Torino F.F. (Torino 22 – 30 novembre 2024): Un Natale a casa Croce di Pupi Avati

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Per affrontare l’analisi dell’ultimo film di Pupi Avati, il documentario Un Natale a casa Croce, ci piace partire dalle parole del direttore del Torino Film Festival, Giulio Base, che commenta così il Premio speciale Fondazione CRT 42TFF che gli viene conferito subito prima dell’anteprima mondiale del film. “Pupi Avati non è solo un immenso regista dalla grande prolificità creativa – ha dichiarato il neodirettore della kermesse torinese – ma un grande artista a tutto tondo che ha esplorato praticamente quasi ogni tipo di arte: la musica, la letteratura, la televisione, il cinema e che inesausto continua a presentare opere sempre interessanti e sempre spiazzanti in una ricerca continua del bello e del giusto nonché del senso etico, estetico e culturale delle cose della vita”.
Ci piace farlo perché, quantunque il regista bolognese si contraddistingua per un continuo lavoro multimediale e pluridisciplinare (un paio di mesi fa commentammo su queste colonne l’adattamento cinematografico del suo ultimo romanzo L’orto americano, che sarà distribuito in sala nel marzo del 2025; qui torna a cimentarsi col mezzo televisivo che gli diede lustro quasi mezzo secolo fa col delizioso Jazz band, in cui egli travasò i ricordi della propria esperienza da clarinettista nella Doctor Dixie Jazz Band), secondo qualche critico supercilioso ciò parrebbe non bastare mai per accordargli una promozione a pieno titolo nel cinema con la C maiuscola.
Ben venga dunque il Premio CRT (acronimo che sta per “cultura futuro insieme” dietro il quale si cela un ente non profit nato per la valorizzare i beni artistici e culturali, la ricerca scientifica e la formazione dei giovani, l’imprenditoria sociale e l’assistenza, la salvaguardia dell’ambiente e delle persone), che la presidente Anna Maria Poggi motiva così: “Con la sua capacità unica di raccontare storie che esplorano l’animo umano, Pupi Avati è un esempio per tanti giovani artisti e creativi, una testimonianza che invita a credere nel potere dell’immaginazione e del sogno, come lui stesso ama ricordare. Questo premio non solo rappresenta un riconoscimento al suo straordinario talento e alla sua lunga carriera, ma celebra anche il suo impegno a trasmettere la bellezza e la profondità del cinema alle nuove generazioni, in piena sintonia con la mission della Fondazione CRT”.
Un impegno – dice Poggi, e più sopra Basedidattico o persino didascalico, nel senso buono del termine, che riferendoci al film chi cui ci stiamo occupando, non può non ricordare – absit iniuria verbis – la fase terminale dell’attività di Roberto Rossellini quando prese a dedicarsi al suo progetto didattico-umanistico col quale il regista di Roma città aperta intese valorizzare le capacità narrative del mezzo televisivo (fase creativa in cui egli illustrò le biografie di personaggi illustri come Socrate, Luigi XIV, Cartesio, Blaise Pascal, Agostino da Ippona, etc.).
Gioca sullo stesso campo qui Avati, illustrando la vita di Benedetto Croce, storico, filosofo, letterato, collezionista di libri oltre che senatore italiano. Un uomo, il maestro dell’Idealismo italiano nonché padre nobile del pensiero liberale, cui il regista parrebbe riconoscere col suo omaggio una sorta di affinità elettiva a un passo dalla filiazione ereditaria.
Affidandosi alla testimonianza competente della critica letteraria e saggista, Benedetta Craveri, nipote del grande Don Benedetto, che funge qui da fil rouge narrativo della vicenda biografica e artistica del nonno, Avati ricostruisce sul set la medesima vicenda grazie all’uso di attori che ne drammatizzano la storia. Il racconto che ne scaturisce è, al contempo, istruttivo (educational, si direbbe ricalcando la struttura della Rai che oggi si chiama Rai Scuola) ed empatico.
Si parte infatti dalla tragica vicenda che privò il protagonista appena sedicenne dell’intera famiglia: il famigerato e poi proverbiale terremoto di Casamicciola che forgiò per sempre il suo carattere.
Grazie ai ricordi della nipote e di altri autorevoli testimoni, e alle ricostruzioni drammatiche di cui si è detto, si passano in rassegna tutti i capitoli della lunga attività culturale, artistica e politica del pensatore napoletano, assegnando un ampio spazio – giustamente – al suo rapporto speciale con Giovanni Gentile, prima discepolo, poi sodale e infine avversario politico allorquando quest’ultimo subì il fascino fatale per l’ideologia fascista, che contribuì peraltro ad alimentare.
L’affresco avatiano si fa così dunque inevitabilmente storico, con dovizioso e puntuale ricorso al repertorio dei cinegiornali di Istituto Luce che come Cinecittà Luce co-produce la pellicola. Un documentario sanamente didascalico, insomma, che aggiunge un altro tassello al percorso ultra cinquantennale di “ricerca continua del bello e del giusto nonché del senso etico, estetico e culturale delle cose della vita” di cui parla Giulio Base nella citazione iniziale con cui abbiamo aperto queste righe.


Un Natale a casa Croce Regia: Pupi Avati; sceneggiatura: Pupi Avati, Luigi Boneschi; fotografia: Cesare Bastelli; montaggio: Ivan Zuccon; scenografia: Alessandro Marangolo; costumi: Angela Capuano; musiche: Rocco De Rosa; interpreti: Paolo Spezzaferri, Teresa Cerciello, Chiara Barassi, Roberta Geramicca, Fenicia Rocco e Sabrina Bevilacqua, con la partecipazione di Benedetta Craveri; produzione: Minerva Pictures in collaborazione con Cinecittà Luce e Rai Documentari; origine: Italia, 2024; durata: 74 minuti; distribuzione: Filmclub Distribuzione

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