Quantunque abbia partecipato a un numero sterminato di serie-tv e di film, pure recitando nei primi due “ritorno al futuro”, Billy Zane sarebbe probabilmente passato alla storia del cinema soltanto per aver interpretato il cattivo di Titanic, col suo perfetto viso da villain e quei due “occhi di ghiaccio così difficili da evitare” (a proposito di Titanic…)… Questo fino al 42° Torino Film Festival, allorquando in anteprima mondiale è stato proiettato Waltzing with Brando, vedendo il quale abbiamo tutti potuto capire – dopo essere letteralmente sobbalzati sulla seggiola – che Zane non ha semplicemente interpretato il – probabilmente – più straordinario attore americano di tutti i tempi, no: Billy Zane gli ha rubato l’anima, riportandolo a nuova vita cinematografica a oltre vent’anni dalla sua dipartita.
Diretto da Bill Fishman, che produce il film con lo stesso Zane, Waltzing with Brando narra la vera storia del rapporto fra Marlon Brando e l’architetto Bernie Judge (anche autore del libro da cui è ricavato il soggetto del film), strappato al serio e stabile comfort losangelino, e al quieto ménage familiare, per poi convincerlo che insieme avrebbero potuto costruire il primo rifugio ecologicamente perfetto al mondo su una piccola e inabitabile isola della Polinesia Francese. Brando credeva che questo grande esperimento ecologico avrebbe stimolato il mondo intero ad acconciarsi a un futuro migliore, più pulito e più sostenibile.
Billy Zane alias Marlon
Grazie a questo espediente letterario, Fishman ha l’opportunità e il privilegio di mettere in scena la star hollywoodiana in un periodo oltremodo fecondo della propria carriera, quando seppur sempre più alieno dal glamour della “fabbrica dei sogni” sarà capace di mettere in fila tre filmetti come Il padrino, Ultimo tango a Parigi e Apocalypse Now (e un cult-movie come Superman). Tutti capolavori di cui il camaleontico Zane ri-recita qui con spaventoso mimetismo alcune scene madri, in quelle che sono le sequenze più riuscite del film, anche solo perché riaccendono il tipico afflato feticistico che nutre la passione di ogni cinefilo che si rispetti.
Poi c’è il resto: la descrizione della prismatica personalità di Brando, un uomo complesso, insieme capriccioso, vulnerabile, sognatore e visionario; sempre prigioniero del magnifico ossimoro che è stato parte della sua cifra di Divo, per lo meno nella fase terminale della sua carriera (e della sua vita): la necessità insopprimibile, quasi vitale, di sacrificare al suo profondo e magmatico istrionismo e la riluttanza sempre più reticente a fare parte del circo mediatico hollywoodiano coi suoi riti frivoli, ingessati e farlocchi. La prova più nota è data (e replicata nel film) dal rifiuto clamoroso di partecipare alla cerimonia di premiazione degli Academy Awards che nel 1973 gli avevano tributato il suo secondo Premio Oscar, vinto per Il Padrino; rifiutandosi di ritirare il premio in segno di protesta contro le ingiustizie e i maltrattamenti degli Stati Uniti, e di Hollywood, nei confronti dei Nativi d’America. Come si sa Brando chiese di ritirarlo in sua vece alla nativa americana Sacheen Littlefeather (risarcita l’anno scorso dall’Academy, pochi mesi prima della sua scomparsa), che lesse il suo speech polemico, scatenando le reazioni razziste della parte peggiore di Hollywood.
Narrando questa significativa parte della biografia del divo – eleggendo peraltro le proprie location proprio negli incontaminati paradisi polinesiani di Tahiti, Moorea e Tetiaroa dove quelle vicende si sono davvero svolte – Waltzing with Brando tenta di intruppare un po’ forzosamente l’attore biografato nelle fila ecologiste degli odierni attivisti anti climate change; però, a dire il vero, ciò che colpisce maggiormente della visione del film è – torniamo a ripeterlo, con lo stesso sbalordimento ossessivo provato durante la proiezione torinese – la resurrezione miracolosa che regista e attore riescono a compiere di Brando sul grande schermo. Qualcosa che è a metà strada tra il sincero omaggio, la seduta spiritica, e la cinefilia più estrema, quella che finisce per sfiorare la necrofilia.
Non fosse che per questo motivo, il parere di chi scrive è che il film sia rigorosamente da non perdere ( e speriamo che lo compri qualcuno per l’Italia). Almeno per quanti siano stati, anche solo per un moment,o colpiti da quella stramba, magnifica, ossessione chiamata cinefilia.
Waltzing with Brando– Regia: Bill Fishman; soggetto: basato sul libro Waltzing with Brando: Planning a Paradise in Tahiti di Bernard Judge; sceneggiatura: Bill Fishman; fotografia: Garrett O’Brien; montaggio: Michael Yanovich; musiche: Matei Bratescot; interpreti: Billy Zane, Jon Heder, Richard Dreyfuss, Camilla Razat, Alaina Huffman, Tia Carrere; produzione: Bill Fishman, Billy Zane, Dean Bloxom; origine: Usa, 2024; durata: 104 minuti.