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Voto
Siamo dunque giunti a essere spettatori delle nuove (dis)avventure del personaggio di Tyler Rake (sempre interpretato da Chris Hemsworth) grazie al sequel del noto thriller d’azione, omonimo per il pubblico italiano con l’aggiunta del numero “2” (il titolo originale, forse più interessante, è Extraction 2) ora in onda su Netflix e sempre per la regia del regista/stuntman statunitense Sam Hargrave.
Tratto (ormai alla lontana) dal graphic novel Ciudad, di Ande Parks ripensato per il grande/piccolo schermo da Joe Russo, Tyler Rake 2 prende le mosse dal momento quando la prima parte era andata sostanzialmente in dissolvenza. Infatti, ritroviamo il mercenario-protagonista, redivivo o quasi dalle “fatiche” del primo “round” (ci sia concesso il termine boxistico, che in fondo qui veste bene), nel letto di una clinica mentre sembra risvegliarsi e riprendere conoscenza. Se in un primo momento pensa di “andare in pensione”, il tempo del riposo del guerriero (eroe?) dura un istante, si scioglie come neve al sole insomma, ed ecco qui che di colpo la solidale collega, Nik – interpretata da Golshifteh Farahani, la mai dimenticata Nour in Bab’Aziz (2005) di Nacer Khemir, o, più di recente, Laura in Paterson di Jim Jarmusch -, balza subito al suo fianco. Per dirigersi alla volta di un’impresa che questa volta sembra non impossibile, ma di più: salvare una madre, Ketevan (Tina Dalakishvili) e i suoi due figli, Sandro (Andro Japaridze) e Nina (Mariami Kovziashvili) dalle grinfie del marito/padre, Davit (Tornike Bziava) ovvero un brutale gangster georgiano, tutti insieme rinchiusi nella medesima prigione da espugnare.
Da questa premessa prende corpo l’intera vicenda, ed è a questo punto che entrano, nel vivo del gioco, i duri. Sì, perché in fondo davvero di gioco si tratta. Infatti, anche se restano pur sempre sequenze cinematografiche (ormai oggi tassativamente solo digitali) che sin dai tempi del pioniere David Wark Griffith stimolano le nostre visioni in modo artificiale, in questo film lo spettatore è proiettato verso un tipo d’esperienza dove si alternano di continuo scelte narrative “vecchio stampo” accanto a quelle pseudo-interattive (o semi-attive). Durante i momenti d’azione dove l’agone più si fa sentire, lo spettatore viene catapultato, come per magia, a seguire quasi fianco a fianco coi protagonisti le loro sorti. Le scene della fuga dal carcere, rappresentate dal primo (di una lunga serie) di inseguimenti a dir poco spettacolari (in cui vengono usati auto, moto, blindati e cingolati di tutti i tipi) e che si presentano allo stesso tempo sia un “già visto” sia un ancora “al di là da venire”, corrispondono forse a pieno all’intenzione degli autori di rendere partecipe emotivamente il pubblico, quasi al punto di trasmettergli la sensazione di decidere se, ad esempio, girare a sinistra o a destra il volante del SUV inquadrato in soggettiva.

Sembra davvero assistere a una sorta di “gioco di strategia” dove per “perdere la vita” ce ne vuole, e in cui non si contano i possibili stratagemmi adottati per uscirne ancora vivi. In ciò probabilmente riscontriamo in modo più evidente quelle radici del film che sono legate al “romanzo a fumetti” da cui gli avvenimenti sono ricavati, e che si possono rintracciare anche nelle fasi più cruenti degli (innumerevoli) scontri fisici corpo a corpo, divisi tra l’impiego di armi ultrasensibili e una buona dose d’“uso delle mani”. E così davvero il set sembra continuamente assumere gli aspetti di un vero e proprio ring, dove tutte le immagini di un certo tipo d’idea di cinema (in cui ritroviamo protagonisti, ad esempio, gli 007, i supereroi e i cyborg-robot) si sono date appuntamento.
Eppure, non è soltanto un “mettere a ferro e fuoco”, un vendicarsi quasi alla Caino e Abele, una lotta all’ultimo sangue. Non manca infatti la sfida aperta (questa per nulla nuova) tra chi rappresenta il bene e chi il male, tra chi detiene lo scettro della moralità assoluta e chi quello della malvagità eterna, tra chi è ancora solo a Ovest e chi resta a Est. È costante, nell’altalena delle vicissitudini raccontate, l’oscillazione (perché non anche leggerla come contraddizione) della netta e mai risolvibile distinzione rappresentata da un mondo che guarda al futuro (dove al primo posto si trova sempre la messe in esposizione della piena responsabilità e del compito del singolo nei confronti della collettività tutta) e da un altro che invece rivolge la sua vista al passato (dove si professa intimamente la fede verso il sistema chiuso della famiglia che viene a fondare quei legami indissolubili di sangue esclusivi a concedere la possibilità di sacrificare anche la propria vita).

Se, rispetto a questa insanabile distanza polare, la maggior parte dei protagonisti di Tyler Rake 2 prende posizione scegliendo in modo chiaro da che parte stare, Sandro (il figlio adolescente di Ketevan) si trova lì nel mezzo, vivendo una tempesta emotiva interiore che non lo rende capace di scegliere. È forse il personaggio più credibile e vero di tutto il film. Non sa se rimanere con la madre e la sorella (il che significa anche insieme a chi gli ha ammazzato il padre) o preferire “la famiglia” e quindi aiutare lo zio, Zurab (Tornike Gogrichiani), nel vendicare la morte del padre. Le sue insicurezze (raffigurate dalla mano che gli trema), i suoi tentativi di fare il doppio gioco, il suo non convinto eroismo che lo assale: l’insieme di questi aspetti fanno di Sandro la figura verso cui lo spettatore si sente in verità più “a casa”, forse perché in maniera esplicita non ha paura di vivere fino in fondo e a pieno l’intera crisi dei due mondi che lo circondano.
Da notare le scene conclusive di quello che è il final countdown (almeno di questo sequel): lo scenario dello scontro tra Tyler e Zurab sono gli ambienti di una chiesa antica in ristrutturazione. Bellissime le immagini dei particolari architettonici medioevali (che sembrano simboleggiare il passato/male) e dei dipinti sacri (invece il bene/futuro): ancora una volta si rinnova, trasfigurata a suon di segni/simboli, la sfida perpetua. Alla prossima avventura!
Su Netflix dal 16 giugno
Tyler Rake 2 (Extraction 2) – Regia: Sam Hargrave; sceneggiatura: Joe Russo; fotografia: Greg Baldi; montaggio: William Hoy, Alex Rodríguez; musica: Alex Belcher, Henry Jackman; interpreti: Chris Hemsworth, Golshifteh Farahani, Adam Bessa, Tornike Gogrichiani, Tornike Bziava, Dato Bakhtadze, Olga Kurylenko, Tinatin Dalakishvili, Andro Japaridze, Mariami Kovziashvili, Daniel Bernhardt, Levan Saginashvili, Idris Elba; produzione: AGBO, India Take One Productions, T.G.I.M Films, Thematic Entertainment; origine: Stati Uniti d’America, 2023; durata: 122 minuti; distribuzione: Netflix.
