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Voto
Passato alla scorsa “Semaine de la Critiques ” di Cannes, un film su un’attrice diretto, come esordio nella regia, da un’attrice – Sandrine Kimberlain – molto nota in Francia, un po’ meno da noi (Quando hai 17 anni, Un autre monde), dal viso aguzzo, occhi svegli, bei capelli lunghi biondi. La neoregista, attraverso un breve video registrato per l’occasione da sola col cellulare, ha ringraziato il pubblico del Festival di Torino, scusandosi di non poter essere presente perché impegnata sul set come attrice, e dicendo una cosa importante per la comprensione del film: che ha voluto raccontare la guerra senza mostrarla. Unendo una scelta di regia a, certamente, uno discreto sgravio economico produttivo, un grande merito dell’intera operazione è questo: ciò che viene lasciato fuori e immaginato produce una suspense insostenibile per lo spettatore, lo rende complice – sia della regista che dei nemici nazisti – innesca inevitabilmente e con potenza il processo di immedesimazione, fondamentale nell’apprezzare un’opera, cinematografica, letteraria, teatrale che si voglia.
L’ambientazione è Parigi nel 1942, estate. La protagonista Irène (Rebecca Marder) è una diciannovenne ebrea che vuole fare l’attrice: si sta preparando per l’esame all’accademia. Le prime scene sono i provini smorfiosi degli attori della compagnia, con finale svenimento di Irène: per la tensione la giovane ha l’abitudine di perdere i sensi, cosa che le torna utile in scena interpretando una eroina romantica di Marivaux. Vive col padre André (André Marcon), la nonna Marceline (Françoise Widhoff), il fratello maggiore Igor (Anthony Bayon): sono ebrei ma non praticanti, a parte lo shabbath e la preparazione di qualche ricetta di cucina ebraica (divertente la scena in cui invitano a cena, durante la festività del sabato, la vicina di casa Josiane – Florence Viala – che flirta col padre). Sono allegri, Irène sorride sempre, a tutti, è solare, vivace, coraggiosa, spudorata, senza freni e tutto ciò si rispecchia in un clima familiare leggero e spensierato, in totale opposizione col graduale, ma inarrestabile e progressivo, inasprimento delle condizioni degli ebrei e l’avvento finale e definitivo delle leggi razziali (nelle ultime scene la ragazza indossa una giacca nera con la stella a cinque punte ebraica di colore giallo, assai visibile).
Irène vuole innamorarsi, conoscere il sesso, capire il mondo: per questo corre in giro, balla con le amiche, mette in scena il pezzo da portare al provino con una compagna di corso, Viviane (India Hair), che sostituisce l’amico fidato Jo (Ben Attal, il figlio di Yvan Attal e Charlotte Gainsbourg) sparito e non trovato (anche lui ebreo).
I personaggi sono delineati con sapienza e delicatezza, l’atmosfera è resa da costumi ricercati d’epoca, la sospensione dell’incredulità è garantita dall’alto livello generale della recitazione: grazia e eleganza non mancano. Si ride delle false ingenuità della ragazza dal dottore: fa un esame della vista tutto sbagliato poiché concentrata sulla bellezza dell’assistente medico Jacques (Cyril Metzger); si sospira d’amore quando finalmente dà il primo bacio; si patisce quando l’esame, per quanto perfetto, si sa che non potrà andare a buon fine perché la Storia sta per sparigliare ogni ordine e sovvertire qualsiasi consuetudine, rito, speranza, ambizione.
La luminosa Rebecca Marder, fulcro e cuore pulsante del film (come esplicitato anche nel titolo) è il grande pregio e, allo stesso tempo, il grande difetto di questo lungometraggio: a volte la regista-attrice la lascia sovraesporsi in faccine, smorfiette, urletti, una sorta di estremizzazione di una femminilità, di una sensualità giovanile, di una esuberanza innata che diventa inverosimile, forzata ai limiti della credibilità, spinta fino a diventare antipatica.
Bellissima la scena in cui Igor, affaticato suonatore di flauto traverso, con un coup de thêatre, alle prove dell’orchestra inizia a suonare le note di “Que reste-t-il de nos amours” di Charles Trenet, del 1942 travolgendo i colleghi musici e gli spettatori.
Cast & Credits
Une jeune fille qui va bien – Regia e sceneggiatura: Sandrine Kiberlain; fotografia: Guillaume Schiffman; montaggio: François Gédigier; musica: Patrick Desremaux Marc Marder; scenografia: Katia Wyszkop; interpreti: Rebecca Marder (Irène), André Marcon (André), Anthony Bajon (Igor), Françoise Widhoff (Marceline), India Hair (Viviane), Florence Viala (Josiane), Ben Attal (Jo), Cyril Metzger (Jacques), Jean Chevalier (Gilbert), Lucie Gallo (Sylvie); produzione: Christine De Jekel, Olivier Delbosc per E.D.I Films, France 3 Cinéma, Curiosa Films; origine: Francia, 2021; durata: 98′.
