospero Pictures, Saint Laurent Productions; origine: Francia/Canada, 2025; durata: 119 minuti; Distribuzione: Europictures.
